Il Fatto Quotidiano

Prima del “Pibe”: anarchici e proletari del fútbol argentino

Il giornalist­a e scrittore Osvaldo Bayer, da poco scomparso, analizza lo sport come fenomeno sociale post-coloniale utile alla costruzion­e dell’identità nazionale

- » Giuseppe Narducci

Quando Fútbol venne pubblicato in Argentina, Osvaldo Bayer – storico, scrittore e giornalist­a argentino scomparso nel 2018 – aveva smesso di essere un tifoso appassiona­to del suo Rosario Central (l’altra grande passione era il Bayern Monaco, nulla di strano per un santafesin­o di sangue teutonico). Sosteneva che il calcio era ormai irrimediab­ilmente diventato solo un affare del capitalism­o e quest’affare aveva cancellato, per sempre, il fútbol che Bayer aveva amato, quello fatto, ad esempio, di calciatori che per tutta la propria carriera scelgono di militare sempre nella stessa squadra. Sì, perché nell ’Olimpo di Bayer c’è un posto speciale per José Manuel Moreno, attaccante del River che segna gol a raffica perché, prima di andare allo stadio, non rinuncia mai allo stufato e al vino rosso. E un posto d’onore lo occupa anche Isaac López, il portiere del Chacarita Juniors, retrocesso nel 1940, che rifiuta l’offerta del River perché non può lasciare i suoi compagni appena scesi in seconda divisione (confesso di nutrire la stessa nostalgia di Bayer – io, attempato appassiona­to di calcio – per la defunta Coppa delle Coppe e per la

“ba n di e ra” G ia c om o Bulgarelli).

MA SE IL CALCIO era ormai solo business, Bayer ci fa scoprire che le origini del f ú tb o l a rgentino furono quanto di più lontano si possa immaginare dal mondo del capitalism­o rapace. E solo l’autore di Patagonia Rebelde (pubblicato in Italia da Eulethera) avrebbe potuto restituirc­i questo racconto nei primi fulminanti capitoli del libro. Anarchici e socialisti, sfruttati e umili, marinai e operai navali furono il nerbo attorno al quale nacquero alcuni club che hanno fatto la storia del calcio argentino come di quello mondiale. Nomi che riempiono le vicende di un secolo intero e oltre: Boca, Huracán, River Plate, Independie­nte, Argentinos Juniors. Squadre prive di nobile lignaggio e non finanziate dall’alta borghesia di Buenos Aires o La Plata, ma sorte nei quartieri proletari. Ed è sorprenden­te scoprire che, persino nei nomi, alcune squadre esprimevan­o gli ideali di riscatto del nascente movimento operaio. L’argentinos Juniors, che fa esordire Diego Armando Maradona nel 1976, in origine era niente meno che il Club Martiri di Chicago (lo sciopero represso nel sangue del Primo maggio 1886).

Bayer ci prende per mano e ci conduce attraverso una storia lunga un secolo che incrocia tutte le vicende sociali e politiche del Paese, anche di quei campionati che non potette vedere sugli spalti perché in esilio, a Berlino, dopo essere entrato nel mirino dei terroristi di stato della Triple A (l’alleanza Anticomuni­sta Argentina). Le sfide River- Boca, gli arbitri inglesi chiamati al capezzale del corrotto calcio argentino dove i forti sono sempre aiutati dagli arbitri, la sindacaliz­zazione dei calciatori, i tristi anni Sessanta, la rivalità con il calcio uruguagio, l’umile Chacarita ( fondata il 1° maggio 1906!) che, nel 1969, conferma la teoria che la palla è rotonda e vince il campionato battendo, in finale, i “milionari” del River. Il racconto termina con la vittoria argentina ai Mondiali di Mexico ’86. La Mano de Dios chiude, per sempre, la sfida, iniziata un secolo prima, all’influsso coloniale inglese.

Gli argentini crearono proprie squadre e il segno del cambiament­o fu un gesto che gettò basi solide per la costruzion­e dell’identità nazionale: durante gli intervalli delle partite bevevano mate cocido e bandirono il tè sorseggiat­o dai sudditi di Albione.

Fútbol è la storia del calcio argentino, ma anche la storia di Osvaldo Bayer e del suo rapporto col calcio: un tifoso t ra n q u i l o , che guardava il calcio in punta di piedi, non come l’amico Osvaldo Soriano, esagitato tifoso del San Lorenzo. Un giorno, al giornalist­a che gli chiedeva perché non avesse mai tifato per squadre come il River o il Boca, rispose che, nella vita, era stato sempre al fianco dei più deboli e questa stessa scelta aveva fatto nel calcio, lui che amava gli eleganti calciatori rosarini, quelli che giocano quasi ballando. Ma Bayer era stato fortunato. Da ragazzo aveva visto giocare “Torito” Aguirre del Rosario Central, il più forte di tutti. Più di Maradona!

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FOTO LA PRESSE Leggende in alto, la casa natale di Maradona, oggi museo

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