Gli editori battono cassa allo Stato: la scusa è il Covid
La pandemia ha colpito le vendite dei giornali, che continuano a tracollare come avviene da lustri, ma a salvare gli editori è corso in aiuto l’inps. L’emorragia di copie della stampa pare inarrestabile – ma non per tutti – e il lockdo
wn ha ferito un settore già in ginocchio. La Federazione degli editori così nei mesi scorsi è andata con il cappello in mano dal governo. Gli aiuti di
Stato per la pandemia, secondo i primi decreti, riguardavano però solo le aziende che prima del coronavirus erano
“in buona salute”. Dunque ben poche tra quelle della Fieg. Dai e dai, l’8 aprile il ministero del Lavoro ha fatto la grazia: in una circolare ha precisato che “anche le imprese editrici di quotidiani, periodici e le agenzie di stampa a diffusione nazionale, avendo diritto alla sola Cassa integrazione straordinaria e nonostante siano iscritte all’inpgi, possono richiedere la Cassa integrazione in deroga Covid-19 erogata dall’inps ”, come pure “le aziende dell’emittenza radiotelevisiva che abbiano meno di cinque dipendenti”.
DOPO IL VIA LIBERA del governo alle richieste delle Fieg, la Federazione nazionale della stampa italiana, che è il sindacato unico dei giornalisti, il 9 aprile scorso ha tuonato chiedendo sì a Palazzo Chigi di “sostenere l'informazione” ma anche di dire “no all’abuso della Cassa integrazione”. La Fnsi ha affermato di ritenere che alla Cassa Covid “debbano avere accesso prioritariamente le piccole aziende editoriali e non quelle che appartengono a gruppi quotati” e “in via prioritaria le realtà non coperte dalla legge sull’editoria o che hanno esaurito gli ammortizzatori sociali di settore”.
Quando si tratta di bussare a denari, però, editori e giornalisti si mettono d’accordo sempre, anche in barba ( o grazie alle disattenzioni) del sindacato. Specie al Sole 24
Ore, testata pubblicata dalla società quotata di cui Confindustria è azionista di riferimento e nella quale la Fnsi conta pezzi da novanta. La redazione del Sole ha scioperato quando il comitato di redazione ha riferito che l’azienda avrebbe chiesto un taglio del costo del lavoro giornalistico del 25% (smentito dalla società), poi però dopo una due giorni di assemblea infuocata tra il primo e il 2 luglio ha approvato a maggioranza un accordo che limita il taglio degli stipendi al 13,3% circa con tre mesi di Cig Covid al 19%. L’altroieri l’intesa ha raccolto 109 favorevoli su 197 aventi diritto, con 26 contrari e 10 schede bianche. Il 30 giugno 2020 il cda del Sole ha rivisto il Piano industriale 2020-23: la versione precedente, approvata il 12 marzo, era troppo ottimista e non calcolava l’impatto del Covid. Nel nuovo orizzonte i ricavi attesi per il 2020 sono in calo rispetto al piano pre- Covid a 178 milioni rispetto ai precedenti 234, l’ebitda (il margine operativo lordo) da 40 a 15 milioni e l’ebit (l’utile prima degli interessi e delle tasse) da 24 milioni a -2. D’altronde già l’8 maggio il Gruppo 24 Ore aveva annunciato di voler chiedere (come anche altri editori) l’aiuto di Stato sotto forma di garanzia pubblica della Sace per una nuova linea di credito bancario sino a 46 milioni di euro.
La Cassa Covid è già stata utilizzata dai 54 cronisti dei
Corrieri di Arezzo, Rieti, Siena, Umbria e Viterbo degli Angelucci, dalle testate Mondadori Periodici con l’eccezione di Panorama , dalla Prealpina di Varese e da Tiscali News. A Mediaset è usata per il personale non giornalistico e punta a sfruttarla al 30% anche il gr up po
Class, mentre al 30% la sta già usando Italia Oggi. Sono circa 750 i giornalisti che la stanno usando e altri 250 sono pronti a farlo. Il fatto è che la Cassa Covid pagata dall’inps alleggerisce i conti dell’inpgi, la disastrata cassa di previdenza dei giornalisti, che ha
chiuso il 2019 con una perdita della gestione previdenziale principale di 154,1 milioni ( nono anno consecutivo in rosso, -147,6 milioni nel 2018) e un risultato netto finale in perdita per 171,4 milioni, nuovo record negativo. La crisi dei giornali e scelte legislative discutibili, come i reiterati prepensionamenti (1.121 quelli a fine 2019) hanno dissestato le pensioni dei giornalisti. Solo l’anno scorso nell’editoria si sono persi 865 posti di lavoro: 214 prepensionamenti, 651 contratti a termine non rinnovati, licenziamenti e mancate riassunzioni.
INTANTO
lo smart working impazza: al Giornale di Berlusconi si tratta sulla sua applicazione al 50% da settembre mentre c’è già un contratto di solidarietà del 20%, il
gruppo Gedi ( Repubblica e Stampa) lo usa a piene mani. In Rcs c’è il contratto di solidarietà per i periodici e per la
Gazzetta dello Sport: nel secondo semestre di quest’anno taglio degli stipendi del 13% per i redattori e del 17% dai caporedattori in su, mentre al
Corriere della Sera scattano 38 prepensionamenti e una Cigs da 2 giorni l’anno, mentre l’editore Urbano Cairo su 2,5 di milioni di euro tra stipendi e bonus nel 2019 ha ri
nunciato a 500 mila euro.
Il gruppo Riffeser (il presidente e ad Andrea Riffeser Monti presiede anche la Fieg) ha appena trasferito tutti i 200 giornalisti delle sue testate - Resto del Carlino,
Giorno e la Nazione - in una Srl con poche migliaia di euro di capitale e sta rinnovando il contratto di solidarietà, tra rumor di forti discussioni tra i membri della famiglia proprietaria su un possibile aumento di capitale. All’ansa, la prima agenzia di stampa italiana con 300 giornalisti (ma pochi anni fa erano oltre 400) dopo tre giorni di sciopero per la richiesta aziendale di 4 giorni di Cigs al mese si discute su 9 giorni di Cigs in sei mesi per i redattori e 11 per i caporedattori con 15 possibili prepensionamenti, dopo 60 uscite recenti e a fronte di 11 assunzioni bloccate nonostante 8 milioni di euro versato dall’agenzia alle aziende editoriali socie negli ultimi tre esercizi.
IL FATTO È CHE
nell’ultimo anno, secondo i dati Ads di maggio, tra copie cartacee e digitali Avvenire ha perso il 18% delle vendite, il Messaggero il 28,5%, le tre testate Riffeser il
Giorno- 34,5%, Resto del Car
lino - 13,5% e La Nazione -19,5%, Rep ub bli ca s eg na
-10,8%, La Stampa -16,4%, Il
Sole 24 Ore -3,9%, il Tempo
-27%, Il Giornale- 3% e il Corsera -7,9%. Le uniche testate con il segno più sono Il Manifesto (+ 18,3%), La Verità (+11,3%), Libero (+15,5%) e Il Fatto (+44,5%). Il Covid ha fatto male agli editori, ma non a tutti.
Cassa integrazione Estesa a 750 giornalisti la misura dell’inps dopo le pressioni della Fieg Coinvolti: Sole, Corrieri degli Angelucci e Ansa