Il Fatto Quotidiano

Promemoria/1

- Marco Travaglio

Romano Prodi, alla festa del quotidiano che in tempi ormai remoti fu la palestra dell’antiberlus­conismo, in piena sindrome di Stoccolma, assicura che non avrebbe nulla in contrario a un governo con Silvio Berlusconi e tutta Forza Italia, perché

“la vecchiaia porta saggezza”.

Non specifica se la porti a lui o a B.. Ma, a parte l’età (che non è sinonimo di amnistia o prescrizio­ne) e la saggezza (che non ci pare caratteriz­zare né lui né B.), restano alcune faccenduol­e stampate su libri di storia e sentenze definitive che parrebbero vagamente ostative all’ingresso di B. al governo.

1973. Silvio B. soffia Villa San Martino ad Arcore a un’or fana minorenne, Annamaria Casati Stampa, pagandola una miseria (per giunta in azioni di sue società non quotate: valore zero) grazie ai buoni uffici del protutore della ragazza, l’avvocato Cesare Previti, figlio di uno dei suoi amministra­tori-prestanomi. 1974-1976. B. ospita nella villa Vittorio Mangano, un mafioso palermitan­o della famiglia di Porta Nuova con vari precedenti penali, Vittorio Mangano, poi definito da Paolo Borsellino “testa di ponte della mafia al Nord”, travestito da “stalliere”: glielo aveva presentato l’amico siciliano Marcello Dell’utri, poi condannato definitiva­mente per concorso esterno in associazio­ne mafiosa, durante un incontro a Milano alla presenza di Stefano Bontate, capo di Cosa Nostra, e di altri boss del calibro di Francesco Di Carlo e Mimmo Teresi e del mafioso Gaetano Cinà. Mangano restò nella villa nonostante vi avesse organizzat­o un sequestro di persona, un paio di attentati dinamitard­i contro un’altra residenza berlusconi­ana e vi fosse stato arrestato ben due volte.

1975-1983. Nelle società finanziari­e che controllan­o la Fininvest (denominate “Holding Italiana” e numerate dalla 1 alla 37) confluisco­no 113 miliardi di lire (pari a 300 milioni di euro) di provenienz­a misteriosa, in parte in contanti. Negli stessi anni – secondo il finanziare Filippo Alberto Rapisarda, vari pentiti e il boss Giuseppe Graviano – Cosa Nostra entra in società con la Fininvest per le attività edilizie e televisive.

1978. Sivio B., presentato al maestro venerabile Licio Gelli dal giornalist­a Roberto Gervaso, si iscrive alla loggia P2 (poi sciolta dal governo Spadolini in quanto illegale ed eversiva) con la tessera numero 1816 e il grado di “apprendist­a muratore”. E inizia a ricevere, per i cantieri dimilano2, crediti oltre ogni normalità da Montepasch­i e Bnl, controllat­e entrambe da dirigenti piduisti; oltre a collaborar­e con commenti di economia e finanza al Corriere

della sera, controllat­o dalla P2. 1980. Una soffiata lo avverte di un’imminente visita della Guardia di Finanza in casa Fininvest.

Così B. scrive una lettera all'amico segretario del Psi Bettino Craxi:

“Caro Bettino, come ti ho acccennato verbalment­e, Radio Fante ha annunciato che dopo la visita a Torno, Guffanti e Cabassi, la polizia tributaria si interesser­à a me... Ti ringrazio per quello che crederai giusto fare...”.

1984. A maggio

B. è indagato a Roma con altri cento dirigenti di tv private per antenne abusive e interruzio­ne di pubblico servizio (interferen­ze con le frequenze dell’a e r oporto di Fiumicino) e viene interrogat­o dal vicecapo dell’ufficio Istruzione Renato Squillante. Lo accompagna il suo legale, Cesare Previti. Viene subito archiviato, mentre per molti altri imputati l’inchiesta si chiuderà solo nel 1992. Si scoprirà poi che B., Previti e Squillante hanno conti in Svizzera comunicant­i. A ottobre i pretori di Torino, Pescara e Roma sequestran­o gli impianti che consentono alle tre reti Fininvest di trasmetter­e illegalmen­te in “interconne­ssione”, cioè in contempora­nea con l’effetto-diretta in tutta Italia e dispongono che rientrino nella legalità irradiando i programmi in orari sfasati da regione a regione. B. auto-oscura Canale5, Rete4 e Italia1 fingendo che i giudici gliele abbiano spente e lanciando la campagna “Vietato vietare” a cura del confratell­o piduista Maurizio Costanzo. Craxi vara un decreto per neutralizz­are le ordinanze dei pretori e legalizzar­e l’i l le g a l i t à dell’amico. Il decreto però non viene convertito in legge perché la Dc lo ritiene incostituz­ionale. Craxi ne vara subito un secondo, minacciand­o la crisi di governo in caso di nuova bocciatura.

1988. B. denuncia per diffamazio­ne i pochi giornalist­i che hanno osato recensire la sua biografia non autorizzat­a Inchiesta sul

Signor Tv di Giovanni Ruggeri emario Guarino (Editori Riuniti). E, sentito come parte lesa dal Tribunale di Verona, racconta un sacco di frottole sulla sua adesione alla P2, datandola al 1981 (quando esplose lo scandalo) e negando

di aver mai pagato la quota di iscrizione. Invece si iscrisse nel 1978 e pagò regolarmen­te a Gelli la quota di 100mila lire. Così, da parte offesa, diventa imputato di falsa testimonia­nza dinanzi alla Corte d’appello di Venezia. Che sent en zi er à: “Il Berlusconi ha dichiarato il falso” e“compiutame­nte realizzato gli estremi obiettivi del delitto di falsa testim on i an z a”, ma “il reato va dichiarato estinto per interve

nuta amnistia” (appena varata nel ’90). Spergiuro e impunito.

1 98 9 - ’ 91 . Socio di minoranza della Mondadori controllat­o dalle famiglie De Benedetti e Formenton (oltre al ramo libri, possiede il quotidiano Repubblica, una catena di testate locali, i settimanal­i l’espresso,

Panorama edepoca), B. convince i Formenton a violare i patti con l’ingegnere e a cedere a lui le loro quote, diventando l’azionista n.1 e il presidente del gruppo. Un lodo arbitrale dà ragione a De Benedetti, ma B. lo impugna dinanzi alla Corte d’appello di Roma. E lì il giudice Vittoriome­tta lo ribalta, regalando la Mondadori a B. Una sentenza definitiva accerterà che Metta è stato corrotto da Previti con 400 milioni di lire in contanti provenient­i dai conti esteri della Fininvest (comparto occulto All Iberian). Previti e Metta saranno condannati, mentre B. “privato corruttore” se la caverà con la prescrizio­ne. Tangentist­a e impunito.

1990. Craxi e Andreotti impongono alla maggioranz­a di pentaparti­to la legge Mammì, cioè la tanto attesa riforma antitrust del sistema radiotelev­isivo. Peccato che non riformi un bel nulla, anzi fotografi il monopolio illegale di B. Infatti verrà chiamata “legge Polaroid”. Per protesta, si dimettono dal governo Andreotti i cinque ministri della sinistra Dc, fra cui Sergio Mattarella. Il divo Giulio li rimpiazza in una notte. Qualche mese più tardi, Craxi inizia a ricevere sui suoi conti svizzeri una cascata di soldi da quelli della Fininvest ( comparto occulto All Iberian): per un totale di 23 miliardi in pochi mesi. Dagli stessi conti All Iberian, fuoriescon­o in quei mesi centinaia di miliardi di cui la magistratu­ra non riuscirà a individuar­e i destinatar­i. Così, oltreché della carta stampata e dell’editoria libraria, B. si consacra padrone assoluto della tv commercial­e.

E questo è solo l’antipasto. (1 - continua)

ANTIPASTO ANDREOTTI, CRAXI FINO AL TRIONFO DEL BISCIONE

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