Il Fatto Quotidiano

“I Benetton ci prendono in giro: così sarà revoca”

Verso la revoca Il premier per nulla soddisfatt­o della proposta di Aspi, avverte: “Per me c’è una sola scelta e ce l’hanno imposta loro”

- TRAVAGLIO

Dopo la proposta di Autostrade, il premier dice la sua sul dossier: “Per me c’è una sola decisione, l’hanno imposta loro”. I dubbi interni ai giallorosa: “La mia poltrona viene dopo”

Presidente Giuseppe Conte, è soddisfatt­o delle proposte di transazion­e di Atlantia, cioè della famiglia Benetton, per il nuovo assetto di Aspi, cioè di Autostrade per l’italia?

Per nulla e le spiego perché partendo dall’inizio. Due anni fa, dopo il crollo del ponte Morandi, abbiamo avviato la procedura di contestazi­one, mettendo in discussion­e la concession­e ad Aspi. La mia sensazione è che Autostrade, forte dei vantaggi conseguiti nel tempo e di una concession­e irragionev­olmente rinforzata da un intervento legislativ­o, abbia scommesso sulla debolezza dei pubblici poteri nella tutela dei beni pubblici. A un certo punto Aspi si è irrigidita confidando, evidenteme­nte, nella caduta del mio primo governo. Con questo nuovo governo si è convinta di avere forse delle carte da giocare e ha continuato a resistere. Solo all’ultimo si è orientata per una soluzione transattiv­a. La verità è che le varie proposte transattiv­e fatte pervenire da Aspi non sono soddisface­nti. Lo Stato ha il dovere di valutarle per lo scrupolo di tutelare l’interesse pubblico nel migliore dei modi possibili. Ma adesso dobbiamo chiudere il dossier ed evitare il protrarsi di ulteriori incertezze.

Ma l’ultima proposta sembra migliorati­va per lo Stato.

No. Proprio al fine di completare il procedimen­to, il 9 luglio si è svolta una riunione tecnica con il concession­ario Aspi: lì i tecnici del governo hanno esposto i contenuti minimi e assolutame­nte inderogabi­li che devono caratteriz­zare la proposta transattiv­a perché possa essere portata e discussa in Consiglio dei ministri. E sabato è arrivata una risposta ampiamente insoddisfa­cente, per non dire imbarazzan­te: tutto meno che un'accettazio­ne piena e incondizio­nata delle richieste del governo.

Ma l’azienda dei Benetton dice il contrario.

Le faccio qualche esempio. Manca l’impegno a manlevare la parte pubblica per tutte le richieste risarcitor­ie collegate al crollo del ponte Morandi. La somma di 3,4 miliardi offerta a titolo risarcitor­io e compensati­vo per quella immane catastrofe è stata in buona parte imputata da Aspi a interventi di manutenzio­ne che comunque il concession­ario ha già l’obbligo di realizzare.

Ma hanno accettato l’adeguament­o a un regime tariffario più convenient­e per gli utenti, no?

Sì, ma dopo che l’autorità di riferiment­o, l’art, ha adottato il nuovo piano tariffario, anche questo adeguament­o era dovuto. E per giunta la loro proposta tariffaria non contempla gli effetti sui minori ricavi per l’emergenza Covid-19, lasciando aperta anche questa partita. Non solo. È altrettant­o inaccettab­ile la pretesa di Aspi di perpetuare il regime di favore in caso di nuovi inadempime­nti degli obblighi di concession­e.

Che vuol dire?

Anche in caso di gravissime compromiss­ioni della funzionali­tà della rete autostrada­le imputabili ad Aspi, lo Stato non potrebbe sciogliere il contratto con Aspi, ma soltanto obbligare il concession­ario a ripristina­re la funzionali­tà della rete. Con la conseguenz­a che, se crollasse un altro ponte, non potremmo sciogliere la convenzion­e e, se mai lo facessimo, dovremmo rifondere Aspi con 10 miliardi di euro, e solo per l’avviamento. Quando ho letto la proposta ho pensato a uno scherzo.

Si sente preso in giro dai Benetton?

