Ranieri L’iron man della Bassa
Stefano Bonaccini lo teniamo d’occhio da un po’, del resto è impossibile non farlo: ci sono in giro più foto sue che di Chiara Ferragni. Nelle foto, primissimi piani talvolta virati in un poetico ciano, Bonaccini è serio, pensoso, intenso, determinato, preoccupato, assertivo, fiero, dignitoso, sereno. “Dove sono quelli che celebravano Bolsonaro? A proposito di populisti”, e sotto la sua foto; “L'emilia-romagna guarda al post Covid: pronto il Piano regionale da 180milioni ”, e sotto foto; “Dopo tre mesi, per la prima volta, zero decessi”, foto. Se va al bar a bere un caffè, si fa la foto. Se va a messa, foto. Se muore qualcuno, Bonaccini pubblica una foto dello scomparso (da vivo) in compagnia di Bonaccini.
È uno di quei nuovi leader che usano la faccia e la quotidianità come programma politico e attestato di veridizione. Non importa se è esattamente quel che fa Salvini, se questo presenzialismo ostensivo è uno dei marchi del populismo. Il presidente della Regione Emilia-romagna è anti-populista, lo prova il fatto che ha battuto la Borgonzoni, per chi si ricorda chi era.
Bonaccini sfrutta all’osso la medaglia di aver scacciato l’invasore leghista dalla terra rossa, come recita la mitografia ufficiale: ancora il 23 giugno, sei mesi dopo!, se ne vantava, con apposita foto. E fa niente se alla vittoria abbiano contribuito le Sardine, la lista Coraggiosa e il clima pseudo-resistenziale: egli ha vinto da solo, mascella volitiva e sguardo rapace. Ci ha scritto pure un libro, La destra si può battere, che nel risvolto reca stampigliato: “Bonaccini è uno dei grandi protagonisti della politica italiana. Barba da hipster e occhiali a goccia, ma soprattutto un indubbio carisma capace di mescolare abilmente senso pratico e buona politica”.
Ormai sarà profezia che si autoavvera, ma ci sa che Bonaccini, questo Iron Man della Bassa, senza le indelicatezze di Gori ma lavorando d’immagine, vuole buttar giù Zingaretti. E infatti a Repubblica confessa negando: “Io segretario? Faccio un altro lavoro”; vero è che “serve un Pd più robusto”, magari con barba e un indubbio carisma. Del resto,
“non precludo nulla”, il che significa che sono già al lavoro eserciti di uffici stampa, social media manager, sondaggisti, creativi e geni del marketing, gli stessi che hanno lavorato alla costruzione della sua effigie partorendo questo incrocio somatico geniale tra Bruce Willis, Padre Pio e Montalbano, del genere sexy- solido-efficiente, e da qualche parte dell’infosfera, quel cloud dove si gioca la politica retrosceneggiata, lui e Zaia governano di fatto l’italia mentale, poli uguali e contrari della stessa figura virile-decisionista per nulla ideologica e molto pragmatica. La vittoria primigenia basta e avanza: “In Emilia-romagna abbiamo vinto, e bene, proprio così, quando tutti mi davano per sconfitto”, e chi lo critica è “radical chic” anzi “perché non si candida lui?” (come disse a Tomaso Montanari, che lucidamente vede in lui una figura di destra moderata). Questo è il livello. Perciò adesso detta condizioni a Conte: “O il Governo stanzia altri due miliardi per le Regioni a statuto ordinario o interrompiamo le relazioni istituzionali”, perché forse la Covid ha scalzato il tema, mettendone anzi in luce i limiti, ma l’emilia- Romagna è una delle regioni più attive sul fronte della cosiddetta “autonomia differenziata”, il che vuol dire “il Sud si arrangi”, ma soprattutto “soldi, soldi”. “Io sono abituato a parlare coi fatti, non con le immagini”.
Infatti sul suo sito, che si apre sulla sua gigantografia, nella sezione “Chi sono” è scritto che quelle della provincia di Modena, dove vive, “sono radici forti e profonde: ti tengono con i piedi ben piantati per terra e ti ricordano ogni giorno chi sei e da dove vieni, per non smettere mai di guardare le persone all’altezza degli occhi”, una cosa che già a Fidenza, per dire, è impossibile fare, perché hai radici talmente deboli che se tira vento ti stacchi da terra e alla prima rotatoria del casello di Modena Sud la gente la guardi altezza ginocchia. Lui è uno di quelli che ci mettono la faccia, non ci fossimo capiti.
È fissatissimo col “territorio”: “Ho visitato praticamente tutti i 328 Comuni dell’emilia-romagna”: come praticamente? Alcuni li ha visti su Google Maps? “Conosco i nomi di tutti i sindaci... Non è un vezzo: è un’idea del territorio”. Manco l’avessimo disegnato, pensa che “i problemi non siano né di
destra né di sinistra”, e però le soluzioni sono o di destra o di sinistra, che si fa? La semantica è renziana e saliana: “accelerazione”, “rilancio”, “futuro”. Cantieri. “L’emilia-romagna è locomotiva d’italia” (ma non era la Lombardia? O quella lo è d’europa?), e infatti lo slogan della vittoria era “Siamo l’emilia-romagna”, perfetta traslitterazione trumpiana allo gnocco fritto, pura tautologia, significante senza significato, virtuosismo senza virtù. Ha buone probabilità di farcela.