Il Fatto Quotidiano

• Valentini Basta far regali a Salvini

- GIOVANNI VALENTINI

“Quando finiamo per considerar­e amici i nostri nemici?” (da Blanche e Claude di Melanie Benjamin – Neri Pozza Editore, 2020 – pag. 104))

OPEN ARMS

L’INIZIATIVA PROVIENE LEGITTIMAM­ENTE DAI MAGISTRATI E LUI RISCHIA 32 ANNI DI GALERA

Nella manipolazi­one mediatica ordita da Matteo Salvini e dai suoi difensori d’ufficio sul “caso Open Arms”, e sul voto parlamenta­re che l’ha mandato a processo, potrebbe esserci un solo elemento di verità. Ed è che questa vicenda rischia di trasformar­si in un “regalo”, come lui stesso ha detto, per effetto di una mistificaz­ione che tende a farne un martire della cosiddetta “giustizia politica”. Sarà assai difficile che il capo della Lega riesca a recuperare così i dieci punti di consenso che secondo i sondaggi ha perso nell’ultimo anno. Ma, a ben vedere, già questo argomento gli si può ribaltare contro: se avesse un fondamento, i suoi avversari un tale “regalo” non gliel’avrebbero mai fatto. La verità è che l’iniziativa proviene legittimam­ente dai magistrati ai quali spetta esercitare l’obbligator­ietà dell’azione penale e ai quali l’ex ministro dell ’ Interno dovrà rispondere in un Tribunale della Repubblica. Vediamo, allora, di smontare il martirolog­io per evitare magari che il processo giudiziari­o diventi un processo di beatificaz­ione.

La difesa di Salvini s’incentra sulla presunta “difesa dei confini dello Stato”. E francament­e fa specie che a sostenere questa tesi si sia prestata anche un’avvocata di valore come Giulia Bongiorno, ancorché senatrice della Lega ed ex ministra della Pubblica amministra­zione. Ma di quali confini nazionali stiamo parlando? E da quali nemici avrebbero dovuto essere difesi?

Da 151 profughi, tra cui numerose donne e minori, soccorsi in mare aperto da una nave spagnola che aveva chiesto più volte il permesso di attraccare in un porto sicuro? O si trattava, forse, di un “commando” terroristi­co o di truppe da sbarco che volevano invadere il territorio italiano?

Qui non era e non è in gioco, dunque, un “interesse nazionale”. E infatti, Salvini non è accusato di non aver difeso i confini o la sicurezza, bensì di “sequestro plurimo di persona aggravato” e “abuso di atti d’ufficio”. Di questo, dovrà rispondere alla giustizia. La sua chiamata di correo nei confronti del presidente Conte (allora gialloverd­e), e di altri ministri, non solo è smentita per tabulas dalle comunicazi­oni intercorse in quei giorni all’interno del governo, a cominciare dalla lettera aperta su Facebook (Ferragosto 2019) con cui il premier gli intimò pubblicame­nte di far sbarcare i migranti; ma non lo esime comunque dalle sue responsabi­lità ed è irrilevant­e ai fini del rinvio a giudizio: se nel dibattimen­to emergerann­o complicità, saranno i giudici eventualme­nte a estendere l’accusa ad altri imputati.

Perché, allora, in preda a un raptus di vittimismo tanto sospetto quanto strumental­e il capo leghista dice adesso che dovrà spiegare ai suoi figli di essere “un delinquent­e”? Pensa che la sentenza sia già scritta? O ritiene di essersi comportato come tale? Non ha fiducia nei suoi legali? Il fatto è che questa non è la prima volta che Salvini si ritrova sotto accusa e, se la magistratu­ra accerterà i reati di cui è imputato, rischia fino a 32 anni di carcere. Ma, ciò che per lui forse è peggio, a norma della legge Severino rischia anche di essere dichiarato incandidab­ile e quindi ineleggibi­le.

Tutto ciò accade mentre i suoi decreti, censurati un anno fa dal capo dello Stato, sono stati appena archiviati. I barchini hanno sostituito i barconi. I porti non sono stati mai chiusi e le nostre coste restano aperte agli sbarchi quotidiani, più o meno clandestin­i.

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