Il Fatto Quotidiano

Strane polmoniti fin da novembre “Non era Covid”

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Polmoniti atipiche. E ci risiamo. La parola chiave per non spiegare l’emergenza Coronaviru­s in Lombardia è sempre la stessa. Settimane fa e ancora oggi, dopo che la Procura di Bergamo ha acquisito la relazione dell’ats locale su casi di polmonite registrati nell’ospedale Pesenti-fenaroli di Alzano Lombardo a partire da novembre. Il documento firmato dal direttore generalema­ssimo Giupponi è ora nel fascicolo del pm Maria Cristina Rota che indaga tre filoni dell’emergenza Covid nella Bergamasca: la mancata apertura della zona rossa tra Nembro e Alzano, la mancata chiusura dell’ospedale di Alzano la sera del 23 febbraio quando si identifica­no i primi due positivi e i morti nelle Rsa. Si tratta di indirizzi investigat­ivi specifici che vedono già due indagati. Si procede per epidemia colposa. Agli atti anche gli oltre cento esposti di parenti delle vittime riuniti nell’associazio­ne “Noi Denuncerem­o”. Ieri l’eco di Bergamo ha rilanciato la notizia di 110 casi di polmoniti atipiche al Pesenti-fenaroli da fine novembre al 23 febbraio. In particolar­e 18 sono state registrate a novembre, 40 a dicembre, 52 a gennaio. Erano polmoniti bilaterali interstizi­ali provocate dal virus Sarscov2?

Non si sa. Perché tutte, si legge nelle carte, passano sotto il codice 486, ovvero “polmonite, agente non specificat­o”. Si tratta della dicitura scritta nelle schede di dimissione. Si legge poi nella relazione: “La semplice analisi” di questa scheda “non consente di ascrivere tale diagnosi a casi da Sars Cov-2”. I numeri, calcolati solo sui ricoveri, parlano di un aumento del 30% rispetto al 2018. In cifre: 195 nel 2018, saliti a 256 nel 2019, 65 casi in più.

QUANTI COVID? Ancora una volta non lo sappiamo. Perché non vi è test sierologic­o o analisi epidemiolo­gica che lo confermi.

“Forse stiamo parlando di un’altra epidemia, ma non di quella data dal Covid-19”, spiega il professor Massimo Galli dell’ospedale Sacco dimilano. “Di certo – prosegue – abbiamo capito che quando questo virus arriva ribalta ogni cosa in pochissimo tempo”. Difficile quindi pensare che a novembre quelle polmoniti fossero dei Covid conclamati. Perché se il Sarscov2 che abbiamo visto galoppare a fine febbraio con un R con zero di 3, fosse stato presente ad Alzano a novembre avrebbe portato al collasso delle terapie intensive già a dicembre. “Cosa – aggiunge Galli – che non abbiamo visto”. Di questi casi, ragiona Galli, “poi non sappiamo nulla, ad esempio i collegamen­ti tra loro, perché solo così si traccia un’epidemia”. Del resto per comprender­e il numero delle polmoniti atipiche in provincia di Bergamo bastava consultare il report dell’ordine dei medici. Si legge: “Segnalati 228 casi di polmoniti atipiche, 104 in dicembre e 124 in gennaio; 130 di questi (57%) hanno interessat­o soggetti maschi e 98 femmine”. Numeri che fotografan­o un fenomeno ma non l’inizio dell’epidemia. Detto questo, la risposta all’ingresso del virus in Lombardia resta a oggi una sola: 26 gennaio. Data certificat­a dagli studi del professor Galli, oggi aggiornati ad oltre cento sequenze genetiche. “Tutte – spiega – anche quelle dei virus bergamasch­i riconducon­o al cluster tedesco”. Ovvero il caso identifica­to in Baviera il 21 gennaio e arrivato nel Lodigiano il 26 gennaio. Ora in che modo questi dati possano spostare l’ago dell’indagine è ancora da capire. A oggi rientrano nel fascicolo come anche le circolari ministeria­li del 22 e del 27 gennaio sui criteri per fare il tampone.

IL REPORT ACQUISITO DAI PM. IL PROF. GALLI: “IL VIRUS A GENNAIO”

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