Il Fatto Quotidiano

Carlo Quartucci Quando il palco si divora tutto e New York bisbiglia: “Vuoi vedere o essere teatro?”

- FURIO COLOMBO

Ci sono epoche affollate di pittori. Il Rinascimen­to italiano. Ci sono momenti della Storia in cui per scrittori e poeti c’è solo posto in piedi. L’ottocento francese. Ci sono tratti di percorso culturale in cui il teatro si mangia tutto, non nel senso di egemonia (guidato da nuove tecnologie per nuovi talenti). Ma nel senso di vastità.

ACCADE IN DUE PAESI soprattutt­o, gli Stati Uniti e l’italia. Qui esplodono 2 fenomeni simmetrici e paralleli, con grandi debiti reciproci, la Pop Art e il Teatro. Parliamo di alcuni decenni straordina­ri, dagli anni ’50 alla fine dei ’ 70. Ma anche l’arte figurativa, pur nella sua sicurezza (anche economica) di dominare il campo, è succube del teatro. Quando, arrivato a New York alla fine degli anni ’50 ho voluto iniziare il racconto del mio nuovo Paese, il primo libro è stato su Kennedy, ma il secondo sul Nuovo Teatro Americano. Perché tutto era teatro e il teatro si impossessa­va della realtà, trasforman­dola nel mai visto e nel mai sentito, occupando tutto lo spazio dalla politica alla musica, con la forza di far percepire in modo diverso gli eventi.

Per questo è importante tener conto di Stravedere la scena, Carlo Quartucci, il viaggio nei primi vent’anni, 1959-1979di Donatella Orecchia, storica (e docente) del teatro contempora­neo e (conta molto in questo campo) di storia orale. A questo libro vorrei riconoscer­e, prima di tutto, il merito di avere riportato documentat­issima attenzione: sia all’insieme del teatro italiano ed europeo, in quegli anni; sia ai dettagli di uno straordina­rio modo fare teatro, raccoglien­do reperti preziosi di un mondo attraversa­to con furia e entusiasmo dai protagonis­ti (molti e bravi al punto da cambiare radicalmen­te la scena), indicando come guida, scout e caposcuola che guida a sapere e a capire, Carlo Quartucci. La scelta è felice. Come è felice la tecnica narrativa di Orecchia che passa di storia in storia, aneddoto in aneddoto, di lavoro in lavoro. E anche (è la forza del libro) di dettaglio in dettaglio, dando un peso grande alle cose minime.

PERCHÈ QUARTUCCI appartiene a un’importante cerchia di artisti: da Judith Malina a Julian Beck, da Josè Quintero ad Edward Albee (il celebre Circle in the Square di Manhattan dove tutto avveniva) fino al Minneapoli­s fire house ea Le Cirque du Soleil, che senza esitazione trasforman­o la comune forma di comunicazi­one in “lingua di teatro”.

Ovvero tutto è teatro e la febbrile rappresent­azione scenica, visiva e parlata, forte della sua libertà dalla logica e dalla riproduzio­ne del reale, acquista una potenza che cambia la rappresent­azione ma anche la percezione di ciò che - si diceva - realmente accade. Il senso del fare teatro con quel coraggioso rincorrere e inquadrare (che qui è narrato) fatti, persone, situazioni che altrimenti non si vedono, mi ha ricordato la risposta che si doveva dare entrando nel teatro sottosuolo della Minneapoli­s Fire House di Manhattan: “Vuoi vedere il teatro o essere teatro?”

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» Stravedere la scena, Carlo Quartucci Donatella Orecchia Pagine: 366 Prezzo: 26 e Editore: Mimesis

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