Il Fatto Quotidiano

Entro domenica Aspi deve alzare l’offerta “O scatterà la revoca”

Ultimatumb­occiate le proposte di Autostrade (ballano quasi 2 miliardi) Forse lunedì la riunione per chiudere la partita

- » Carlo Di Foggia © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Nel braccio di ferro tra governo e Autostrade per l’italia, arrivati al dunque, la politica scompare. E così tocca ai tecnici recapitare l’ultimatum al concession­ario controllat­o dalla Atlantia dei Benetton: entro domenica dovrà consegnare una proposta “vantaggios­a per lo Stato”, altrimenti scatterà la revoca. Tre giorni, 72 ore per decidere. Il governo la valuterà nel Consiglio dei ministri ipotizzato già per lunedì, visto che – a due anni dal disastro del ponte Morandi di Genova – adesso ripete di “voler accelerare”, mentre la città si prepara a inaugurare il nuovo ponte che sarà riconsegna­to ad Aspi se non si decide altrimenti.

AL TAVOLO

al ministero dei Trasporti si trovano gli uomini che da mesi negoziano sul dossier a livello informale. Da una parte i capi di gabinetto del Mit e del Tesoro, Alberto Stancanell­i e Luigi Carbone, e il segretario generale di Palazzo Chigi Roberto Chieppa. Dall’altra gli amministra­tori delegati di Autostrade e Atlantia, Roberto Tomasi e Carlo Bertazzo. I tecnici chiariscon­o a voce che l’offerta spedita da Aspi nei mesi scorsi per chiudere la ferita del Morandi è “i n s u ffi c i e n te ”. Sempre a voce ( mai nulla è messo per iscritto) viene dettata la richiesta: alzare l’offerta economica, soprattutt­o sul lato delle tariffe. Tecnici e uomini di Atlantia decidono di non parlare dell’altro punto considerat­o dirimente fino a ieri: la cessione della quota di controllo di Autostrade da parte della holding dei Benetton e considerat­a, soprattutt­o dai 5Stelle, una condizione inderogabi­le per evitare la revoca.

Aspi finora ha offerto 2,9 miliardi. Di questi, però, solo 1,5 sono effettivi, destinati alla “riduzione delle tariffe”. Spalmati sui 18 anni di concession­e, valgono un taglio di poco più del 2% annuo, molto poco per una concession­e che è una miniera d’oro. Il governo ha chiesto di alzarlo di molto (intorno al 4%). E di accettare il nuovo sistema tariffario dell ’Autorità dei Trasporti. Quest’ultimo è un altro colpo per Aspi, visto che prevede la remunerazi­one (attraverso i pedaggi) solo degli investimen­ti davvero avviati e scarica sul concession­ario i rischi in caso di calo del traffico (se invece aumenta, la tariffe deve scendere). I tecnici del governo, però, chiedono di migliorare anche l’offerta sulle misure compensati­ve per il disastro del Morandi e sanzioni in caso di inadempime­nti su controlli e manutenzio­ni. Quest’ultime dovranno anche salire rispetto ai 700 milioni in 5 anni offerti da Aspi. In totale, le richieste valgono almeno un altro miliardo e mezzo. E i Benetton dovranno anche rinunciare a qualsiasi contenzios­o. Gli uomini di Atlantia lasciano il tavolo promettend­o di inviare un’offer ta “sos tenibile” per il bilancio di Autostrade, zavorrata da quasi 9 miliardi di debiti e non più in grado di contrarre prestiti finché non si risolve il dossier.

La controprop­osta del concession­ario sarà valutata dal Consiglio dei ministri, che in quell’occasione discuterà anche della cessione della quota di controllo da parte di Atlantia. Finora il premier Giuseppe Conte l’ha posta come misura inderogabi­le (da mesi si parla di un ingresso della Cassa depositi e prestiti e altri investitor­i). Ieri è stata tenuta fuori dalla riunione, scatenando la rabbia dei 5Stelle, ma non poteva essere altrimenti visto che senza un accordo sulle tariffe e l’indennizzo per il Morandi non è possibile fissare un prezzo per la quota di controllo di Aspi che Atlantia deve cedere.

GLI UOMINI

della holding controllat­a dai Benetton valutano infatti il concession­ario a prezzo pieno, 14 miliardi, e quindi per cedere il controllo ne chiedono 7. Il governo non andrebbe oltre la metà e in ogni caso i 5Stelle hanno posto il veto sull’ipotesi che sia la Cdp a liquidare Atlantia con soldi pubblici (per questo da ieri circola perfino l’ipotesi che lo Stato entri con un aumento di capitale riservato).

Il Movimento, però, si è compattato sulla linea della revoca a tutti i costi e ha già recapitato il diktat a Conte (ieri in serata si è tenuto un vertice a Palazzo Chigi), forte anche della sentenza della Consulta che ha giudicato non illegittim­a la decisione di estromette­re Aspi dalla ricostruzi­one post Morandi.

Nessuno si sente più di escludere l’ipotesi. Il Pd, che pure non si è mai convinto del tutto, fa sapere di essere pronto ad adeguarsi. Pienamente contrari restano solo i renziani di Italia Viva.

Convitato di pietra Al tavolo solo i tecnici e non si parla dell’uscita dei Benetton. Che tutti – a iniziare da Conte – consideran­o inevitabil­e

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L’ultimatum
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