La diseguaglianza, un robusto punto di vista per costruire sul serio un “futuro più giusto”
dici proposte per la giustizia sociale” che, ora, scrivono gli autori, “sono più valide e necessarie che mai”. Proposte che investono sul ruolo dei sistemi pubblici, ad esempio creando “tre imprese pubbliche europee” nel campo della salute e invecchiamento, nella trasformazione digitale e nella transizione energetica. Puntano alla centralità della scuola e alla lotta alla “povertà educativa”, rilanciano l’impegno per i workers buyout per affrontare la crisi delle piccole aziende fino a proposte più robuste come l’european Pillar of Social Rights , per un’assicurazione generale di previdenza sociale o “l’eredità universale ai diciottenni” cui conferire un capitale di avvio alla vita (da un’idea di Anthony Atkinson e recentemente rilanciata da Thomas Piketty).
Il merito del lavoro in esame è quello di assumere un punto di vista forte e chiaro: le diseguaglianze sociali ed economiche, la loro natura, genesi e storia. Da qui pensare l’economia come un intervento che contrastando quelle genera crescita e benessere. I dati, del resto, sono davvero evidenti. Se negli ultimi trent’anni “si sono ridotte le diseguaglianze complessive di reddito e consumo” a livello mondiale è anche vero che in Occidente “il reddito dell’1% delle persone più ricche al mondo (per metà concentrate negli Stati Uniti) cresceva assai più del resto, assorbendo quasi un quinto del totale dei redditi mondiali”. All’1% più ricco, quindi, è andato il 20% del reddito complessivo mondiale mentre alla metà più povera della popolazione affluisce appena il 10%.
Le ragioni storiche sono affrontate con altrettanta nettezza: il ruolo nefasto del neoliberismo, una “scelta” politica e non una fatalità e poi l’occasione mancata, in Italia, tra gli anni 60 e gli 80. Anche qui scelte politiche che riguardano anche la sinistra.
La crisi da Covid può aggravare tutto questo, oppure no. Dipende da quale dei tre scenari per il dopo-coronavirus si affermerà: quello di “normalità e progresso” che propone di tornare alla “normalità” di prima; quello di “sicurezza e identità” che offre uno “Stato accentrato”. Oppure un orizzonte di “giustizia sociale e ambientale” quale quello descritto nel libro. Da leggere attentamente e che non avrebbero sfigurato nel dibattito sugli Stati generali.