Il Fatto Quotidiano

MONDO NUOVO, IDEE VECCHIE (E NON ANDRÀ PIÙ TUTTO BENE)

- » Carlo di Foggia

L’Italia si avvia all’autunno povera di idee mentre i dati indicano una recessione senza precedenti. Si stima un calo del Pil di oltre il 10% nel 2020. A maggio si sono persi rispetto a febbraio 500 mila posti di lavori (90% precari), con 307 mila disoccupat­i in più e il tasso di occupazion­e che ha fatto un balzo all’indietro di anni. Un terzo delle imprese, dice Istat, è a rischio di sopravvive­nza, mentre (dati Bankitalia) un terzo delle famiglie con contratti precari ha visto crollare il reddito del 50% e non ha disponibil­ità per affrontare per più di tre mesi le spese essenziali.

In tutto questo una vera strategia fatica a emergere. Il governo ha concentrat­o gli sforzi nell’accelerare gli affidament­i negli appalti pubblici, anche sacrifican­do la concorrenz­a. Il resto del dibattito è assorbito dalla “riforma fiscale”, vero e v e rgreen dell’ultimo trentennio. In questo scenario, la parte considerat­a “di sinistra” dell’esecutivo sta ormai chiudendo il gap ideologico con la destra. La ricetta - espressa da economisti di area dem - è che sarebbe un grave errore prorogare fino a fine anno la cassa integrazio­ne Covid e il blocco dei licenziame­nti introdotti nel lockdown. A fronte di uno shock temporaneo, la distruzion­e stabile di capitale umano è un rischio accettabil­e per consentire la ristruttur­azione del sistema produttivo e va evitata con le “politiche attive”. Per chi soccombe c’è sempre un sussidio. L’ex presidente Inps, Tito Boeri, l’economista preferito da Repubblica , ci dice anche che il blocco dei licenziame­nti “penalizza i giovani”, di fatto perché evita di far licenziare i vecchi. È il contrario di quel che la letteratur­a economica consiglia per evitare che uno shock transitori­o generi effetti permanenti. Eppure l’idea che dei lavoratori debba occuparsi il mercato (ma non delle imprese, per carità) resiste anche al Covid. E infatti si chiede pure mano libera sui contratti precari.

A fare da cornice c’è la battaglia europea sul recovery fund, di cui la gran parte dei fondi non arriverà in tempi brevi, mentre i Paesi del Nord spingono per ripristina­re il patto di stabilità che impone politiche di austerità. Le possibilit­à future sono legate alle scelte che si faranno ora. La politica non sembra avere grandi idee. Che almeno non si affidi a quelle (solite) sbagliate.

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