DIRITTO DI REPLICA
In riferimento all’afferma zione del Sost. Proc. Luca Tescaroli, resa a conclusione dell’a rticolo a sua firma e pubblicato il 14 luglio scorso da Il Fatto con il titolo “Strage di via D’Amelio, ancora ci sono interrogativi da capire.” Mi sorprende che il dr. Tescaroli, che è stato per non poco tempo in servizio presso la Procura di Caltanissetta, faccia un’aff er m az i on e del genere, malgrado abbia avuto parte attiva e determinante in tutte le indagini e nei successivi dibattimenti. E mi sorprende ancor più che evidentemente il dott. Tescaroli non legga le sentenze, a cominciare da quella, che mi concerne, della Corte di Appello di Palermo del 22 luglio 2019, dove l’attenta ricostruzione dei fatti operata dalla Corte nei miei confronti esclude la propalazione di alcun tipo di interrogativo che mi possa riguardare.
CALOGERO MANNINO
L’accelerazione dell’esecuzione della strage di via Mariano d’amelio costituisce uno degli interrogativi allo stragismo dei primi anni Novanta rimasti senza risposta, come ho più volte sottolineato in sede processuale e in pubblici dibattiti. Ho già avuto modo di evidenziare, in particolare, nel corso della requisitoria del processo d’appello per la strage di Capaci, dinanzi alla Corte d’assise d’appello di Caltanissetta, che Giovanni Brusca “ha spiegato che le stragi deliberate dovevano essere eseguite, ma non in quella rapida sequenza, e che vi è stata una ‘accelerazione’ per la commissione della strage di via Mariano D’amelio, tant’è che lui Brusca veniva ‘stoppato’ nell’attività preparatoria volta all’eliminazione dell’on. Mannino. Ciò, evidentemente, a detta del Brusca, per ‘togliere un obiettivo o sceglierne un altro’ significava che Riina doveva commettere prioritariamente quest’altra strage, ma non ha saputo indicare il motivo di tale urgenza”. Nel mio scritto pubblicato da “Il Fatto Quotidiano”, come si può evincere agevolmente dallo stesso, non ho evidenziato quesiti afferenti alla persona di Calogero Mannino.
LUCA TESCAROLI
In merito all’articolo “G uer ra dentro Confindustria: il Mise usato come pedina” a firma di Carlo Di Foggia, pubblicato lunedì sulla sua testata. Nell’articolo, ricostruzione poco attendibile di vari fatti, c’è un passaggio sul sottoscritto, assolutamente infondato, in cui avrei “chiesto la presidenza del Sole
24 Ore”. Non è mio costume operare con logiche di scambio, come viene insinuato nell’articolo. Per il seguito la invito a far verificare ai suoi collaboratori le intenzioni che vogliono attribuirmi come da me auspicate (cosa che nel caso di specie è del tutto insussistente) attraverso le strutture a ciò deputate.
LUIGI ABETE
Prendo atto che Luigi Abete non sarà presidente del Sole 24 Ore e mi scuso per aver sopravvalutato i suoi auspici.
CDF