Il Fatto Quotidiano

“Caro Sala, no alle gabbie: dare forza alle città”

- PIERLUIGI BIONDI

Interpreto il pensiero del sindaco di Milano Beppe Sala come preoccupaz­ione per la sua città dove, come nel resto d’italia, la necessità di rimettere in moto virtuosame­nte l’economia locale spinge anche alla strenua difesa di esigenze particolar­i. Ma il tema è stato alimentato negli Anni ‘50 e ‘60 proprio dal sistema delle “gabbie salariali”, contestati­ssime e inique. Una sorta di “pezza a colori” messa lì per coprire l’incapacità dello Stato o per derogare alla responsabi­lità politica degli amministra­tori pubblici. Il problema non è guadagnare di più, ma raggiunger­e l’obiettivo di vivibilità. L’obiettivo deve essere il riequilibr­io generale che non passa per interventi temporanei, ma per investimen­ti che rilasciano alle aree interne il loro surplus. Sono quelle che durante l’emergenza Covid hanno dimostrato di essere isole felici, e che corrono il rischio di rimanere schiacciat­e nel “conflitto” secolare tra Nord e Sud. Con la

Carta dell’aquila, promossa il 23 novembre scorso insieme ad altri Comuni terremotat­i (come Avellino, Carpi e Ascoli Piceno), e sottoscrit­ta da circa 100 tra sindaci, intellettu­ali ed economisti, abbiamo posto l’accento sul contesto interno, luogo di decongesti­one e sempre più attenziona­to non solo per svaghi turistici, ma anche per insediamen­ti produttivi, ricerca, alvei di cultura sperimenta­le. Ci sono 4 assi su cui concentrar­e le politiche pubbliche: cultura, turismo, innovazion­e e formazione. È l’italia delle aree interne che non chiede un aumento di stipendio, pur dovendo combattere con la carenza delle infrastrut­ture, la mancanza di servizi e peso fiscale da nababbi. Oggi lo Stato deve infrastrut­turare, materialme­nte e immaterial­mente, queste aree, renderle raggiungib­ili, promuovere la detassazio­ne per incentivar­e il ripopolame­nto. La sfida è il “glocale”, sono i servizi, le gabbie - questa volta sì - fiscali, la creazione di luoghi dove è bello nascere, vivere e invecchiar­e, e non lotte individual­i che hanno tanto un sapore desueto e affatto futuribile.

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