Il pc sequestrato a Siri: da 1 anno il pm attende l’ok
Al palo Inchiesta ferma da un anno
APalazzo Madama si fa melina. Da un anno, infatti, i magistrati dimilano aspettano inutilmente di essere autorizzati a sequestrare due computer al leghista Armando Siri indagato per autoriciclaggio aggravato nell’indagine sui mutui sospetti che gli sono stati accordati quando era sottosegretario dalla Banca agricola di San Marino.
Finora però sono rimasti a bocca asciutta: a ottobre scorso la Giunta del Senato, nonostante le barricate del Carroccio, ha dato semaforo verde alla richiesta. Poi più nulla: la pratica Siri si è arenata sul tavolo del presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati che non ha ancora dato la possibilità all’aula di decidere se il sequestro sia legittimo. Oppure se, come ha già escluso la Giunta a maggioranza, la richiesta dei magistrati sia viziata dal fumus persecu
tionis nei confronti del leghista. Che dato l’andazzo, può dormire sonni sereni.
Eppure i magistrati di Milano hanno fretta. Con una seconda richiesta hanno segnalato l’importanza di entrare in possesso, “il prima possibile”, dei documenti bancari conservati nel computer del senatore leghista. E pure delle sue conversazioni, sulla pratica di San Marino, con il suo collaboratore Luca Perini: messaggi in chat, mail, sms e mms ritenuti utili “al fine di una completa ricostruzione dei fatti di indagine, in particolare per verificare termini e caratteristiche degli accordi retrostanti le operazioni di finanziamento” della banca. Di cui Siri, per tutta risposta, invocando lo scudo garantito ai parlamentari dall’articolo 68 della Costituzione, ha invece chiesto la distruzione.
Anche Perini avrebbe avuto un ruolo in questa e anche in un’altra operazione anomala, al punto da far scattare l’ispezione della Banca centrale del Titano. Che ha acceso un faro sui mutui concessi in contrasto con la normativa della Serenissima Repubblica e le regole interne dell’istituto di credito erogante: ne è seguita una rogatoria con la trasmissione degli atti a Milano che indaga con l’ipotesi di reato di autoriciclaggio aggravato.
Va detto che Siri si è sempre proclamato innocente sostenendo di aver agito del tutto legittimamente. Epperò il sospetto degli inquirenti è che il senatore sia stato trattato con i guanti bianchi. Perché le somme in questione sarebbero state accordate dalla Banca sanmarinese a condizioni di particolare favore e senza garanzie. Gli inquirenti di Milano hanno sottolineato come fossero state “generosamente elargite a un personaggio politico di primo piano” che poi le ha utilizzate per investimenti economici e “con il preciso intento di dissimularne l’origine”. Perché sempre secondo i pm Gaetano Ruta e Sergio Spadaro, Siri e Perini in concorso tra loro “avendo partecipato alla commissione dei delitti di appropriazione indebita e amministrazione infedele in relazione alle somme di 748.205 indebitamente corrisposte il 28 novembre 2018 a titolo di finanziamento dalla Banca di San Marino, impiegavano tale denaro per l’acquisto di immobili”, pagati con una curioso giro di assegni, poi intestati alla figlia di Siri.
L’ex sottosegretario, accusato di corruzione in un’altra inchiesta per una presunta mazzetta da 30 mila euro da Paolo Arata (già responsabile energia della Lega, sodale di Vito Nicastri, re dell’eolico ritenuto vicino al boss mafioso Matteo Messina Denaro), dopo aver ottenuto quel mutuo avrebbe dunque cercato, secondo gli inquirenti, di schermare l’operazione per ostacolare l’identificazione “della provenienza delittuosa della provvista”.