Ferri ricusa tutto il Csm. Palamara non vuole Davigo
Luca Palamara ricusa Piercamillo Davigo. Cosimo Ferri fa molto di più: ricusa tutti (quasi) i consiglieri del Csm: questo proceso disciplinare non s’ha da fare con gli attuali componenti. Risultato: tra ricusati e un legittimo impedimento, del difensore di Palamara, Stefano Guizzi, ieri il processo per lo scandalo nomine, davanti alla sezione disciplinare, è stato aperto e rinviato al 15 settembre. Comincia Palamara: ricusa Davigo, nella lista dei suoi 133 testi: l’ex pm di Roma Stefano Fava gli avrebbe parlato dell ’ intenzione di fare un esposto al Csm contro il procuratore Pignatone e contro l’aggiunto Ielo, di cui si sarebbe servito, secondo l’accusa, Palamara. Ma Davigo, che era stato invitato da Palamara ad astenersi, è stato secco: "Rispetto ai fatti non ravviso alcun motivo di ricusazione". Rinvio pure per Ferri. Deputato renziano, toga in aspettativa, poiché viene accusato anche di aver condizionato l’attività del Csm, per dimostrare che non è stato così, spiega al Fatto, deve sentire come testi tutti i consiglieri in carica fino al 9 maggio 2019, quando, di notte, all’hotel Champagne di Roma, con Palamara, Luca Lotti, deputato e imputato a Roma e 5 allora consiglieri, Lepre, Cartoni, Criscuoli, Morlini e Spina (incolpati) pianificavano la nomina del procuratore di Roma e non solo. Quindi, secondo Ferri, il collegio deve andare a casa: non possono giudicarlo né Davigo, né Basile, né Braggion, né Donati (che ieri ha sostituito Gigliotti) né Gigliotti. Ricusata anche una nuova consigliera, Elisabetta Chinaglia, subentrata l’8 dicembre perché avrebbe espresso pre-giudizi in campagna elettorale. Considerato che su 24 consiglieri complessivi, il deputato chiede di sentirne 18, il processo sarebbe paralizzato. E così dovrebbe essere per Ferri, che invocando il diritto alla difesa, chiede al collegio di rivolgersi alla Corte Costituzionale perché la legge non prevede la sospensione.