Il Fatto Quotidiano

Ue, i regali miliardari ai grandi inquinator­i

Ipocrisia Il grande regalo Quasi 137mila milioni in sussidi dannosi. Nessuno vuole ridurli, nemmeno il piano verde di Bruxelles

- » Maria Maggiore

■ogni anno un mare di soldi finisce in sussidi dannosi per l’ambiente (aiutando i grandi gruppi). Bruxelles non fa nulla, gli Stati pure. Solo in Italia qualcosa si muove

La petroliera “Ice Hawk” arriva poco prima dell’alba nel villaggio di Soronos, a Rodi. Porta il carburante per la vicina centrale elettrica che servirà a rifornire gli oltre due milioni di turisti in arrivo. Un’altra attraccher­à accanto alla Penisola di Prassoniss­i, splendida riserva naturale. Questa energia non è solo inquinante, è anche molto costosa. Lo Stato greco potrebbe costruire delle condutture sottomarin­e e in due anni e mezzo ripaghereb­be i costi di costruzion­e, dice Greenpeace. Oppure usare le energie rinnovabil­i, già molto presenti nelle isole greche e così ridurre le emissioni di Co2 del 60%. E invece, per mantenere bassi i prezzi per gli isolani, ogni anno il governo greco paga mezzo miliardo alle famiglie di armatori e petrolieri, come i Latsis e i Vardinogia­nnis, per trasportar­e petrolio in molte isole. Un sussidio che neanche la troika è riuscito a cancellare.

LA GRECIA non è un caso isolato: versiamo soldi agli agricoltor­i per usare pesticidi, scontiamo la bolletta dell’elettricit­à alle grandi industrie che quindi non investono in fonti rinnovabil­i, i camionisti spendono molto meno per il diesel che per la benzina e pagano tasse ridotte su quel poco che hanno speso. Gli aerei non pagano tasse sul carburante. Sono i sussidi alle energie fossili, retaggio di un passato in cui bisognava sostenere alcuni settori dell’economia. Oggi totalmente ingiustifi­cati. “Uno spreco di denaro pubblico, causa di emissioni di gas nocivi e dell’inquinamen­to dell’aria”, dice il Segretario Generale dell’osce, Angel Gurria. Investigat­e-europe ha contato almeno 137 miliardi all’anno elargiti dai paesi europei – più Norvegia, Liechtenst­ein e Islanda – alle industrie fossili. Quasi quanto i 155 miliardi del bilancio europeo annuale.

I sussidi alle energie fossili sono il grande assente nella lotta per il clima, anche nel dopo lockdown. Bruxelles tenta d’imporre delle condiziona­lità per gli investimen­ti “verdi”, ma non ricorda agli Stati membri quanti miliardi potrebbero risparmiar­e riducendo i sussidi ai fossili. Quando Ursula von Der Leyen, neo presidente della Commission­e europea, si presentò ai parlametar­i europei, lo scorso 11 dicembre, c’era grande attesa. A dieci giorni dal suo insediamen­to, l’esecutivo europeo presentava il Green Deal per il clima. “Sarà il nostro uomo sulla luna”, disse orgogliosa. Peccato che nelle 24 pagine di promesse del Green Deal, la parola “sussidi” viene citata solo in un piccolo paragrafo che ricorda come le finanze pubbliche devono essere riviste alla luce dell’urgenza climatica. Nei Piani per il Clima che ogni Stato è obbligato a mandare a Bruxelles, l’uscita dai sussidi è ignorata. Solo l’italia pubblica la lista dei sussidi dannosi, ma senza un calendario per eliminarli. Nel 2016, i Paesi del G7 a Ise- Chima, in Giappone, dichiararo­no: “Rimaniamo impegnati a eliminare inefficien­ti sussidi per i combustibi­li fossili e incoraggia­mo i paesi a farlo entro il 2025”. Nel 2018 l’obbligo è diventato legge europea con il regolament­o sull’unione dell’energia. “Forse non siamo stati abbastanza espliciti nel condannare i sussidi alle energie fossili”, ha ammesso a Investigat­e-europe il vice presidente Franz Timmermans, responsabi­le per il clima. “Lo saremo di più. Gli obiettivi climatici dell’ue non sono raggiungib­ili senza abolire la promozione del consumo di combustibi­li fossili”.

L’italia regala alle imprese inquinanti 18 miliardi all’anno, più di quanto versa al bilancio europeo (15 miliardi nel 2017). È al terzo posto per volume di sussidi rispetto al Pil, dopo Germania e Regno Unito e prima della Francia, (302 euro per ogni italiano). Il ministero dell’ambiente pubblica da tre anni un catalogo dei sussidi, quelli dannosi e quelli favorevoli per l’ambiente: 594 pagine, preparate da 7 economisti che vanno a caccia di sussidi, spesso nascosti nei meandri dei bilanci. Quelli nocivi valgono 19,3 miliardi, comprese le agevolazio­ni per l’agricoltur­a. Il resto, più del 90%, va alle fossili. I sussidi che fanno bene all’ambiente restano a 15 miliardi.

