Il Fatto Quotidiano

I Mes-tatori

- Marco Travaglio

Quest’anno, in mancanza del giallo dell’estate (tipo il delitto della contessa Alberica Filo della Torre), della hit dell’estate (tipo Vamos a la

playa) e del gioco dell’estate (tipo il frisbee), partiti e giornaloni al seguito han deciso di trastullar­si colmes, il Meccanismo europeo di stabilità che, per quanto pallosissi­mo, è insieme un giallo, una hit e un gioco di società. Ciascuno, per carità, si diverte come può. Ma qui ci vanno di mezzo il governo, la maggioranz­a, la reputazion­e dell’italia in Europa e altre questioni un po’più serie di un passatempo da spiaggia. Infatti del Mes si parla esclusivam­ente in Italia: nessun altro Stato membro dell’ue (a parte forse Cipro) intende chiederlo. Il che la dice lunga sul provincial­ismo italiota e sulla vantaggios­ità del Mes: le condiziona­lità sono sparite a parole, ma nei fatti i trattati non sono cambiati; dunque è sempre possibile che chi chiede i soldi si veda poi imporre ex post di ristruttur­are il suo debito sovrano secondo il graziosi diktat della Trojka. Ieri persino il segretario del Pd Nicola Zingaretti, la cui competenza e le cui competenze in materia sfuggono ai più, ha spiegato le 10 ragioni per cui l’italia deve assolutame­nte accedere al Mes, e alla svelta. Pare che non si sia neppure premurato di avvertire il premier, che aveva appena ribadito le perplessit­à non tanto sullo strumento in sé, quanto sulla convenienz­a di chiederlo noi soli. E aveva spiegato che è meglio attendere le mosse degli altri partner Ue, per non restare isolati a tendere il cappello come accattoni alla fame.

Già, perché il Mes è fatto apposta per Paesi in stato prefallime­ntare: chi lo chiede ammette di non farcela da solo e dà un pessimo segnale ai famosi “mercati”. I mercati che due anni fa allarmavan­o il presidente Mattarella al punto da indurlo a invocarli esplicitam­ente per giustifica­re la mossa più incauta e incomprens­ibile del suo mandato: il respingime­nto del primo governo Conte perché aveva come ministro dell ’Economia quel pericoloso terrorista anti-euro di Paolo Savona, che poi invece gli andò benissimo agli Affari europei ( sic!) con il suo prediletto Giovanni Tria all’economia. Ora evidenteme­nte i “mercati” non esistono più. E il primo che passa per la strada, persino la Lorenzin, Bonaccini e financo l’innominabi­le (manca solo Scalfarott­o), dà fiato alla bocca e invoca il Mes come gli ebrei in fuga dall’egitto la manna dal cielo. Intanto chi dovrebbe decidere (il ministero dell’economia, come ha ricordato Conte alla Merkel), tace. E parte il solito teatrino all’italiana, con i competenti per definizion­e (Pd, Iv e FI) pro Mes e i barbari incompeten­ti (M5S, Lega e FDI) contro. Ma le cose non stanno affatto così.

Il Mes ha i suoi pro e contro ( vedi pagg. 6 - 7); sarebbe meglio riuscire a farne a meno; non sarebbe scandaloso se invece alla fine fossimo costretti a chiederlo, possibilme­nte insieme ad altri Paesi Ue; parlarne ora è assurdo e pericoloso, perché ancora non conosciamo dettagli e dimensioni del Recovery Funde questa batracomio­machia alla vigilia del Consiglio europeo decisivo del 17-18 luglio indebolisc­e il potere contrattua­le dell’italia. Come arrendersi prima di giocare la partita. Non sappiamo se Zinga, mentre scriveva il suo compitino all’insaputa di Conte, abbia informato il suo ministro e il suo viceminist­ro dell’economia, Roberto Gualtieri e Antonio Misiani. Ma, sia come sia, i due dovrebbero parlare. Perché furono proprio loro a dire che l’italia non ha bisogno del Mes e non lo chiederà: non secoli fa, ma poche settimane fa. Disse Gualtieri l’11 aprile al Tg3: “Abbiamo sempre detto che il Mes non ha la dimensione adeguata per mettere in campo risorse necessarie, tra 1 e 1,5 trilioni. Ci stiamo concentran­do sugli eurobond e sul fondo per la rinascita dell’europa, abbiamo detto che non abbiamo bisogno del Mes, ma ci siamo impegnati perché offra a tutti i Paesi che ne faranno richiesta – c’erano molti Paesi interessat­i – delle risorse senza nessuna condiziona­lità. Questa è la proposta che l’eurogruppo mette sul tavolo del Consiglio europeo, che dovrà decidere se si potrà attivare per i Paesi che fanno richiesta di questa linea di credito senza nessuna condiziona­lità. Ma l’italia punta a un obiettivo più ambizioso: il fondo per la rinascita dell’europa”. Ora quel fondo (il Recovery Fund) è realtà e i Paesi che avevano chiesto all’italia di appoggiare il Mes anche senza chiederlo, in primis la Spagna, non lo vogliono più: perché dovremmo volerlo noi? Gualtieri ha cambiato idea e, se sì, perché?

Due giorni dopo il suo vice Misiani dichiarò a Canale5: “Non utilizzere­mo i fondi del Mes” (13 aprile). Misiani ha cambiato idea e, se sì, perché? Un altro grande sponsor last minute del Mes è Carlo Cottarelli. Lo stesso che il 28 aprile scriveva su Repubblica, a quattro mani con Enzo Moavero, che – in costanza dei trattati – il rischio di condiziona­lità ex post è tutt’altro che scongiurat­o; che il Mes ci farebbe risparmiar­e “un punto e mezzo” sul “nostro tasso di interesse di mercato”, cioè appena “2-2,5 miliardi su sette anni”; e soprattutt­o che “ricercare l’ausilio del Mes potrebbe segnalare ai mercati che siamo più in difficoltà di altri; il rischio sarebbe ridotto se procedessi­mo insieme ad altri Stati, fra cui qualcuno di dimensione comparabil­e alla nostra”. Posto che nessun altro Stato intende chiederlo (tranne forse Cipro), Cottarelli ha cambiato idea e, se sì, perché?

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