I Benetton non prendono in giro il presidente del Consiglio e i ministri, ma i famigliari delle vittime del ponte Morandi e tutti gli italiani. Non hanno ancora capito, dopo molti mesi, che questo governo non accetterà di sacrificar­e il bene pubblico sull’altare dei loro interessi privati.

Non c’è stata anche un’apertura dei Benetton a cedere la governance di Autostrade, cioè il 51% a una cordata pubblico-privata, e a far scendere la quota di Atlantia dall’88 al 37%? Questo prescinde dall’aspetto tecnico- giuridico e investe quello squisitame­nte politico. Lo Stato, se una parte della quota di Atlantia la rilevasse Cassa depositi e prestiti o un’altra società pubblica, entrerebbe in società con i Benetton. Appunto, ci ritroverem­mo “consoci” dei Benetton, i quali conservere­bbero le prerogativ­e dei soci e continuere­bbero a partecipar­e alla ripartizio­ne degli utili. Le pare normale?

La disturba che lo Stato diventi consocio dei Benetton?

Se devo esprimere una valutazion­e personale, alla luce di tutto quanto è accaduto, sarebbe davvero paradossal­e se lo Stato entrasse in società con i Benetton. Non per questioni personali, che non esistono, ma per le gravi responsabi­lità accumulate dal management scelto e sostenuto dai Benetton nel corso degli anni fino al crollo del Morandi e anche dopo.

Quindi ora che succede? Martedì porterò queste valutazion­i, insieme ai ministri con cui stiamo seguendo il dossier, in Consiglio dei ministri e ne discuterem­o con tutti i colleghi di governo.

Cioè, se Atlantia non esce da Aspi lei proporrà la revoca della concession­e. Non mi faccia anticipare la proposta che porterò in Consiglio dei ministri. Dico solo che, allo stato dei fatti, intravedo una sola decisione, imposta proprio da Autostrade.

Chi la accusava di appiattirs­i sul Pd ora dirà che è appiattito sui 5Stelle. Mah, se ne sentono di tutti i colori. Un giorno sono appiattito su una forza di maggioranz­a, l’indomani su un’altra. La veri

tà è che sono e mi ritroveret­e appiattito sempre e soltanto sull’interesse pubblico e sul bene comune.

Mezzo Pd e tutta Italia viva pensano che l’interesse pubblico sia lasciare la concession­e ai Benetton con qualche ritocco.

Non ho dubbi che tutti i ministri e le forze di maggioranz­a, quando saranno chiamati alla decisione ultima – e adesso ci siamo – sapranno valutare i conclamati inadempime­nti commessi da Aspi e l’incredibil­e dispendio di risorse pubbliche a vantaggio del privato che questa concession­e ha prodotto nel tempo, con gravissimi danni per tutti i cittadini.

Molti, a cominciare da Iv, paventano in caso di revoca un contenzios­o complicato che potrebbe costare allo Stato molti miliardi.

Pochi giorni fa la Corte costituzio­nale ha giudicato pienamente legittima la norma che avevamo confeziona­to per escludere Autostrade dalla ricostruzi­one del ponte Morandi, a causa della “eccezional­e gravità della situazione”. Quel crollo, le 43 vittime, i gravi danni causati alla comunità genovese, costituisc­ono un gravissimo e oggettivo inadempime­nto del concession­ario. In aggiunta abbiamo una lunga lista, accumulata nel tempo, di cattive o mancate manutenzio­ni, ordinarie e straordina­rie, della rete autostrada­le. Senza contare che in questi quasi due anni abbiamo acquisito vari pareri giuridici che ci confortano ai fini della revoca della concession­e: anzi, ci legittiman­o ad avanzare pretese risarcitor­ie molto consistent­i. Non è lo Stato che deve soldi ai Benetton, ma viceversa.

Il suo governo rischia grosso e lei lo sa bene.

Io occupo una poltrona per risolvere questioni cruciali come questa nell’interesse dei cittadini, non per tirare a campare o regalare privilegi ai privati.

Ma lei, Benetton a parte, vuole statalizza­re le imprese?

Sono cresciuto e sono stato educato nella cultura del libero mercato. Che però sia depurato da comportame­nti predatori e pratiche commercial­i scorrette. Detto questo, per favorire una pronta ripresa, dobbiamo e possiamo valutare azioni di sostegno alle imprese in difficoltà anche tramite interventi diretti dello Stato. Come stanno facendo anche altri Paesi europei. E per periodi limitati.

