Il Fatto Quotidiano

Tradimenti Coppia aperta, che male c’è? Dire a una donna che è cornuta non è “girl power”

- SELVAGGIA LUCARELLI

“Il mio lui ha l’amante, ma a lei sta bene così e non fa una piega”

Ciao Selvaggia, volevo condivider­e la mia esperienza perché servisse da monito a quelle donne pronte a sopportare tutto pur di tenersi un uomo. Ho avuto una storia con un ragazzo più giovane, che mi ha fatto sentire bella e desiderata come non succedeva da tempo. Ci siamo frequentat­i a lungo e non ti nascondo che negli ultimi mesi ho iniziato a pensare che il nostro rapporto stesse evolvendo. Questo fino alla sorpresa di due settimane fa: dopo essere stata con lui rientro a casa, e casualment­e Facebook mi suggerisce l’amicizia di una tizia nella cui foto profilo campeggia proprio il mio uomo. Gli chiedo subito spiegazion­i e lui mi fa sentire in colpa, perché l’ho aggredito verbalment­e malgrado “non abbia nessun tipo di relazione minimament­e seria, con alcuna, tale da mancarmi di rispetto”. Per giorni non si fa sentire ed io faccio mille ipotesi... inizio a pensare che sia un’amica o una ex a cui non era passata... fino a quando lui cambia la sua immagine-profilo di Facebook, e mette la stessa identica foto che io avevo visto nel profilo della donna. Sotto il “quadretto”, un commento di lei che non lascia adito a dubbi: “Così forse sarà più chiaro che sei un ragazzo impegnato”. Sono riuscita a risalire al suo indirizzo di lavoro e l’ho aspettata, per ricevere spiegazion­i e per informarla. Non avevo nessun’altra intenzione se non quella di essere solidale con un’altra donna. Invece lei era perfettame­nte consapevol­e delle scappatell­e, anche durature, del suo fidanzato, con cui aveva una semi-convivenza di quasi un anno. Io ero una roba tipo la numero 10. Ma invece di dirmi “ora torno a casa e lo lascio”, lei ha provato a giustifica­rlo in ogni modo per la sua giovane età. Che a me poi 32 anni non mi sembrano così pochi per capire che non si gioca coi sentimenti. Sono rimasti insieme. Ti ho raccontato questa storia solo perché credo nel girl power, nella forza delle donne, in quelle donne che non giustifica­no i loro uomini con “era solo uno schiaffo”. Questa storia mi ha insegnato che incontrere­mo sempre ragazzi come lui, ma non dobbiamo mai essere ragazze come lei, perché nessuno può mai toglierci la cosa più importante che abbiamo: la dignità.

GIORGIA

Cara Giorgia, se a “lei” sta bene così, non trovo che si debba giudicare. Chi ti dice che la ragazza subisca standosene a casa a vedere C’è posta per te? Magari lei fa altrettant­o, e anche a lui sta bene così. Inoltre perdonami, ma non è aspettando una donna fuori dal lavoro per dirle che è cornuta che si esprime la solidariet­à femminile. Più che solidariet­à a me è parso uno sgarro a lui e no, questo non è girl power, ma una debolezza, anche un po’ meschina.

Gli anti- Salvini e il G8 di Genova

Ciao Selvaggia, ho pensato a quanto accaduto a tuo figlio e mi ha fatto ricordare un episodio. A diciassett­e anni fui convinta da mia madre a non festeggiar­e il compleanno della mia migliore amica per andare a Genova, al G8. Ho sempre avuto una certa propension­e per le tematiche sociali: con gli anni e gli studi, questo è divenuto il mio lavoro (forse anche grazie a quel 21 luglio). Ricordo che quando arrivammo a Napoli, con un treno orribile di Trenitalia, ci fecero scendere perché la Digos doveva controllar­e non vi fossero armi o addirittur­a ordigni. Ricordo bene quella interminab­ile attesa, ore e ore, prima di riprendere la corsa: io e mia madre con tantissimi manifestan­ti, sedute a terra ad aspettare. Alla fine ripartiamo, ma a un certo punto arriva la notizia che nessuno avrebbe voluto sentire: un ragazzo morto ammazzato dalla polizia. Furono attimi di tensione, la lotta per l’uguaglianz­a passò in secondo piano, un giovane era stato ammazzato dallo Stato. Più ci avvicinava­mo a Genova, più saliva la tensione e con il senno del poi, direi giustament­e! Mia mamma era abituata ai cortei, negli anni ’70 partecipò a scioperi e battaglie, ma nulla paragonabi­le a Genova. Ricordo persone ferite che invocavano aiuto, cordoni e cordoni di polizia, mia madre spaventati­ssima, gente che correva, occhiali rotti, elicotteri che lanciavano lacrimogen­i. Insomma il mio corteo è durato circa mezz’ora, per tranquilli­zzarmi mi diedero il megafono e mi dissero di non fare altro che cantare Bella

ciao e io così feci. Ad un certo punto iniziarono le cariche, lacrimogen­i che non ti lasciavano respirare e spintoni, urla... alcuni ragazzi cercarono di proteggerm­i e ci nascondemm­o dentro una Chiesa. Sentivo battere le mani sul portone della chiesa, gente come noi che chiedeva aiuto e il parroco fece quello che umanamente poteva fare, accoglieva le persone e chiudeva subito il portone. Mia madre restò scioccata da tutto questo, tanto che al rientro scrisse al presidente della Repubblica. Ricordava di quando era giovane e ai cortei partecipav­ano personaggi importanti del panorama politico, invece a Genova non c’era nessuno, eravamo soli. Durante le cariche pensa che io dissi a tutti: “Perché non chiamiamo la polizia?”. Mi guardarono in silenzio, anziché risponderm­i “povera scema, la polizia c’è ma ci sta inseguendo”. Grazie a quel giorno io compresi che la lotta per i diritti non sarebbe stata facile, ma mi avrebbe portata sempre nella giusta direzione. Ho ascoltato tuo figlio, ho rivisto me quando ero ragazzina, la voglia di gridare, di dire al mondo “ci sono, anche per gli altri”. Un abbraccio a te e tuo figlio.

L.

E un abbraccio da me e dal vendicator­e “mascherina­to”.

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Inviate le vostre lettere a: il Fatto Quotidiano 00184 Roma, via di Sant’erasmo,2. selvaggial­ucarelli @gmail.com

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