Ferrara (M5S): “Mai più armi a questi Paesi”
Chiuso il capitolo delle due fregate Fremm di Fincantieri vendute all’Egitto, resta la scia di veleni nel governo. Oltre ai genitori di Giulio Regeni, Paola e Claudio, che parlano amareggiati di “tradimento dello Stato”, le tensioni si spostano nella maggioranza: il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il M5S adesso spingono per cambiare la legge 185 del 1990 che regola le esportazioni di armi all’estero in senso più restrittivo per non ritrovarsi di fronte a un caso “Fregate bis”, mentre la parte del Pd che fa riferimento al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, non ci sta e accusa i grillini di agire in base “all’emotività”.
E questo è solo l’ultimo scontro tra i giallorosa che, sulla vendita di armi, va avanti da settimane. Almeno da fine aprile, quando 50 senatori 5 Stelle avevano deciso di presentare un’interrogazione a Guerini chiedendo una moratoria per 12 mesi delle spese per gli F35 (1,5 miliardi) reindirizzandole ai corpi sanitari dell’esercito e di “rinegoziare e ridimensionare il programma”. Ma il ministro atlantista, dopo quasi due mesi, non ha mai risposto e non ha intenzione di farlo. Non è un segnale solo di mancato galateo istituzionale, ma politico: “Il Pd non vuole tagliare gli F-35”, dicono irritati dal M5S. Poi è arrivato il via libera del governo alla vendita delle due fregate all’Egitto per 1,2 miliardi. Con fibrillazioni anche interne ai partiti di maggioranza: i deputati grillini vicini a Roberto Fico hanno presentato un’interrogazione al ministro Di Maio perché dia spiegazioni in aula, mentre lunedì Matteo Orfini presenterà un ordine del giorno in direzione Pd chiedendo di stoppare le forniture militari all’Egitto.
E ALLORA I PENTASTELLATI hanno rimesso sul tavolo il disegno di legge a prima firma Gianluca Ferrara che era già stato inserito a settembre nel programma del governo Conte II. La proposta di legge arrivata in Commissione a febbraio va in questa direzione, con tre obiettivi: colmare i “buchi” normativi vietando, la vendita di armi ai Paesi con conflitti interni (come lo Yemen), a quelli che violano i diritti umani (tra cui Egitto e Arabia Saudita) e creare un fondo per riconvertire parte dell’industria militare a uso civile. La proposta però è ferma al palo in commissione: manca l’accordo politico. Il M5S spinge per dare un segnale sul caso Regeni, mentre il ministro Guerini da quell’orecchio sembra non sentirci. “C’è un problema normativo se la legge attuale consente forniture di armi all’Egitto che, oltre al coinvolgimento nella guerra in Yemen e indirettamente in Libia, è responsabile di gravi violazioni dei diritti umani nei confronti del popolo egiziano e di un cittadino italiano, torturato e ucciso – dice Ferrara al Fatto – Siamo preoccupati e stupiti per le resistenze che la nostra riforma sta incontrando da parte del ministro Guerini”. Dal Pd replicano che per i 20 elicotteri AW149 venduti da Leonardo alla marina egiziana durante il governo gialloverde i grillini non avevano mosso foglia (“si indignano sempre dopo”, dice una fonte dem) e sul tema della nuova norma ci pensa Alessandro Alfieri, capogruppo in commissione Esteri e molto vicino al titolare della Difesa, a frenare: “Quella attuale è una legge equilibrata – spiega – possiamo rivederla aumentando la trasparenza, ma l’impianto regge”. Secondo Alfieri, inoltre, fare affari con l’Egitto e chiedere “verità e giustizia” sul caso Regeni non sono in contraddizione: “Con quel Paese abbiamo una cooperazione culturale, economica ed energetica di lunga data, se ce ne andiamo non avremo verità né cooperazione. Anzi, bisogna far leva su quella cooperazione per chiedere giustizia”.
GLI F-35 GUERINI NON RISPONDE ALLA RICHIESTA DI 50 SENATORI