Atenei così al via Città universitarie senza fuori-sede
Atenei Come si riparte a settembre La strategia Corsi sdoppiati, protocolli e sedi aumentate Il ministero vuole fare tutto “in presenza”, ma la didattica online sarà la vera sfida
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presenza, tutto, dalle lezioni agli esami: l’università di settembre nelle intenzioni del ministro Gaetano Manfredi è questa. Ne ha parlato con i rettori della Crui (la Conferenza dei rettori italiani) nei giorni scorsi e lo ha ribadito nella prima uscita pubblica amilano, scelta come città simbolo. Oggi, gli atenei si dividono tra chi ha ripreso gli esami in presenza e chi preferisce aspettare ancora. A settembre, invece, la scelta dovrà essere condizionata solo da uno stato di effettiva necessità o impossibilità a fare diversamente. Le differenze territoriali saranno però inevitabili: gli atenei godono di un’autonomia ancora più ampia di quella di cui godono le scuole, soprattutto per quanto riguarda la didattica. Questo vuol dire che ognuno potrà organizzare la routine e le regole come riterrà più opportuno, purché si rifaccia alle linee guida del ministero e ai protocolli sanitari per prevenire e contenere la diffusione del Covid-19. Anche se la volontà è far tornare tutto a com’era prima, in realtà tutto potrebbe cambiare. E gli atenei più deboli potrebbero risentirne.
DIDATTICA BLENDED.
Di sicuro c’è che la didattica a distanza sarà messa “a sistema”: piattaforme, lezioni, materiali condivisi e anche banche dati trasversali: la teoria racconta che sia importante fare in modo che sia garantito l’ insegnamento anche agli studenti stranieri bloccati all’estero e che possa essere una valida alternativa nel caso di una nuova emergenza che potrebbe rendere impossibile per gli studenti italiani spostarsi tra le regioni o tra le città. Nella pratica però non è escluso che possa venire considerata una alternativa valida (e pratica) anche per gli altri studenti. Anche questo sarà a discrezione degli atenei ma, spiegano dal ministero, l’i ntenzione di Manfredi è mantenere saldo “il concetto di università come comunità”. Gli esami, salvo impedimenti gravi e dimostrabili, saranno in presenza. In mezzo c’è la possibilità che venga gradualmente meno la distinzione tra università tradizionali e telematiche.
PROTOCOLLO DI SICUREZZA.
Di certo si dovrà rispettare un protocollo di sicurezza contro il Covid-19 e la possibilità di nuovi focolai. È al vaglio del ministero della Salute e del Comitato tecnico-scientifico, conterrà regole molto simili a quelle già introdotte per gli uffici pubblici e in generale per la società civile: distanziamento, dispositivi di protezione, realizzazione di percorsi di entrata e uscita separati, regolazione degli orari di accesso, gestione organizzata dei flussi per i laboratori, le biblioteche e le mense. Come già per le scuole, i protocolli dovranno essere declinati in base alle caratteristiche delle diverse università.
TEST INGRESSO.
Si terranno in presenza i test di ingresso ai corsi di laurea gestiti a livello nazionale, come ad esempio i quiz di medicina. Per farlo, dovrà essere garantito il distanziamento e le linee guida prevedono che sia aumentato il numero delle sedi per svolgerli. In pratica, se prima gli aspiranti corsisti dovevano fare il test nella sede scelta per il corso, adesso potranno farlo nella sede universitaria più vicina al luogo di residenza. Per i test d’ingresso gestiti dagli atenei, invece, saranno le singole università a decidere se farli in presenza o a distanza.
RADDOPPIO DEI CORSI.
Per evitare assembramenti e fare in modo che gli studenti mantengano le distanze, una soluzione sarà quella di smembrare i corsi di fatto raddoppiandoli (magari in base al cognome, come già accade) e alternandoli durante la giornata o durante la settimana. Sarebbe una risposta anche alle recenti proteste contro la didattica mista che, secondo le centinaia di docenti universitari che hanno firmato una lettera-appello a Manfredi, avrebbe rischiato di riservare “l’insegnamento in presenza a pochi eletti”.
NO TAX AREA.
L’iniziativa più recente riguarda l’allargamento della “no tax area” per evitare il crollo delle immatricolazioni su cui ha dato l’allarme l’ultimo rapporto Svimez (i dettagli sono nell’articolo accanto). Sono stati stanziati 165 milioni di euro – a valere sul Fondo per il finanziamento ordinario – suddivisi in 50 milioni di euro per il totale taglio del contributo unico universitario per gli studenti con Isee entro i 20 mila euro, e in 65 milioni di euro destinati a coprire gli sconti fino all’80% per coloro che hanno un Isee tra 20-30 mila euro. Gli altri 50 milioni di euro sono destinati a ulteriori interventi di esonero “autonomamente definiti dalle università, in relazione alle condizioni specifiche di ciascun Ateneo”.
GLI ALTRI STANZIAMENTI.
Molti soldi per l’università sono arrivati con il decreto Rilancio. Sessantadue milioni sono destinati agli studenti che non hanno accesso a strumenti per la didattica telematica, insieme ai 50 stanziati col Cura Italia. Inoltre, serviranno a finanziare l’accesso da remoto a banche dati e a risorse bibliografiche e l’accesso a piattaforme digitali. Anche con l’intenzione di poter favorire l’interscambio di banche dati tra gli atenei. Previsti poi 40 milioni per rifinanziare il fondo integrativo statale per le borse di studio, cui se ne dovrebbero aggiungere altrettanti dalle regioni. Proprio a Milano, giovedì, gli studenti hanno protestato chiedendo che la Regione aumenti i fondi per coprire anche gli idonei esclusi che, hanno sottolineato, aumenteranno sempre più.