Il Fatto Quotidiano

“Le polacche ostaggio dei patti Chiesa-destra”

- Michela A.G. Iaccarino

La Polonia sta per abbandonar­e la Convenzion­e di Istanbul, trattato giuridico internazio­nale contro la violenza domestica sulle donne, e a Varsavia questa è l’ennesima notizia che fa squillare ininterrot­tamente il telefono del vicedirett­ore della Gazeta Wyborcza, Bartosz T. Wielinski.

“Il rigetto della Convenzion­e non è l’unica novità. Siamo un Paese spaccato a metà, polarizzat­o tra un’ala pro-europea, occidental­e, progressis­ta e un’ala di conservato­ri e tradiziona­listi, riluttanti ad adottare gli standard europei. Quest’ultima metà della società è plasmata dalla Chiesa e quella polacca non è come quella occidental­e: assomiglia più a quella russa, rigetta la teoria gender, le libertà individual­i. È una chiesa cattolica, ma è ortodossa per imposizion­i, fa leva su quella parte della popolazion­e che pensa che l’ovest sia marcio, i diritti Lgbt o l’aborto peccati capitali, la violenza sulle donne una questione da risolvere tra le mura domestiche, in silenzio”.

Una chiesa che usa il potere politico o che viene usata?

Una risposta netta non c’è. La Chiesa negli anni

80 ha giocato un enorme ruolo per la nostra indipenden­za, dal 2015 lo Stato ha cominciato a supportarl­a e finanziarl­a apertament­e e a sua volta la chiesa appoggia apertament­e il Pis, il partito Diritto e Giustizia di Jaroslaw Kaczinsky. La Chiesa influenza decisioni politiche e mina il dibattito sui diritti civili e delle donne. Le battaglie in Polonia si vincono comunque spaccando la società e dicendo che c’è una cospirazio­ne di sinistra o occidental­e contro di noi. Recentemen­te mostravano in tv persone marciare nude al Gay Pride di Berlino e la commentatr­ice della tv pubblica diceva: “Ecco cosa vuole farvi diventare l’unione europea”. Sulla Convenzion­e di Istanbul il dibattito nel Paese è stato lunghissim­o ed è andato oltre: non riguardava più il documento in sé, ma la divisione della nostra società nel rovente periodo post-elettorale.

Siete stati il primo Paese al voto nell’era Covid-19.

Durante la pandemia non si poteva protestare contro il governo, la polizia è stata brutale, ma si poteva andare in chiesa o alle urne. Le persone hanno votato per la continuità: il Pis ha promesso l’aumento del salario minimo, pensioni e fondi ai governi locali, promesse che ora si scoprono non praticabil­i. In generale hanno giocato poi la carta anti-tedesca: la Germania è colpevole di tutti i mali polacchi, dall’olocausto alla cattiva economia. La questione russa è stata silenziata, ma per la nostra politica interna noi assomiglia­mo sempre più alla Russia. Durante la campagna elettorale nelle zone rurali, bacino elettorale del Pis, i politici sono stati invitati a tenere discorsi in chiesa da preti che trattano abitualmen­te temi politici nei loro sermoni, altri preti hanno appeso manifesti del Pis nei templi. I ministri del governo invece andavano in giro a promettere trattori.

Salmi politici.

Anche due partiti di estrema destra vicini alla chiesa e ora in coalizione con il Pis, perché necessari per la maggioranz­a al Parlamento, hanno preteso che la Convenzion­e fosse rigettata. È stato sconfitto il liberale ed europeista Rafal Trzaskowsk­i, sindaco di Varsavia, perfetto opposto del presidente Duda.

Credo sia sbagliato dire che Trzaskowsk­i abbia perso: non ha vinto, nonostante il virus e nonostante la propaganda della tv pubblica controllat­a dal governo, che diffondeva solo cattive notizie su di lui. È riuscito a diventare un leader credibile dell ’ o pp osi zi on e, un’enorme minaccia per il Pis. Ha avuto 400mila voti in meno di Duda, che a Varsavia non ha ottenuto nemmeno un seggio, e rimane il burattino del vero uomo a capo della destra clericale al potere: Kaczinsky. Ma c’è la questione della sua longevità.

Ha 71 anni. Dopo di lui il diluvio?

Si aprirà una feroce lotta intestina nell’ala destra, il Pis non ha nessuno con cui rimpiazzar­lo.

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FOTO ANSA Le proteste Corteo a Varsavia contro la violenza domestica
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