Il Fatto Quotidiano

Abusi in famigliado­nne e bimbi vittime due volte (se lo Stato manca)

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CARO DIRETTORE, sto vivendo da alcuni anni un’esperienza molto drammatica che riguarda mia figlia, che sta subendo il calvario di una donna violentata prima da uomini brutali e poi dallo Stato: uno Stato che afferma una violenza, cieca e non visibile, di gran lunga peggiore di quella esibita da un marito violento. Ho già scritto alcuni mesi fa al capo dello Stato e ai ministri dell’interno, della Giustizia e della Famiglia. Da allora, le cose sono se possibile persino peggiorate e mia figlia con i due suoi bambini gemelli – affetti da mille patologie – è dovuta fuggire da Roma, e vive ora lontana, in una condizione di clandestin­ità come una criminale. Non esiste solo Bibbiano. Il mio obiettivo sarebbe quello di sensibiliz­zare l’opinione pubblica, provocare delle interrogaz­ioni della politica ed emettere qualche serio provvedime­nto legislativ­o contro il feroce sistema che regola la realtà dell’affido dei minori. Si strappano i figli alle madri per dirottarli, anche grazie a perizie di comodo, in case famiglie, gestite spesso da persone legate all’amministra­zione stessa della giustizia. Parliamo di una realtà che riguarda circa 30 mila bambini. In un vorticoso giro che è anche giro di affari. Ma che fine fa l’interesse dei bambini?

AVV. DELFINO BENEVENTO

GENTILE AVVOCATO, non avendone lette le “carte”, non posso addentrarm­i nel caso di sua figlia. Lei solleva però alcune questioni urgenti. La prima riguarda le donne vittime di violenza: negli ultimi anni si è fatto molto per loro, ma non abbastanza. A cominciare dalla “prevenzion­e” del fenomeno a finire con i fondi per la “cura” , ancora insufficie­nti. Le donne non trovano la rete necessaria per denunciare e vivere al sicuro. Molto spesso, anzi, vengono condannate a una vita in clandestin­ità, mentre i loro aguzzini restano liberi o con qualche ammoniment­o. E qui veniamo al secondo punto che lei solleva: la giustizia. Sono ancora molti i casi in cui le donne devono subire una seconda violenza in aula, laddove i processi agli aguzzini si trasforman­o in una “fiera” di perizie. E a farne le spese sono anche i figli, contesi a colpi di CTU e destinati al “giudizio” degli assistenti sociali. E se, per la stragrande maggioranz­a, la categoria è sana, si trovano casi che gettano fango sul lavoro onesto e amorevole di tutti gli altri. Mi ostino a pensare che i bambini non rappresent­ino un business. Non posso convincerl­a del contrario, ma le auguro che (anche) la storia di sua figlia molto presto mi dia ragione.

SILVIA D’ONGHIA

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Infanzia I bambini sono troppo spesso contesi

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