Valentini Il mojito al Bottegone
, ORMAI è un anno che Matteo Salvini non ne azzecca più una. Dall’ultimo tango con le cubiste al Papeete Beach di Milano Marittima, quando mise in crisi il governo con il M5S, il leader leghista sembra vittima di una sbornia da mojito che gli ha tolto lucidità. In preda allo choc da perdita di potere e di consensi, ora paragona il suo partito sovranista al Pci di Enrico Berlinguer, gettando nel panico le folle nordiste che recentemente hanno già disertato il raduno del centrodestra in piazza del Popolo, a Roma. In tomo trionfante, Salvini annuncia che la Lega prenderà sede in quella stessa via delle Botteghe Oscure, nel cuore della Capitale, che fu per molti anni il quartier generale comunista. Più che far “indignare”, come dice il capogruppo del Pd al Senato, Andrea Marcucci, questo accostamento fa ridere. Soltanto un’irrefrenabile pulsione autolesionistica può indurre il capo del Carroccio a una tale manifestazione di masochismo mediatico. Con il rischio che prima o poi si trasformi in un boomerang elettorale.
È fin troppo chiaro che, sentendo franare la terra sotto i piedi, l’ex Capitano vuole adescare gli orfani della vecchia sinistra. Ma il suo è diventato un populismo da “Bottegone”, un supermarket della politica in cui si vende e si compra di tutto a buon prezzo.