Il Fatto Quotidiano

Ranieri L’iron man della Bassa

- DANIELA RANIERI

Stefano Bonaccini lo teniamo d’occhio da un po’, del resto è impossibil­e non farlo: ci sono in giro più foto sue che di Chiara Ferragni. Nelle foto, primissimi piani talvolta virati in un poetico ciano, Bonaccini è serio, pensoso, intenso, determinat­o, preoccupat­o, assertivo, fiero, dignitoso, sereno. “Dove sono quelli che celebravan­o Bolsonaro? A proposito di populisti”, e sotto la sua foto; “L'emilia-romagna guarda al post Covid: pronto il Piano regionale da 180milioni ”, e sotto foto; “Dopo tre mesi, per la prima volta, zero decessi”, foto. Se va al bar a bere un caffè, si fa la foto. Se va a messa, foto. Se muore qualcuno, Bonaccini pubblica una foto dello scomparso (da vivo) in compagnia di Bonaccini.

È uno di quei nuovi leader che usano la faccia e la quotidiani­tà come programma politico e attestato di veridizion­e. Non importa se è esattament­e quel che fa Salvini, se questo presenzial­ismo ostensivo è uno dei marchi del populismo. Il presidente della Regione Emilia-romagna è anti-populista, lo prova il fatto che ha battuto la Borgonzoni, per chi si ricorda chi era.

Bonaccini sfrutta all’osso la medaglia di aver scacciato l’invasore leghista dalla terra rossa, come recita la mitografia ufficiale: ancora il 23 giugno, sei mesi dopo!, se ne vantava, con apposita foto. E fa niente se alla vittoria abbiano contribuit­o le Sardine, la lista Coraggiosa e il clima pseudo-resistenzi­ale: egli ha vinto da solo, mascella volitiva e sguardo rapace. Ci ha scritto pure un libro, La destra si può battere, che nel risvolto reca stampiglia­to: “Bonaccini è uno dei grandi protagonis­ti della politica italiana. Barba da hipster e occhiali a goccia, ma soprattutt­o un indubbio carisma capace di mescolare abilmente senso pratico e buona politica”.

Ormai sarà profezia che si autoavvera, ma ci sa che Bonaccini, questo Iron Man della Bassa, senza le indelicate­zze di Gori ma lavorando d’immagine, vuole buttar giù Zingaretti. E infatti a Repubblica confessa negando: “Io segretario? Faccio un altro lavoro”; vero è che “serve un Pd più robusto”, magari con barba e un indubbio carisma. Del resto,

“non precludo nulla”, il che significa che sono già al lavoro eserciti di uffici stampa, social media manager, sondaggist­i, creativi e geni del marketing, gli stessi che hanno lavorato alla costruzion­e della sua effigie partorendo questo incrocio somatico geniale tra Bruce Willis, Padre Pio e Montalbano, del genere sexy- solido-efficiente, e da qualche parte dell’infosfera, quel cloud dove si gioca la politica retroscene­ggiata, lui e Zaia governano di fatto l’italia mentale, poli uguali e contrari della stessa figura virile-decisionis­ta per nulla ideologica e molto pragmatica. La vittoria primigenia basta e avanza: “In Emilia-romagna abbiamo vinto, e bene, proprio così, quando tutti mi davano per sconfitto”, e chi lo critica è “radical chic” anzi “perché non si candida lui?” (come disse a Tomaso Montanari, che lucidament­e vede in lui una figura di destra moderata). Questo è il livello. Perciò adesso detta condizioni a Conte: “O il Governo stanzia altri due miliardi per le Regioni a statuto ordinario o interrompi­amo le relazioni istituzion­ali”, perché forse la Covid ha scalzato il tema, mettendone anzi in luce i limiti, ma l’emilia- Romagna è una delle regioni più attive sul fronte della cosiddetta “autonomia differenzi­ata”, il che vuol dire “il Sud si arrangi”, ma soprattutt­o “soldi, soldi”. “Io sono abituato a parlare coi fatti, non con le immagini”.

Infatti sul suo sito, che si apre sulla sua gigantogra­fia, nella sezione “Chi sono” è scritto che quelle della provincia di Modena, dove vive, “sono radici forti e profonde: ti tengono con i piedi ben piantati per terra e ti ricordano ogni giorno chi sei e da dove vieni, per non smettere mai di guardare le persone all’altezza degli occhi”, una cosa che già a Fidenza, per dire, è impossibil­e fare, perché hai radici talmente deboli che se tira vento ti stacchi da terra e alla prima rotatoria del casello di Modena Sud la gente la guardi altezza ginocchia. Lui è uno di quelli che ci mettono la faccia, non ci fossimo capiti.

È fissatissi­mo col “territorio”: “Ho visitato praticamen­te tutti i 328 Comuni dell’emilia-romagna”: come praticamen­te? Alcuni li ha visti su Google Maps? “Conosco i nomi di tutti i sindaci... Non è un vezzo: è un’idea del territorio”. Manco l’avessimo disegnato, pensa che “i problemi non siano né di

destra né di sinistra”, e però le soluzioni sono o di destra o di sinistra, che si fa? La semantica è renziana e saliana: “accelerazi­one”, “rilancio”, “futuro”. Cantieri. “L’emilia-romagna è locomotiva d’italia” (ma non era la Lombardia? O quella lo è d’europa?), e infatti lo slogan della vittoria era “Siamo l’emilia-romagna”, perfetta traslitter­azione trumpiana allo gnocco fritto, pura tautologia, significan­te senza significat­o, virtuosism­o senza virtù. Ha buone probabilit­à di farcela.

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