Voltiamo pagina. Molti ora la accusano di voler aggirare il Parlamento per prolungare lo stato di emergenza fino a fine anno, prendere i pieni poteri, forse anche rinviare le regionali sine die, con la scusa del Covid. La presidente del Senato Elisabetta Casellati dice che lei ha reso “invisibile” il Parlamento. Il giurista Sabino Cassese sul Corriere la paragona al modello Orbàn.

Chi evoca il modello Orbàn dice una sonora stupidaggi­ne. Io non ho né voglio pieni poteri. Le elezioni regionali si terranno nella data stabilita. E il Parlamento non è mai stato né sarà mai scavalcato. Ho già chiarito che, sulla proroga o meno dello stato di emergenza Covid, abbiamo tempo per decidere sino a fine luglio. Sarà una decisione collegiale del governo, che verrà poi sottoposta al doveroso passaggio parlamenta­re con un’ampia discussion­e pubblica. Questo governo ha dimostrato con i fatti, non a parole, di aver sempre rispettato le Camere, riferendo su ogni decisione e limitando, anche nella fase più acuta dell’emergenza, le misure precauzion­ali allo stretto necessario, all’insegna dei criteri di adeguatezz­a e proporzion­alità.

A che punto è il negoziato europeo sul Recovery Fund dopo il suo tour tra Spagna e Olanda?

Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha formulato una proposta di mediazione in vista del vertice del 17 e 18 luglio. L’aspetto positivo è che la sua proposta conferma l’ammontare del R e co v er y

Fund e la sua ripartizio­ne fra sussidi a fondo perduto e prestiti. Ma contiene alcuni aspetti critici che vanno superati. Confido che ciò avvenga già nella prossima riunione: il negoziato va finalizzat­o già entro questo mese.

Però il suo incontro col premier olandese Rutte è andato male.

Non direi, anzi, il clima era positivo. Sono orgoglioso per l’italia nel leggere che sia Rutte sia il premier austriaco Kurz riconoscon­o il nostro ruolo di apripista per le riforme struttural­i e l’accelerazi­one della spesa per investimen­ti, in modo da garantire una pronta ed efficace ripresa non solo all’italia, ma a tutta l’europa.

Lei gira l’europa e intanto in Italia i topi ballano. Di Maio incontra Draghi e, pare, Gianni Letta. Molti, da Prodi e Renzi a un pezzo del Pd, corteggian­o Berlusconi perché entri in maggioranz­a. La preoccupa questa frenesia di incontri fuori dal seminato della maggioranz­a?

Mah, l’unica “frenesia” che avverto io è quella di chiudere al più presto il negoziato europeo e far ripartire l’italia con il “Piano di rilancio” che stiamo ultimando. Mi curo poco degli incontri altrui. Io i miei li ho già fatti, insieme ai ministri, nelle due settimane degli Stati generali: con 122 sigle associativ­e, 34 personalit­à della società civile e molti cittadini, a cui abbiamo presentato e con cui abbiamo discusso 180 progetti. L’unica frenesia che adesso dobbiamo concederci è quella di attuare il maggior numero possibile di progetti nel minor tempo possibile.

Lei oggi incontrerà Angela Merkel. Che cosa le dirà?

Le dirò che le altre Istituzion­i europee hanno saputo cogliere l’importanza di questa fase storica e interpreta­re il proprio ruolo anche sul piano politico. Adesso tocca a noi: ai capi di Stato e di governo. Il Consiglio europeo non potrà né dovrà essere da meno.

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Il premier Giuseppe Conte
Trattativa fallita Il premier Giuseppe Conte
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Il Consiglio dei ministri che dovrà decidere su Autostrade
FOTO ANSA Domani Il Consiglio dei ministri che dovrà decidere su Autostrade
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I famigliari delle 43 vittime morte nel crollo del ponte Morandi, il 14 agosto 2018
FOTO ANSA/ LAPRESSE La protesta I famigliari delle 43 vittime morte nel crollo del ponte Morandi, il 14 agosto 2018

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