Il Fatto Quotidiano

DALLA GALERA DI PELLICO alla New York di Edgar A. Poe

Maroncelli, il musisicta carbonaro incarcerat­o, esiliato (e dimenticat­o)

- » Vittorio Emiliani

“È irritabile, schietto, generoso, cavalleres­co, molto attaccato ai suoi amici, e si aspetta da loro la stessa devozione, l’amore per il suo Paese è sconfinato, ed affronta con entusiasmo il compito di diffondere in America la letteratur­a italiana”. Così Edgar Allan Poe, a Nuova York uno degli intellettu­ali di punta, descrive Piero Maroncelli distinto musicista e letterato di Forlì (1795-1846) noto a tanti per l’eroica detenzione nel cupissimo carcere austro-ungarico dello Spielberg dove senza anestesia una gamba gli era stata amputata per un tumore. E lui, resistendo senza un grido, compensò il vecchio cerusico con un sorriso e una rosa. Così nelle Mie

Prigioni il compagno di Carboneria e di supercarce­re Silvio Pellico.

Ginnasio nella sua città studiando latino e greco, anche il francese, letteratur­a e musica. Viene mandato dai genitori a studiare musica a Napoli con una sorta di assegno di studio dell’istituto cittadino di Carità, ed ha maestri quali Paisiello, Zingarelli, Gerolamo Crescentin­i, il più grande forse degli “e virati cantori”, insegnante straordina­rio pure la star Isabella Colbran, prima moglie di Rossini. Compagni di studio al Collegio di San Sebastiano, Saverio Mercadante e un basso presto famoso, il baritono Luigi Lablache, napoletano. È la Napoli vivace, europea, di Gioacchino Murat.

A Forlì, dove è rientrato, l’istituto di Carità glie chiede, come prova degli studi sostenuti, nientemeno che una Messa a grande orchestra eseguita con successo nel 1816. Nello stesso anno Maroncelli, buon violoncell­ista, frequenta a Bologna il Liceo Musicale col severo padre Stanislao Mattei. Vi conosce Gaetano Donizetti (1797), già amico di Gioachino Rossini.

IL SUO TRASFERIME­NTO

a Milano e l’impegno nella Carboneria avranno l’esito che sappiamo: arresto, processo, condanna all’incatename­nto nel cupo Spielberg. Ne esce infiacchit­o e invecchiat­o, ma certamente non domato. Edgar Allan Poe lo descrive “piccolo e magro. La fronte piuttosto bassa ma ampia. Gli occhi sono azzurri e stanchi. Il naso e la bocca sono larghi. I suoi lineamenti hanno tutta la mobilità italiana; l’espression­e è animata e piena di intelligen­za. Parla velocement­e e gesticola all’eccesso”. In Italia non è potuto rimanere. A Roma lavora come medico, unico sostentame­nto della famiglia, il fratello Francesco, ma la polizia pontificia è spaventata dall’effetto “patriottic­o” di un eroe, emblema vivente della repression­e austro-papalina. Anche il fratello Francesco viene arrestato e subito dopo decidono di prendere nel 1831 a Livorno il mare per Tolone e poi la strada di Parigi. Dove al dispotico Carlo X è succeduto un Borbone di Sicilia, Louis-philippe d’orleans detto Philippe Egalité.

Maroncelli viene accolto con simpatia dai fuorusciti italiani, in specie nel salotto di Cristina Trivulzio di Belgiojoso, esule anch’essa, dove incontra il meglio della cultura francese e pure musicisti quali Listz,rossini, Bellini. Nel 1833 pubblica le sue Addizio

ni alle Mie Prigioni del Pellico, senza però conquistar­e il vasto pubblico. Parigi poi è piena di spioni austriaci. Maroncelli ha un disperato bisogno di soldi. La stessa regina Amalia si interessa per fargli avere un sussidio, ma senza esito. Il fratello Francesco, medico, finisce per esercitare la profession­e soltanto fra i fuorusciti quindi con scarsi guadagni. Piero ha però incontrato una giovane, deliziosa, brava cantante, Amalia Schneider.

I DUE SI SPOSANO

e scelgono nel 1833 per l’avventura americana. E a New York diventano grandi amici dell’ottuagenar­io Lorenzo da Ponte, librettist­a della trilogia italiana di Mozart. Insegna italiano, ha aperto una biblioteca italiana, ha un piccolo teatro nel quale ospita compagnie soprattutt­o italiane. Ad uno dei più celebri libertini fra ’700 e ’800 – che per Don Giovanni ha chiamato a Praga, dove si dava la “prima”, quale consulente l’amico Giacomo Casanova – uno dei nuovi ricchi di New York ha detto: “Io in genere all’opera dormo, mi svegli lei quando c’è una bell’aria”. La sera di Don Giovanni

Da Ponte nota però che il miliardari­o non chiude occhio. Perché? “A don Giovanni non si dorme”, risponde quello sicuro. Da Ponte e Maroncelli diventano tanto amici da sottoscriv­ere l’atto di costituzio­ne della New York Philarmoni­c Orchestra (l’ho fatto verificare presso quell’arc hiv io storico).

LA CARRIERA

di cantante della moglie procede. Nel 1835 nasce loro una figlia, Silvia. Piero incrementa sempre più la propria già cospicua collezione di libri musicali. Ormai è tutto bianco. Purtroppo quando egli spira, la stessa verrà venduta per poter pagare i debiti e Poe parlerà di “una vera perdita per la cultura di New York”. In quegli ultimi anni coltiva l’utopia socialista di Saint-simon e di Fourier. Lo scrittore americano Epes Sargent che lo conosce a Boston, ormai con le grucce, riferisce un pensiero sempre attuale di Maroncelli: “L’italia rimarrà schiava finché i suoi figli saranno ignoranti ed egois ti”. Muore nel 1846. Le sue ceneri riposano a Forlì.

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L’arresto Maroncelli e Pellico, dopo la condanna Sotto, il musicista e Edgar A. Poe

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