Il governo è al bivio Trattativa in salita: 5S decisi, Pd diviso
Exit strategy Di Maio: “Basta paure: decisioni nette”. I dem vorrebbero lasciare il gruppo socio di minoranza con Cdp
L’avvocato che fa il premier ha dato l’ultimatum ad Autostrade. Entro domenica, o al massimo lunedì mattina, vuole un Consiglio dei ministri sulla concessione, dove lui e i partiti dovranno decidere cosa fare, dopo aver rinviato troppe volte quella grane. Ma se Giuseppe Conte non troverà un punto di caduta nella sua frammentata maggioranza l’ultimatum potrebbero recapitarlo a lui. “Su questa storia può cadere un governo, a forza di rinviare ecco come ci siamo ritrovati” sibilano dalla pancia dei Cinque Stelle in un giovedì di afa e cattivi pensieri nella Roma dei Palazzi. E l’avvertimento è tutto per Giuseppe Conte, il presidente del Consiglio su cui il M5S continua a riversare sospetti. “Perché oggi sui giornali spiegava di attendersi proposte da Aspi, perché pensa di tenere i Benetton dentro la futura gestione?” si chiedono i
5Stelle.
TRADOTTO
, il premier non pensasse neanche di proporre ad Autostrade una semplice riduzione delle sue quote azionarie, magari cedendone parte a Cassa depositi e prestiti. “Non dobbiamo avere paura di prendere decisioni nette su Aspi” riassume Luigi Di Maio. Un messaggio innanzitutto per Conte, che non a caso in serata a palazzo Chigi riceve il capo politico reggente del M5S Vito Crimi e il viceministro al Mit Giancarlo Cancelleri: innanzitutto per rassicurarli sulla revoca e sulla questione quote. Ma le parole di Dimaio valgono anche per il Pd, che tiene bassi i toni, temendo che un movimento brusco faccia saltare tutto. Mentre Matteo Renzi va diritto: “Dopo due anni non si può continuare ad urlare revocheremo o cacceremo i Benetton, perché è impossibile da farsi”.
I dem hanno una linea abbastanza precisa. Il punto è convincere Autostrade ad accettare condizioni che ci tengono a definire “capestro”. La revoca a loro pare l’ultima spiaggia obbligata, mentre il vero obiettivo è ottenere dai Benetton più soldi possibile. Dunque a Aspi chiedono di accettare un nuovo sistema tariffario, molto meno vantaggioso di quello previsto dalla attuale concessione; una transazione che preveda 3 miliardi di investimenti aggiuntivi; e poi vogliono opere, manutenzioni gratis, penalità più alte per i ritardi. Non solo: sul tavolo c’è anche l’entrata di Cdp nel capitale societario, che porti i Benetton ad avere meno del 40%. Proprio questo è un punto ad oggi indigeribile per il Movimento. Però i dem temono non solo che i Benetton possano vincere in sede giudiziari, ma anche le conseguenze di un improvviso passaggio di mano della società. Il più possibilista rispetto a un’eventuale revoca è il sottosegretario all’ambiente, Roberto Morassut, comunque cauto: “Dalla gestione di Autostrade per l'italia sono emerse gravi inadempienze: il governo ha il diritto di valutare la possibilità di una revoca o di una radicale revisione delle concessioni”. Ma in mattinata aveva avvertito che “il rischio contenzioso a danno dello Stato è elevato”.
NON È UN CASO
che Morassut sollevi questioni tecniche. Perché il Pd non si vuole impiccare a una battaglia ideologica: “Per decidere sulla revoca bisogna basarsi su come si è comportata Autostrade, sui dati tecnici. Ed è una cosa che ci deve dire il governo”, fanno sapere dal Nazareno. Il problema è ancora una volta la “p alud e”. Ma se Roberto Gualtieri (Mef ) e Paola De Micheli (Mit) stanno conducendo una trattativa serratissima con i vertici di Autostrade, Nicola Zingaretti, in qualche modo si chiama fuori. Un modo anche per lasciarsi più di una via d’uscita e non arrivare a un muro contro muro. Anche perché far ingoiare ai Cinque Stelle sia la mancata revoca che il Mes è complicato. E non a caso ieri in diversi mettevano in correlazioni le due vicende, evocando possibili agguati o inciampi in Aula nei prossimi giorni. Così una fonte di governo del M5S indica una possibile via: “A noi per reggere ora serve almeno la revoca parziale, cioè quella del tratto ligure. Quanto alla quota azionaria dei Benetton, magari ci si potrà lavorare con più calma in una secondo momento”. Magari: se Conte e la sua maggioranza non si saranno fatti male prima.