Entro domenica Aspi deve alzare l’offerta “O scatterà la revoca”
Ultimatumbocciate le proposte di Autostrade (ballano quasi 2 miliardi) Forse lunedì la riunione per chiudere la partita
Nel braccio di ferro tra governo e Autostrade per l’italia, arrivati al dunque, la politica scompare. E così tocca ai tecnici recapitare l’ultimatum al concessionario controllato dalla Atlantia dei Benetton: entro domenica dovrà consegnare una proposta “vantaggiosa per lo Stato”, altrimenti scatterà la revoca. Tre giorni, 72 ore per decidere. Il governo la valuterà nel Consiglio dei ministri ipotizzato già per lunedì, visto che – a due anni dal disastro del ponte Morandi di Genova – adesso ripete di “voler accelerare”, mentre la città si prepara a inaugurare il nuovo ponte che sarà riconsegnato ad Aspi se non si decide altrimenti.
AL TAVOLO
al ministero dei Trasporti si trovano gli uomini che da mesi negoziano sul dossier a livello informale. Da una parte i capi di gabinetto del Mit e del Tesoro, Alberto Stancanelli e Luigi Carbone, e il segretario generale di Palazzo Chigi Roberto Chieppa. Dall’altra gli amministratori delegati di Autostrade e Atlantia, Roberto Tomasi e Carlo Bertazzo. I tecnici chiariscono a voce che l’offerta spedita da Aspi nei mesi scorsi per chiudere la ferita del Morandi è “i n s u ffi c i e n te ”. Sempre a voce ( mai nulla è messo per iscritto) viene dettata la richiesta: alzare l’offerta economica, soprattutto sul lato delle tariffe. Tecnici e uomini di Atlantia decidono di non parlare dell’altro punto considerato dirimente fino a ieri: la cessione della quota di controllo di Autostrade da parte della holding dei Benetton e considerata, soprattutto dai 5Stelle, una condizione inderogabile per evitare la revoca.
Aspi finora ha offerto 2,9 miliardi. Di questi, però, solo 1,5 sono effettivi, destinati alla “riduzione delle tariffe”. Spalmati sui 18 anni di concessione, valgono un taglio di poco più del 2% annuo, molto poco per una concessione che è una miniera d’oro. Il governo ha chiesto di alzarlo di molto (intorno al 4%). E di accettare il nuovo sistema tariffario dell ’Autorità dei Trasporti. Quest’ultimo è un altro colpo per Aspi, visto che prevede la remunerazione (attraverso i pedaggi) solo degli investimenti davvero avviati e scarica sul concessionario i rischi in caso di calo del traffico (se invece aumenta, la tariffe deve scendere). I tecnici del governo, però, chiedono di migliorare anche l’offerta sulle misure compensative per il disastro del Morandi e sanzioni in caso di inadempimenti su controlli e manutenzioni. Quest’ultime dovranno anche salire rispetto ai 700 milioni in 5 anni offerti da Aspi. In totale, le richieste valgono almeno un altro miliardo e mezzo. E i Benetton dovranno anche rinunciare a qualsiasi contenzioso. Gli uomini di Atlantia lasciano il tavolo promettendo di inviare un’offer ta “sos tenibile” per il bilancio di Autostrade, zavorrata da quasi 9 miliardi di debiti e non più in grado di contrarre prestiti finché non si risolve il dossier.
La controproposta del concessionario sarà valutata dal Consiglio dei ministri, che in quell’occasione discuterà anche della cessione della quota di controllo da parte di Atlantia. Finora il premier Giuseppe Conte l’ha posta come misura inderogabile (da mesi si parla di un ingresso della Cassa depositi e prestiti e altri investitori). Ieri è stata tenuta fuori dalla riunione, scatenando la rabbia dei 5Stelle, ma non poteva essere altrimenti visto che senza un accordo sulle tariffe e l’indennizzo per il Morandi non è possibile fissare un prezzo per la quota di controllo di Aspi che Atlantia deve cedere.
GLI UOMINI
della holding controllata dai Benetton valutano infatti il concessionario a prezzo pieno, 14 miliardi, e quindi per cedere il controllo ne chiedono 7. Il governo non andrebbe oltre la metà e in ogni caso i 5Stelle hanno posto il veto sull’ipotesi che sia la Cdp a liquidare Atlantia con soldi pubblici (per questo da ieri circola perfino l’ipotesi che lo Stato entri con un aumento di capitale riservato).
Il Movimento, però, si è compattato sulla linea della revoca a tutti i costi e ha già recapitato il diktat a Conte (ieri in serata si è tenuto un vertice a Palazzo Chigi), forte anche della sentenza della Consulta che ha giudicato non illegittima la decisione di estromettere Aspi dalla ricostruzione post Morandi.
Nessuno si sente più di escludere l’ipotesi. Il Pd, che pure non si è mai convinto del tutto, fa sapere di essere pronto ad adeguarsi. Pienamente contrari restano solo i renziani di Italia Viva.
Convitato di pietra Al tavolo solo i tecnici e non si parla dell’uscita dei Benetton. Che tutti – a iniziare da Conte – considerano inevitabile