“Le polacche ostaggio dei patti Chiesa-destra”
La Polonia sta per abbandonare la Convenzione di Istanbul, trattato giuridico internazionale contro la violenza domestica sulle donne, e a Varsavia questa è l’ennesima notizia che fa squillare ininterrottamente il telefono del vicedirettore della Gazeta Wyborcza, Bartosz T. Wielinski.
“Il rigetto della Convenzione non è l’unica novità. Siamo un Paese spaccato a metà, polarizzato tra un’ala pro-europea, occidentale, progressista e un’ala di conservatori e tradizionalisti, riluttanti ad adottare gli standard europei. Quest’ultima metà della società è plasmata dalla Chiesa e quella polacca non è come quella occidentale: assomiglia più a quella russa, rigetta la teoria gender, le libertà individuali. È una chiesa cattolica, ma è ortodossa per imposizioni, fa leva su quella parte della popolazione che pensa che l’ovest sia marcio, i diritti Lgbt o l’aborto peccati capitali, la violenza sulle donne una questione da risolvere tra le mura domestiche, in silenzio”.
Una chiesa che usa il potere politico o che viene usata?
Una risposta netta non c’è. La Chiesa negli anni
80 ha giocato un enorme ruolo per la nostra indipendenza, dal 2015 lo Stato ha cominciato a supportarla e finanziarla apertamente e a sua volta la chiesa appoggia apertamente il Pis, il partito Diritto e Giustizia di Jaroslaw Kaczinsky. La Chiesa influenza decisioni politiche e mina il dibattito sui diritti civili e delle donne. Le battaglie in Polonia si vincono comunque spaccando la società e dicendo che c’è una cospirazione di sinistra o occidentale contro di noi. Recentemente mostravano in tv persone marciare nude al Gay Pride di Berlino e la commentatrice della tv pubblica diceva: “Ecco cosa vuole farvi diventare l’unione europea”. Sulla Convenzione di Istanbul il dibattito nel Paese è stato lunghissimo ed è andato oltre: non riguardava più il documento in sé, ma la divisione della nostra società nel rovente periodo post-elettorale.
Siete stati il primo Paese al voto nell’era Covid-19.
Durante la pandemia non si poteva protestare contro il governo, la polizia è stata brutale, ma si poteva andare in chiesa o alle urne. Le persone hanno votato per la continuità: il Pis ha promesso l’aumento del salario minimo, pensioni e fondi ai governi locali, promesse che ora si scoprono non praticabili. In generale hanno giocato poi la carta anti-tedesca: la Germania è colpevole di tutti i mali polacchi, dall’olocausto alla cattiva economia. La questione russa è stata silenziata, ma per la nostra politica interna noi assomigliamo sempre più alla Russia. Durante la campagna elettorale nelle zone rurali, bacino elettorale del Pis, i politici sono stati invitati a tenere discorsi in chiesa da preti che trattano abitualmente temi politici nei loro sermoni, altri preti hanno appeso manifesti del Pis nei templi. I ministri del governo invece andavano in giro a promettere trattori.
Salmi politici.
Anche due partiti di estrema destra vicini alla chiesa e ora in coalizione con il Pis, perché necessari per la maggioranza al Parlamento, hanno preteso che la Convenzione fosse rigettata. È stato sconfitto il liberale ed europeista Rafal Trzaskowski, sindaco di Varsavia, perfetto opposto del presidente Duda.
Credo sia sbagliato dire che Trzaskowski abbia perso: non ha vinto, nonostante il virus e nonostante la propaganda della tv pubblica controllata dal governo, che diffondeva solo cattive notizie su di lui. È riuscito a diventare un leader credibile dell ’ o pp osi zi on e, un’enorme minaccia per il Pis. Ha avuto 400mila voti in meno di Duda, che a Varsavia non ha ottenuto nemmeno un seggio, e rimane il burattino del vero uomo a capo della destra clericale al potere: Kaczinsky. Ma c’è la questione della sua longevità.
Ha 71 anni. Dopo di lui il diluvio?
Si aprirà una feroce lotta intestina nell’ala destra, il Pis non ha nessuno con cui rimpiazzarlo.