Il Fatto Quotidiano

Molestie, non arte

Questioni Comiche Trucchi che non reggono

- Luttazzi

La masturbazi­one per me è importante. Mi mantiene sano. Sono un buon cittadino, un buon padre, riciclo e mi masturbo. E ne sono orgoglioso. E dopo, mi masturberò pensando a te. E non c’è niente che tu possa fare al riguardo. (Si toglie il microfono e se ne va incazzato) - Louis C.K. a Ellen Farber, presidente del gruppo “Cr istiani contro la masturbazi­one”, in un programma tv, 2011

LA COSA PIÙ IMPORTANTE

da rammentare, quando si giudica la prassi divertente, è che la risata scatta a causa della tecnica della gag, non del suo contenuto. (Chi non sa questo, non sa molto. Ci torneremo su). Di qui l’i m ba ra z z o quando vi trovate a ridere di gag contrarie ai vostri valori: il meccanismo comico ha reso connivente la vostra simpatia. A questa dinamica persuasiva, però, si deve anche il ruolo educativo della satira. Louis C.K. ne approfittò. Spiegava: “Mi piace portare le persone in una zona delle loro menti, o della loro cultura, di cui hanno paura, e poi farle ridere”, e per anni fu celebrato come lo stand-up comedian più sincero nello scandaglio delle proprie miserie, finché si scoprì che certe sue battute famose sulla masturbazi­one compulsiva evocavano molestie sessuali che lui, all’insaputa del pubblico, commetteva per davvero: si masturbava di fronte a donne non consenzien­ti ( colleghe comiche). “Mi masturbo troppo e mi scoccia e non so perché. Forse perché è così egoista, non so cosa sia, ma so che è sbagliato, so che sto facendo del male a qualcuno da qualche parte”. La riprovazio­ne sociale fu immediata, dopo un articolo del

New York Times sulla vicenda: con quelle battute, Louis C.K. trivializz­ava i suoi abusi; da quelle risate, Louis C.K. ricavava una giustifica­zione delle sue molestie.

ALCUNI FAN LO DIFESERO

con il vecchio adagio secondo cui arte e artista vanno separati; ma l’argomento non può essere applicato a Louis C.K., perché la sua arte riguardava molestie vere, con disprezzo completo delle vittime, e del pubblico. E Louis C.K. continua a farlo. Nel nuovo tour, parlando della condanna pubblica ricevuta dopo l’articolo del Times, dice: “Aspettate che trovino le mie foto in

b l a ck f a c e ”. ( La pratica del “truccarsi da negro”, in voga negli anni del vaudeville, era usata nei minstrel show, dove comici di pelle bianca interpreta­vano un personaggi­o di colore sulla base di stereotipi razzisti. Dagli anni 60, anche grazie alle battaglie per i diritti civili condotte da Martin Luther King, la cultura statuniten­se condanna il blackfa

ce). Louis C.K. prosegue il monologo sostenendo che ha fatto il blackface per anni. “Non lo facevo per essere divertente. Mi piaceva. Mi faceva sentir bene. Lo faccio per prendere sonno”. Questo paragone fra

b l ac k f ac e e masturbazi­one allude alle sue molestie sessuali per minimizzar­le: non sono paragonabi­li a qualcosa che ti piace fare (la masturbazi­one). Che ti piaccia molestare donne non rende giuste le molestie. L’organo del giudizio morale non è un orpello, ma è la ragione della satira, ad avercelo.

MOLTO CRITICATEs­ia

la sua lettera di “sc use”, poiché non chiedeva affatto scusa alle sue vittime; sia la sua rentrée , come niente fosse, al Comedy

Cellar di New York, dopo pochi mesi di assenza dalla ribalta, durante i quali non aveva mostrato alcuna contrizion­e, né fatto alcunché per meritarsi il perdono delle sue vittime: era un molestator­e sessuale che tornava sul luogo del delitto a sorpresa (confermand­o il suo pattern comportame­ntale: imporre se stesso a delle vittime). In quell’o ccasi one ebbe pure la sfacciatag­gine di scherzare sul fischietto anti-stupro, le spettatric­i in prima fila impietrite.

FECE SCALPORE, INOLTRE

, l’ovazione che il pubblico gli tributò al suo ingresso sul palco, come fosse un eroe. Un paradosso di cui adesso conosciamo il mistero: le accuse hanno reso Louis C. K. un mostro, cioè un capro espiatorio più efficace per il rito comico. In quale altra profession­e il proprietar­io di un’azienda avreb

be riammesso in ditta un molestator­e sessuale con la leggerezza dimostrata dal proprietar­io del Comedy Cellar,

Noam Dworman? “Al lo nt anare Louis C. K. dai comedy club non è una misura punitiva: è una misura di sicurezza sul luogo di lavoro”, ha

scritto Ian Karmel, head writer del Late late show with James Corden.

Permettere a Louis C.K. di esibirsi come “ospite a sorpresa” fu, innanzitut­to, una furbata: Dworman poté difendersi dalla tempesta mediatica dicendo che non lo sapeva. Al secondo ritorno di Louis C.K., tempo dopo, introdusse una regola: “I clienti insoddisfa­tti da un comico possono andarsene”, il biglietto risarcito. Come se fosse legittimo offrire la possibilit­à di vedere uno che banalizza le sue molestie sessuali. Ed equiparand­o implicitam­ente il disgusto per Louis C.K. al non gradimento estetico, altra banalizzaz­ione delle molestie sessuali. Il Co

medy Cellar permette solo ai big di esibirsi come ospiti a sorpresa. Concedere questa possibilit­à a Louis C.K. ebbe una forte valenza simbolica: gli restituì il prestigio intatto.

QUALCHE SETTIMANA DOPO,

il comico Ted Alexandro, accolto sullo stesso palco da un applauso tiepido, esordì dicendo: “Cos’è, uno dev’essere accusato di molestie sessuali per ricevere una standing ovation?”. E poi, con sarcasmo:

“Davvero vogliamo vivere in un mondo dove un uomo non può chiedere a una collega se può togliersi i vestiti e masturbars­i? La nostra cultura è arrivata a questo?”. Il nuovo monologo di Louis C.K. conferma il suo modus operandi ingannevol­e. Parlando della vicenda, dice: “Ecco un consiglio che davvero solo io posso darvi. Se mai chiedete a qualcuno: - Posso masturbarm­i di fronte a te? - e loro dicono di sì, dite sempliceme­nte: - Ne sei sicuro? - Questa è la prima parte”. Una ricostruzi­one spudorata, perché falsa: le sue vittime non dicevano affatto di sì, stando all’inchiesta del New York Times. Come se

non bastasse, prosegue: “E poi se dicono di sì, non fatelo e basta. Non fatelo. Perché guardate, qualunque cosa vi piaccia, ok, perché tutti hanno la loro cosa, qualunque sia la vostra cosa, non lo so. Tutti voi avete la vostra cosa. Non so quale sia la vostra. Siete così fottutamen­te fortunati che io non sappia quale sia la vostra cosa. Capite quanto siete fortunati? Che la gente non conosca la vostra fottuta cosa? Perché tutti conoscono la mia cosa”. Come se tutti fossero in segreto molestator­i sessuali come lui, o chissà cos’altro. E com’è intitolato il monologo? “Sincerely Louis C.K.”. Sinceramen­te. Daccapo, la falsità del manipolato­re incallito. (8. Continua)

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C’è poco da ridere Nel novembre 2017 ammette al New York Times di essersi masturbato davanti ad alcune colleghe
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