Il Fatto Quotidiano

SCUOLE E STUDENTI: RIO IIRGANIZZA­ZIONE IN CORSO

Le prime soluzioni Senza tregua Si lavora anche durante le vacanze: si cerca l’aiuto degli enti locali mentre si organizzan­o prime lezioni all’aperto e rotazioni degli alunni

- » Paolo Frosina

Le classi pollaio, la mancanza di insegnanti, l’ inadeguate­zza tecnologic­a. I guai della scuola italiana sono sempre quelli, ma serviva il “signor Covid”– lo chiama così Mario Rusconi, capo dell’ associazio­ne presidi del Lazio – a evidenziar­li in tutta la loro urgenza. E a costringer­e, da Nord a Sud, migliaia di dirigenti scolastici alla corsa contro il tempo in vista della riapertura post- epidemia, prevista il 14 settembre (ma già dal 1° iniziano i corsi di recupero). Ogni scuola, infatti, deve organizzar­si da sé, nel rispetto delle linee guida indicate dal Ministero. “Stiamo perdendo il sonno” dice Valeria Sentili dell’istituto comprensiv­o Francesca Morvillo di Tor Bella Monaca, periferia est della Capitale. “Coi colleghi presidi lavoriamo 24 ore al giorno, anche se in teoria saremmo in vacanza. Riunioni, incontri istituzion­ali, telefonate. Eppure siamo ancora in alto mare”. Già, perché delle incognite che la “nuova scuola” mette in campo ben poche, al momento, lasciano intraveder­e una soluzione.

IL PROBLEMA alla radice è uno solo: lo spazio. Per garantire il metro di distanza tra le “rime buccali” – più prosaicame­nte, tra le bocche di uno studente e l’altro – servono banchi singoli e locali ampi a disposizio­ne. Ai primi sta pensando Domenico Arcuri, il commissari­o all’emergenza che ha indetto un bando pubblico europeo per 3 milioni di sedute monoposto entro un mese, di cui metà dotate di rotelle. Ma i metri quadri dove metterle, in molte scuole italiane, sempliceme­nte non ci sono. “Il mio istituto comprende quattro plessi scolastici tra scuola dell’infanzia, elementari e medie – spiega la professore­ssa Sentili –. In tre edifici, ammesso che i banchi arrivino, sacrifican­do corridoi, spazi comuni e smantellan­do due laboratori, dovremmo farcela. Ma il quarto, il plesso succursale, ha classi da 35 metri quadri, dove con le nuove norme possono stare al massimo in 16. Gli altri dove li metto?”.

Tra i suggerimen­ti arrivati dal ministero dell’istruzione e dai tavoli di lavoro, c’è stato quello di fare lezione in spazi messi a disposizio­ne dagli enti locali, come teatri, cinema o musei. “Ma qui a Tor Bella Monaca un cinema non ce l’abbiamo nemmeno per vedere i film. Per andarci, i ragazzi della mia scuola devono cambiare quartiere. Abbiamo già fatto richiesta di uno spazio al nostro Municipio, ma per ora non ci sono soluzioni” spiega Sentili. E peraltro il problema non si risolvereb­be che per una classe o due. “Prendiamo anche una sala da mille posti. Che faccio, ci metto cinque classi insieme? Così lo fanno loro il cinema...”, chiosa il preside Rusconi, responsabi­le dell’ic Pio IX, all’aventino. “Stando così le cose è probabile che a settembre almeno il 10% delle scuole ripartirà con didattica mista, un po’ in presenza e un po’ a distanza. Ma stavolta la didattica a distanza dovrà essere vera: deviceadeg­uati in tutte le famiglie e buona volontà anche da parte degli insegnanti, che in qualche caso, durante l’emergenza, si sono dimostrati refrattari”.

MA C’È ANCHE chi di Zoom, Teams e Skype non ne vuole più sapere: “Trovo intollerab­ile l’idea che mentre tutto il Paese riparte, si va in spiaggia, in discoteca e si gioca a pallone, a settembre la scuola ricominci ancora a distanza”, si sfoga Ludovico Arte, dirigente del turistico Marco Polo di Firenze. “Qui abbiamo la fortuna di sperimenta­re già da qualche anno le lezioni all’aperto in cortile. Io ho fissato quella che chiamo ‘ quota 26’: abbiamo spazio sufficient­e per tenere in aula 26 ragazzi. Le classi più numerose avranno 2-3 persone che a turno faranno attività alternativ­e, cultura, educazione civica. Così al singolo non toccherà più di una volta ogni 20 giorni. È importante che dal basso venga un segnale: la scuola o è in presenza o non è”.

LO SDOPPIAMEN­TO di molte classi pone un’altra questione centrale: non ci sono abbastanza docenti. La stima di Cisl è di 85 mila cattedre vacanti, di cui il 60% al Nord. Carenza che si avverte di più nelle scuole dell’ infanzia e primarie, dove si sta in aula fino a 40 ore alla settimana. “Per coprire tutte le classi avrei bisogno di almeno 4 docenti in più alla scuola media, 10 alla scuola primaria e altri 4 alla scuola dell’infanzia”, racconta la preside Sentili. “Ma non ho idea se mi saranno concessi, né quando mi arriverà una risposta”. E poi c’è il problema, che riguarda migliaia di famiglie, delle classi a tempo pieno, per cui va garantito il servizio mensa: “Il refettorio della succursale è minuscolo: già prima del Covid si mangiava in tre turni, e stavano tutti schiacciat­i come acciughe. Mi dicono che la soluzione è il lunch box, far pranzare i bambini in aula tra una lezione e l’altra. Ma io non ho il personale necessario”. Il rischio è creare scuole di serie A e di serie B: le più ricche, le meglio attrezzate, potranno continuare a offrire il tempo pieno. Le altre non ce la faranno, perderanno iscritti e posti di lavoro. “Ma io ho un impegno preciso con le famiglie dei miei studenti: per farmi rinunciare al tempo pieno dovranno passare sul mio cadavere”.

 ??  ??
 ??  ??
 ?? FOTO ANSA ?? Le rotelle della discordia
I banchi del Majorana di Brindisi, per il distanziam­ento
FOTO ANSA Le rotelle della discordia I banchi del Majorana di Brindisi, per il distanziam­ento

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy