La villa dei desideri: la sdraio di Renzi e le brame di Craxi e B.
Più volte l’Italia s’è fatta e disfatta a villa Pamphilj, parco di quasi duecento ettari di Roma, tra il giardino segreto, il salone a doppia altezza, i dipinti di Paolo Anesi e le gallerie con le sculture classiche della palazzina Algardi, così chiamata in onore dell’architetto che la disegnò nel ‘600 oppure detta Casino del bel respiro per le dolci folate di ponentino.
Il 14 giugno 1984, esattamente trentasei anni prima che qui il premier Giuseppe Conte convocasse gli Stati generali dell’economia, il senatore Carlo Giulio Argan, che fu critico d’arte e sindaco di Roma, si dichiarò pronto alla pugna pur di salvare la palazzina Algardi dalle brame del governo Craxi: “La notizia che villa Pamphilj verrebbe destinata a residenza della Presidenza del Consiglio va ritenuta infondata perché incredibile. Dai tempi di Benito Mussolini a villa Torlonia non mi risulta sia accaduto qualcosa di simile in Europa. Mi auguro che Palazzo Chigi smentisca l’informazione che mi è giunta: è un’offesa alla cultura italiana. Altrimenti mi affretterò a presentare un’interrogazione parlamentare”. Bettino Craxi non confermò, però non smise di frequentare la palazzina Algardi per ricevere ospiti internazionali o segretari di partito.
ELEVATA
a rappresentanza istituzionale e scippata al comune di Roma, da sempre villa Pamphilj è l’agognato rifugio dei presidenti. Non s’è capito mai se per la storia o per altro. La storia affastella le origini nel ‘600 con i nobili Pamphilj e il pontificato di Innocenzo X, al secolo Giovanni Battista Pamphilj; le battaglie risorgimentali contro gli invasori francesi; le tende beduine con le amazzoni piantate da Muammar Gheddafi per accamparsi col presidente Silvio Berlusconi. Più divulgativo della storia, Matteo Renzi ha svelato le ragioni che spingono i presidenti a rintanarsi in villa Pamphilj. Era il 17 marzo 2016, un giorno di prematura primavera mentre il suo governo stava già appassendo.
NELL’ALTERO SALONE
a doppia altezza della palazzina Algardi, Renzi organizzò un pranzo Rai con Antonio Campo Dall’Orto, l’amministratore delegato di Viale Mazzini e Carlo Verdelli, il direttore editoriale della televisione pubblica. Nel suo libro Roma non perdona,
Verdelli ha raccontato l’orgoglio di Renzi per la precoce abbronzatura che poteva sfoggiare sul petto. “Visto?”, domandò con la camicia sbottonata nel modo giusto. “E sapete dove l’ho presa? Dietro quel muretto. Quando c’è questo bel sole, mi faccio portare una sdraio e sto lì un’oretta. Tutto ignudo, solo con gli slip. Da questo punto preciso – proseguì – non mi può beccare nessuno, neanche il paparazzo più furbo, manco i droni”. Quanta premura per nascondere una lampada naturale. Il 5 dicembre 2016, all’indomani della sconfitta referendaria e delle immediate dimissioni da Palazzo Chigi, l’associazione che protegge villa Pamphilj dai tempi di Craxi denunciò l’oscena copertura della vista sulla palazzina Algardi con 150 metri di lastre di metallo. Troppo tardi. Da premier Renzi non c’è più tornato.
Invece Berlusconi, appena rieletto nel 2001, andò in sopralluogo per un paio di ore e si complimentò per le opere di ristrutturazione ordinate dai suoi predecessori di centrosinistra, che seguivano quelle del democristiano Ciriaco De Mita e del socialista Bettino Craxi per un ecumenismo politico davvero raro. Dopo il bilaterale con il pre
TUTTI AL RIPARO DAI LAVORI NEGLI ANNI '80 ALLA TINTARELLA DI MATTEO
sidente americano George W. Bush nella palazzina Algardi, Berlusconi trasferì l’ufficio di Chigi nel verde di villa Pamphilj e pare che vi sostò per un periodo limitato anche il lettone regalato dal russo Vladimir Putin, prima di trovare più congrua sistemazione a palazzo Grazioli. Argan non c’era già più in epoca di Silvio. Nell’estate del 1989, dopo decine di cene, feste, vertici, l’onorevole Riccardo Misasi, sottosegretario a Chigi del presidente De Mita, rispose all’ex sindaco che il governo “finalmente aveva formalizzato l’uso della palazzina Algardi”. A ciascuno il proprio uso. C’è chi ha accolto il principe Carlo e lady Diana, chi ha omaggiato il dittatore Gheddafi, chi fa gli Stati generali. E chi si è preso anche la tintarella.