Trio Roma-tripoli-cairo
C’è un rapporto (o somiglianza, o legame) fra l’egitto, che non presta alcuna attenzione all’assass inio del giovane ricercatore italiano Giulio Regeni, ma onora costosissimi prodotti italiani (navi da guerra) pronta cassa, e la Libia di Al-serrai, che riceve paterne visite, paterni inviti a Roma e pagamenti abbondanti dall’italia, mentre lo stesso Al-serraj intreccia, alla luce del sole, legami capestro con potentissimi partner (la Turchia, la Russia) per affrontare costosi progetti di cui non si lasciano sfuggire una parola? Prima di rispondere, dobbiamo aggiungere una riflessione in più per l’altra Libia, quella del generale Hafthar, che appena può bombarda Tripoli, accetta carichi di armi dagli stessi fornitori (del suo nemico), ma non esita a fare, di tanto in tanto, un salto in Italia, da dove, presumibilmente, non torna a mani vuote. La domanda riguarda naturalmente l’italia, che va in giro con questi amici, in modo da ridurre la sua immagine a quella di un privato abile e attivo, senza un’ombra di preoccupazione per gli interessi nazionali del Paese e un minimo di prestigio dello Stato italiano. Vediamo come questo può accadere. In Egitto, l’italia è un venditore che si affida al prodotto. Vende bene e non vuole dissapori con il cliente. Il cliente, come si amava dire in tempi di capitalismo giovane e immaturo, ha sempre ragione. Il cliente Egitto non vuole controlli su altre cose, non sempre benevole, che fa per conto suo. Agenti segreti, ambasciatori e Farnesina non vedono perché proprio loro dovrebbero bloccare buoni affari, che probabilmente non sono che l’anello di una catena di altri buoni affari. C’è chi vi dice: pensate alla occupazione, e chi vi ammonisce: attenzione alla concorrenza. E così il caso Regeni e la sua fine barbara di cittadino italiano senza un Paese amico al suo fianco, da vivo o da morto, scende parecchio al di sotto della sua inevitabile natura di principale, ostinata richiesta italiana di verità. In Libia, l’italia è un compratore fidato, quasi in esclusiva. Il ruolo dell’italia è cominciato presto. È il riflesso, in tutta l’area, del “caso Mattei”, un uomo che agiva solo e rigorosamente per conto dello Stato. In seguito l’italia è diventata valutazione e convenienza del momento. Leader e gruppi italiani hanno preso a lavorare adesso e subito, calcolando la convenienza del Paese sulla convenienza del gruppo di potere. A partire da Berlusconi i rapporti con la Libia sono un gran pasticcio, continuamente corretto e peggiorato, sempre in cerca di una grande convenienza sotto imperiali apparenze. Due cose erano molto importanti: i rapporti personali con il capo del regime libico, in modo da allargare a dismisura l’area dei reciproci favori utili. E il gettare nello scambio immigranti come merce, capolavoro tragico della Lega. L’uso dei migranti come merce (tuttora attribuito, a volte in buona fede, più spesso con finta ingenuità, ai “mercanti di uomini”) è frutto della invenzione organizzativa e politica della Lega, una volta ottenuto il divieto totale di sbarchi e di corridoi umanitari. Segue l’invenzione del “migrante economico” ruba- lavoro, proprio quando una costellazione di crudelissime guerre ha cominciato a riversare nel Mediterraneo migliaia di donne e bambini. Le due storie, Egitto e Libia, sono diverse, ma le due controparti interpretate dall’italia, del venditore e del compratore, si assomigliano molto. Per entrambi (venditore e compratore) e per le loro controparti, le vite umane sono irrilevanti. Se in Egitto c’è il selvaggio e inspiegato assassinio di Giulio Regeni, la parte di Investigazione italiana si trasforma in una educata passività, incline alla distrazione. In Libia, l’italia, che come potenza risulta perdente sia sul versante di Tripoli sia su quello di Haftar, è brutalmente offesa dalle passeggiate turche e russe sulle terre che l’italia credeva di guidare, controllare o almeno influenzare, resta però complice attiva della caccia ai profughi, compresi i bambini e le donne che affogano a decine di fronte alle coste dimalta o di Lampedusa. L’italia continua a raccontare di “mercanti di carne umana” laddove il Mediterraneo è sbarrato dai decreti Salvini e dal filo spinato dell’amico di Salvini, Viktor Orbán. Non sono previste verità, rivelazioni o cambiamenti su ciò che sta facendo l’italia in Egitto (come fa un nostro ambasciatore a non sapere per sempre di quella morte di un giovane studioso italiano?). O su ciò che sta accadendo nelle regioni e nei regimi diversi della Libia. Non si è mai sentito di una verifica italiana con la Turchia o con la Russia, che pure ha molti amici nella Lega. La Libia degli “amici” e dei “nemici” è in vendita. L’italia non c’entra. Ha versato, è vero, sin dai tempi del Trattato di fraterna amicizia votato all’unanimità dal Parlamento. Ma ciascuna Libia ha deciso di tenersi la caparra. Più i versamenti di tutti gli altri governi italiani, nessuno escluso.