Lite sindacale a Palazzo Chigi: colpa del virus
Per tanti lavoratori italiani, lo smart working è stato l’unico modo per sfuggire al rischio Covid. Ma al personale della Presidenza del Consiglio, la modalità “agile” ha causato la perdita, temporanea, di un grosso privilegio. Vale a dire quella norma, a dir poco “generosa”, per la quale bastava una sola ora passata in ufficio oltre l'orario ordinario di lavoro per ottenere il pagamento degli straordinari in misura massima. A qualcuno tra i dipendenti di Palazzo Chigi non è andata giù, tanto che è stato presentato un ricorso per condotta anti-sindacale. Chiedono la possibilità di andare in sede oltre l'orario prestabilito – cosa finora negata – e di poter incassare lo straordinario.
Il benefit è previsto dal contratto collettivo del 2009. Ma pare che il ministero dell’economia non lo veda di buon occhio e sarà molto difficile farlo rientrare nel prossimo rinnovo. Ma per il momento è in vigore e fa le fortune di chi lavora negli uffici più alti della Pubblica amministrazione. L’emergenza coronavirus, però, ha cambiato anche la loro vita. Il capo del dipartimento Affari giuridici e legislativi ha emesso un ordine di servizio: l’accesso agli uffici è stato previsto per un solo giorno settimanale. Negli altri giorni, alcuni hanno operato da casa, altri sono stati esentati dal servizio. Naturalmente, non è stata permessa la permanenza negli uffici oltre l'orario ordinario e – giocoforza – gli addetti hanno dovuto dire momentaneamente addio al mega-straordinario garantito.
Il ricorso, firmato dall'avvocato Dorangela Di Stefano, se la prende non tanto con la sostanza, ma con la forma: il dirigente, infatti, ha preso la decisione in merito alla nuova organizzazione in modo unilaterale, senza una consultazione sindacale. Evidentemente una mossa dettata dall'emergenza. Ma ai sindacati non è piaciuta e ora vogliono che il giudice del lavoro di Roma la annulli. Per Palazzo Chigi, si tratta di una causa “infondata e temeraria”.