Concessioni Restano intoccabili i balneari (e i loro enormi introiti)
I CONTINUI avvicendamenti governativi hanno, tra i tanti effetti negativi, cancellato la memoria istituzionale. Leggo su Il Fatto dell’esistenza di una lobby di bagnini potentissimi, capaci addirittura di mettere d’accordo le opposte fazioni di una politica litigiosa. Chi è concessionario balneare ricorderà che, dinanzi il dilemma “canone fisso o variabile in funzione del fatturato” il governo scelse a più riprese la formula “mista”. E così i bilanci delle aziende balneari vennero sì gravati di un canone fisso congruo (in affitto lo Stato concede una striscia di spiaggia che sempre più spesso siamo costretti a ripascire), e di una parte variabile, rappresentata dall’iva al 22%: unica categoria turistica in campo nazionale ed europeo ad avere un’aliquota così alta (normalmente va dal 4 al 10%). Le strutture ricettive balneari sono le uniche a corrispondere la tassa di proprietà (Imu) sui beni ricevuti in affitto. Ecco che allora la lobby dei bagnini perde vigore in favore di altri potentati occulti. Quelli che vorrebbero appropriarsi del lavoro di trentamila famiglie di concessionari italiani per tutelare gli interessi di gruppi multinazionali o di chi ha facile accesso a capitali da ricollocare in mercato. Chissà dov’è finito il consenso che circonda le nostre imprese ogni volta che veniamo richiamati dalle istituzioni alle nostre responsabilità sociali, come dopo l’uragano Vaia (ottobre 2018). Così come, al termine del lockdown, con il nostro lavoro e senza lobby potenti, abbiamo lavorato per regalare lustro e prosperità a questo Paese.