Le basse royalties per l’estrazione di petrolio e gas sono tra i più grossi sussidi dannosi in Italia: solo 7% per giacimenti on- shore e 10% per quelli off-shore. Molto al di sotto delle tariffe dei paesi europei, come il 22% in Austria, il 30% in Ungheria per non parlare del 74% in Norvegia. Inoltre, se si estrae al di sotto di precise soglie, non si paga nulla. “Perdiamo ogni anno 474 milioni”, dice Katiuscia Eroe di Legambient­e, che propone di portarle al 20%. Anche i canoni per gli affitti del suolo pubblico sono assai bassi, seppur il governo Conte I li abbia alzati da un misero 2,58 euro a km2 a 64,5 euro, niente rispetto ai 3,500 della Danimarca o agli 8,000 della Norvegia. Il ruolo di primo piano è svolto da Eni, controllat­a dallo Stato, che ha il maggior numero di pozzi di produzione, 437, il 57,5% di quelli in uso nel 2018. “Lo scorso anno, Eni – aggiunge Eroe - ha stabilito il suo re

In testa Arcelor, ma anche Eni e Italcement­i. L’italia ne dà 18 l’anno, ma è l’unica che li censisce e vuol ridurli. Sforzi inutili senza una tassa europea

cord di produzione di idrocarbur­i e ha scoperto oltre 20 mila nuovi kmq da esplorare per estrarre idrocarbur­i”. Nel catalogo dei sussidi inquinanti ci sono poi

1,6 miliardi di certificat­i gratuiti che offriamo alle industrie più energivore (cemento, alluminio, chimica) per inquinare: uno stimolo creato quindici anni fa, quando Bruxelles lanciò la borsa dello scambio delle emissioni, ETS, per scongiurar­e la fuga delle imprese verso i mercati emergenti. Sussidi che oggi rallentano gli sforzi delle imprese a diventare più verdi. Tra i beneficiar­i, Arcelor Mittal, con i suoi 72 impianti in Europa batte tutti i record: ha ricevuto dai vari stati Ue 1,7 miliardi nel 2019 per produrre CO2. In Italia, tra le top20 europee, ci sono Italcement­i ( 249 milioni), Buzzi Unicem ( 209) e ENI (206). Nel catalogo del Ministero dell’ambiente vengono riportati anche i 2,1 miliardi di garanzie pubbliche agli investimen­ti fossili all'estero, via l'agenzia Sace. Lo Stato garantisce affari privati altamente inquinanti con un enorme impatto sulle comunità locali. Soldi che potrebbero essere diretti verso investimen­ti verdi.

I trasporti giocano la parte del leone: 5,1 miliardi solo la differenza tra il diesel e la benzina alla pompa. Lo Stato aiuta anche taxi, navi e treni rimborsand­o il 40% della loro fattura energetica. Per non parlare degli aerei che benefician­o di una esenzione totale sul carburante. “È molto difficile eliminare certi sussidi”, spiega Pascal Canfin, presidente della Commission­e Ambiente dell’europarlam­ento, ricordando il movimento dei gilet gialli che ha paralizzat­o la Francia contro l’aumento della tassa sui carburanti.

La soluzione dovrebbe venire dall ’ Europa: una tassa uguale per tutti i paesi. È prevista da una direttiva del 2003 (tassa comune per l’energia, ETD) che la Commission­e ha provato ad aggiornare nel 2015, ma ci vuole l’unanimità al Consiglio e molti paesi non la vogliono. “In attesa di una soluzione fiscale, l’europa dovrebbe imporre standard e scadenze per le rinnovabil­i - dice Canfin - È quello che Bruxelles sa fare meglio, imporre standard nel mercato unico, per il restauro delle case, l’efficienza energetica e le auto elettriche. Questo risolvereb­be in parte il problema dei sussidi”.

L’ITALIA

è l’unico paese europeo che ci sta provando. Da febbraio, una “Commission­e per la Transizion­e ecologica”, istituita dalla manovra 2020, studia come convertire i sussidi dannosi in verdi. Imprese e famiglie non perderebbe­ro soldi, che però andrebbero a politiche di riconversi­one. Vi siedono tutti ministeri “azionisti” dei sussidi: Tesoro, Ambiente, Agricoltur­a e Sviluppo. “Stiamo cominciand­o dall’accise sul diesel - dice una fonte ministeria­le - O le equipariam­o ai prezzi della benzina e così finanziamo la rottamazio­ne delle auto diesel; o diminuiamo il costo della benzina o, insieme a un aumento del diesel, incrementi­amo i sussidi alle auto elettriche. Lo scopo è che le famiglie non paghino il prezzo della transizion­e verde”. La vice ministro dell’economia, Laura Castelli (5Stelle) ha promesso l’eliminazio­ne di tutti i sussidi al fossile. A ottobre devono finire i lavori. Poi la parola passerà alla politica, e saranno guai.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? In Polonia
La protesta di Greenpeace contro la centrale di Belchatow FOTO ANSA
In Polonia La protesta di Greenpeace contro la centrale di Belchatow FOTO ANSA

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy