MONDO NUOVO, IDEE VECCHIE (E NON ANDRÀ PIÙ TUTTO BENE)
L’Italia si avvia all’autunno povera di idee mentre i dati indicano una recessione senza precedenti. Si stima un calo del Pil di oltre il 10% nel 2020. A maggio si sono persi rispetto a febbraio 500 mila posti di lavori (90% precari), con 307 mila disoccupati in più e il tasso di occupazione che ha fatto un balzo all’indietro di anni. Un terzo delle imprese, dice Istat, è a rischio di sopravvivenza, mentre (dati Bankitalia) un terzo delle famiglie con contratti precari ha visto crollare il reddito del 50% e non ha disponibilità per affrontare per più di tre mesi le spese essenziali.
In tutto questo una vera strategia fatica a emergere. Il governo ha concentrato gli sforzi nell’accelerare gli affidamenti negli appalti pubblici, anche sacrificando la concorrenza. Il resto del dibattito è assorbito dalla “riforma fiscale”, vero e v e rgreen dell’ultimo trentennio. In questo scenario, la parte considerata “di sinistra” dell’esecutivo sta ormai chiudendo il gap ideologico con la destra. La ricetta - espressa da economisti di area dem - è che sarebbe un grave errore prorogare fino a fine anno la cassa integrazione Covid e il blocco dei licenziamenti introdotti nel lockdown. A fronte di uno shock temporaneo, la distruzione stabile di capitale umano è un rischio accettabile per consentire la ristrutturazione del sistema produttivo e va evitata con le “politiche attive”. Per chi soccombe c’è sempre un sussidio. L’ex presidente Inps, Tito Boeri, l’economista preferito da Repubblica , ci dice anche che il blocco dei licenziamenti “penalizza i giovani”, di fatto perché evita di far licenziare i vecchi. È il contrario di quel che la letteratura economica consiglia per evitare che uno shock transitorio generi effetti permanenti. Eppure l’idea che dei lavoratori debba occuparsi il mercato (ma non delle imprese, per carità) resiste anche al Covid. E infatti si chiede pure mano libera sui contratti precari.
A fare da cornice c’è la battaglia europea sul recovery fund, di cui la gran parte dei fondi non arriverà in tempi brevi, mentre i Paesi del Nord spingono per ripristinare il patto di stabilità che impone politiche di austerità. Le possibilità future sono legate alle scelte che si faranno ora. La politica non sembra avere grandi idee. Che almeno non si affidi a quelle (solite) sbagliate.