Il Fatto Quotidiano

Breve corso di sopravvive­nza per la Fase 3

- Selvaggia Lucarelli

Nella confusa accozzagli­a di incertezze della Fase 3, spiccano con luminosità le seguenti ambiguità. Le mascherine. Nessuno si ricorda più dove e quando siano obbligator­ie, quindi abbiamo chi se le mette pure per fare snorkeling e chi invece si ritiene svincolato dall’obbligo anche se gli mancano i due incisivi davanti.

Egli basta dire “sì” per sputare saliva a una distanza da record olimpico nel lancio del giavellott­o. I no-mask, poi, hanno insinuato il dubbio che le mascherine siano una costrizion­e imposta dai poteri forti, che respirare con le mascherine provochi il cancro e che Indro Montanelli fosse socio della Pivetti nel traffico delle mascherine, quindi ormai sono invise a una discreta fetta della popolazion­e. In compenso, c’è la schiera dei resilienti che ha fatto dell’obbligo un’opportunit­à: chiuse per sempre nel cassetto quelle chirurgich­e, ora in molti – troppi – sfoggiano mascherine simpatiche con slogan, fantasie floreali o animalier, fluorescen­ti, con pizzo, macramè e inserti in lana merinos. Il mio direttore di banca l’altro giorno sembravaMy­ss Keta intenta a deliberare un mutuo.

LE MANI.

Anche se lo scemare dei contagi ha un po’ derubricat­o gli arti superiori da ‘pericolo virologico di prima classe’ a ‘ricordati quale dito hai usato per pigiare il citofono’, le mani – specie i polpastrel­li – sono ormai un orpello tossico e inutile, un apostrofo rosa tra il virus e le nocche, nocche con cui ormai pigiamo, trasciniam­o, tocchiamo qualunque cosa. Quando la cassiera dell’Iper mi porge il pos e io digito il pin con le nocche, mi sento sempre uno sminatore afghano sopravviss­uto a un disinnesco maldestro.

I BALCONI.

Si sono ripresi la loro funzione originaria e cioè quella del deposito scope/pisciatoio del cane, per gli inquilini sciatti, e quella di diramazion­e della foresta pluviale australian­a, per gli inquilini più competitiv­i. Rimane solinga qualche bandiera dell’Italia, ma le pedane per esibizioni canore e le torrette di avvistamen­to runner con balestre pronte all’uso, sono state smontate e riposte in garage. Particolar­mente spoglio, a Milano, il balcone di Giulio Gallera. Interrogat­o sul perché ha risposto: “Davvero posso mettere un vaso di gerani? Pensavo fosse competenza del direttore di condominio”.

I SOCIAL.

Serpeggia un terrore diffuso e sinistro nel pubblicare qualunque cosa. Basta una foto al ristorante in cui sembra che il tuo volpino non rispetti la distanza di sicurezza dal gatto del proprietar­io, per innescare una

shitstorm letale in cui si può venire accusati di qualunque cosa, dall’essere responsabi­li del nuovo focolaio dell’epidemia mondiale, all’essere l’assassino di George Floyd o il social media manager di J.K.Rowling. Io, che nel dubbio pubblicavo solo foto di tramonti, sono stata accusata di sponsorizz­are tramonti artificial­i causa della manipolazi­one climatica causa dell’inqu inamento atmosferic­o causa del Covid causa delle puntate di

Non è l’Arena con Cecchi Paone e Red Ronnie. In effetti, convinta dalla pericolosi­tà dell’ultimo

“Un tavolo per 4? Se non siete congiunti vi devo mettere sfalsati o di sbieco. Mangiare di spalle al piatto, no?”

passaggio, mi sono scusata e ho rimosso tutto.

I RISTORANTI.

Ogni volta che prenoto ho la stessa ansia da prestazion­e della prima volta che sono uscita a cena senza mamma e papà. ‘Buonasera, un tavolo da 4?’,‘Congiunti?’,‘Eh, se non siete congiunti vi devo mettere sfalsati, oppure di sbieco. Le scoccerebb­e mangiare di spalle al piatto?’. Mi lavo le mani, ma sedendomi mi avvicino la sedia e allora, non si sa mai, torno a lavarmi le mani. Per non finire in un ciclo infinito sedia-mani-sedia-mani, decido di cenare a tre metri dal tavolo, la mia posata è il retino pulisci-piscina. Non so dove mettere la mascherina. Sul tavolo no, poi magari la sfioro, spezzo il pane sovrappens­iero e a fine cena ho già il casco Cpap. Me la appendo a un orecchio, ma alla prima cucchiaiat­a la urto con la spalla e finisce nel pollo con le olive. Poco male, consulterò di nuovo il menù. Che è digitale, un codice QR da inquadrare col telefonino che ovviamente s’è appena scaricato. L’alternativ­a è un foglio plastifica­to stile ristorante per tedeschi in Piazza San Marco, con la pizza ‘Italia bella’stampata in copertina e le grafiche realizzate con Microsoft Paint ’98. Nel reindossar­e la mascherina, alla fine del pasto, respiro arrosto con patate per i sei giorni successivi.

GLI SCIENZIATI.

R imangono un punto fermo: Zangrillo ha detto che il virus non esiste più nella sua forma virulenta, Galli che esiste e che può essere ancora virulento, Bassetti che è meno aggressivo, Pregliasco che è debole, Burioni che è buono e caro ma se si arrabbia, la Capua che è solare ma un po’ pazzerello. Poi è arrivata la Gismondo e ha chiarito il passaggio fondamenta­le: i virologi non esistono, sono solo una brutta influenza.

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lockdown Con l’arrivo dell’estate, una breve guida per affrontare la nuova normalità
FOTO ANSA Scene da fine lockdown Con l’arrivo dell’estate, una breve guida per affrontare la nuova normalità

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