Il Fatto Quotidiano

• Truzzi Vuoti da lavoro smart

- SILVIA TRUZZI

Sono 26 mila metri quadrati di facciata, 5 mila cellule vetrate che insieme fanno il Curvo, il grattaciel­o progettato dall’architetto Daniel Libeskind che qualche giorno fa è stato ultimato nel quartiere City life, Milano. I giornali hanno scritto che il gigante di vetro (si sviluppa su 39 piani, per 175 metri) in autunno “ospiterà la nuova sede milanese del Gruppo PWC, grande società di consulenze”. Contiamo che sia così, perché - nonostante le rassicuraz­ioni degli esperti del settore immobiliar­e - quel che si mormora in città non fa ben sperare: sarà forse la suggestion­e dalle grandi torri disabitate, dal silenzio delle saracinesc­he, dal panorama della città, mai deserta come in queste settimane? Le grandi aziende stanno aspettando di capire come e quando saranno prorogati il blocco dei licenziame­nti e la cassa integrazio­ne. Il timore è che appena il blocco decadrà, i posti di lavoro verranno decimati. Intanto, in questo tempo sospeso, vige lo smart working, che in parte può spiegare le città vuote e che divide molto l’op i ni on e pubblica. Per mesi è stato una scelta obbligata, ora rischia di essere la scusa per risparmiar­e sui costi (servizi, affitti, benefit ai lavoratori). Si sprecano, sui giornali, fiumi di parole sul “progresso che non si può fermare”. Che ogni progresso porti a un migliorame­nto delle condizioni di vita e convivenza sociale è tutto da verificare, come dimostrano questi ultimi anni. La grande domanda ora è questa: alla fine del tempo sospeso, i grattaciel­i torneranno a riempirsi? Forse no. L’idea di molte aziende è quella di affittare spazi per riunioni una

tantume per il resto continuare col lavoro da casa.

NON È SOLO L’INDOTTO

di queste grandi aggregazio­ni di uffici a preoccupar­e – e quindi i bar, i ristoranti, le palestre, i negozi di prossimità che si affollavan­o durante le pause pranzo – ma soprattutt­o la nuova “flessibili­tà” che rischia di diventare un boomerang per i lavoratori. Ne parlava ieri su Repubblica Milano, l’architetto ingegnere Carlo Ratti “che da anni lavora sul futuro delle città” e oggi per il World Economic Forum è copresiden­te del “Future Council” su città e urbanizzaz­ione. I toni farebbero la felicità di Crozza-fuksas: “È una sorta di pendolare dei continenti”, ci spiegano perché, dopo il loc

kdown a Boston, sta facendo smart working in giro per l’europa: “Sono stato in Piemonte, a Parigi, ora su un’isola greca”. Quanto ai contenuti, sono questi: “Con lo

smart working, in teoria potresti anche trasferirt­i a Rocca Canotta e andare a Milano solo due volte alla settimana, ma se ti piace mangiare giapponese, se vuoi vedere gli amici, andare a teatro, a una mostra o a un foam

party, chi te lo fa fare? Milano manterrà la sua attrattivi­tà, ma la maggiore flessibili­tà ci porta a capire come trasformar­e una grande città”. E ancora: “La nuova flessibili­tà permette di vivere meglio anche lo spazio urbano. Il problema della città del 900 era quello di Fantozzi. Vi ricordate il ragioniere che cerca di salire sul bus e non ci riesce perché tutti prendono lo stesso mezzo nello stesso momento o tutti vanno in vacanza partendo lo stesso giorno alla stessa ora? Ecco, la grande questione sarà capire come, grazie alla flessibili­tà permessa dalle nuove tecnologie, riusciremo a ridurre i picchi, un po’ come è accaduto con l’indice del contagio. Vale per il traffico, per l’energia, per l’inquinamen­to”. Varrà anche per i licenziame­nti, le riduzioni di paga e dei diritti che sono all’orizzonte? A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca, dice il proverbio. Magari non è vero, però non vorremmo che in un momento così insidioso le decisioni venissero lasciate al mercato, rinviando quella che non è affatto “una questione privata” – lavorare come, dove, quanto – a quando i buoi saranno già scappati e non si potrà che prendere atto di scelte già prese.

IL “CURVO” TERMINATO IL PALAZZO DI LIBESKIND: È DESTINATO AL COLOSSO PWC, FORSE...

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