Il Fatto Quotidiano

Addio al casinò di Saint Vincent: ora è un casino

- Ettore Boffano

Rien ne va plus. Il Casino di Saint Vincent rischia di chiudere roulette, baccarat e slot machines. Un pasticciac­cio giudiziari­o, ma che potrebbe trasformar­si in un vero e proprio fallimento, pronto a portarsi via 71 anni segnati dai grandi introiti per la Regione autonoma (milioni e milioni di euro nei decenni): una sorta di “superbanco­mat ” per le casse della Vallée, ma pure per alcuni politici e amministra­tori locali. E con essa, tutte le ambiguità morali e di legalità che hanno intrecciat­o una narrazione cominciata nel 1949, quando lo Stato italiano decise di aprire anche il Val d’aosta una “zona franca” rispetto al “pr e g iu d i zi o ” pubblico per il gioco d’azzardo.

UNA STORIA SBAGLIATA

che non si è fatta mancare nulla: sospetti di infiltrazi­oni mafiose, un attentato dinamitard­o contro un pretore che indagava sul Casino, una pista che porterebbe addirittur­a all'omicidio del procurator­e capo di Torino, Bruno Caccia, ucciso nel 1983 dai sicari della ’ndrangheta. E poi, nelle varie stagioni della politica locale tra la Prima e la Seconda Repubblica, una serie di scandali quasi fotocopia, con compromiss­ioni soprattutt­o di alcuni leader del partito autonomist­a dell’union Valdôtaine.

Ma veniamo intanto alla cronaca di oggi. Una sentenza di inizio luglio della Corte d’appello di Torino, arrivata proprio dopo la riapertura post-pandemia, ha accolto il ricorso di due creditori e ha disposto la revoca dell’ammissione al concordato preventivo, concesso dal Tribunale di Aosta il 22 ottobre 2019. Un colpo di scena che ora pesa sul tentativo di salvataggi­o della società di gestione, Saint-vincent Resort & Casino (oltre alla casa da gioco, amministra l’adiacente Hotel Billia) e che di fatto cristalliz­za la situazione al novembre 2018, quando la Procura di Aosta presentò un’istanza di fallimento “per la grave insolvenza”. Con una circostanz­a paradossal­e: la dura “ristruttur­azione”, fissata dal concordato, aveva chiuso il bilancio 2019 con un utile di 13,5 milioni di euro. Ora è tutto nelle mani del Tribunale aostano: nel caso ci fossero le condizioni per un controvers­o ricorso in Cassazione, scatterebb­e la sospension­e della revoca. Altrimenti, il Tribunale dovrà valutare se la situazione finanziari­a “attuale” può o no giustifica­re il fallimento della società. Uno scenario molto incerto, per una sala da gioco (una delle quattro italiane, con Campione d’italia, Venezia e Sanremo, tutte in difficoltà nell’epoca dei casino online) che negli anni 60 e 70 aveva vissuto giorni degni della letteratur­a mitteleuro­pea del gioco d’azzardo, anche grazie a eventi come le Grolle d’oro del cinema e il Pr e m i o g i o r n a l i s t i c o Saint-vincent. Quando Casino e Billia accoglieva­no

Alberto Sordi e Sophia Loren, Vittorio Gassman e Gina Lollobrigi­da, Giulietta Masina e Federico Fellini. Fasti rinverditi, a cavallo del nuovo secolo, in chiave calcistica: Saint- Vincent cominciò a ospitare i ritiri estivi della Juventus di Moggi e Giraudo.

L’istanza di fallimento era scaturita da un’inchiesta penale per bancarotta. L’ennesimo incidente in una vicenda tormentata che non si è mai risolta dal punto di vista finanziari­o e che può avere effetti pesanti proprio per la Regione: che detiene il controllo della società ed è al centro di polemiche per la malagestio­ne.

I soldi del Casino, a lungo, avevano rimpolpato l’ente locale e di fatto erano una riserva di vita per tutti i valdostani, pietra miliare di quelle esenzioni “cuore” dell’autonomia regionale cui la Valle d’aosta approdò dopo le smanie separatist­e verso la Francia di De Gaulle seguite alla fine della guerra.

INFINE, UN “POSTO FISSO”

sicuro, ancora una volta gestito dalla politica per le assunzioni: tramandate di padre in figlio e con ottimi stipendi arrotondat­i dalla cagnotte, la mancia dei vincitori per croupier e addetti di sala.

Nello stesso tempo, però,

Saint-vincent era diventata anche il teatro di pratiche ai limiti della legge: dai “pres tasoldi”, gli usurai che la bazzicavan­o e la intimidiva­no per offrire prestiti-capestro ai giocatori incalliti, sino alle mire dei clan mafiosi che intravedev­ano un’immensa occasione di riciclaggi­o del denaro sporco. Una realtà scoperchia­ta la notte dell’11 novembre del 1983, quando scattò il “blitz della San Martino”, con la Guardia di Finanzia nei saloni dei quattro casino italiani, a caccia delle corruzioni dei politici locali, ma soprattutt­o della penetrazio­ne delle cosche di Cosa Nostra italiana e statuniten­se (la “famiglia” dei Bono) nella loro gestione.

L’inchiesta su Saint-vincent era stata avviata poco prima dal procurator­e Caccia, ucciso la notte di domenica 26 giugno 1983, mentre in Italia si svolgevano le elezioni politiche anticipate. L’avvocato di parte civile della famiglia Caccia, Aldo Repici, sostiene che proprio quella su Saint-vincent sarebbe stata una delle indagini scomode che armò i killer calabresi contro un magistrato troppo pericoloso per le mafie trapiantat­e al Nord. E non ha mai smesso di legare quell’omicidio a un altro attentato, per fortuna fallito, del 1 9 8 2 : un’a u t obomba per il pretore di Aosta Giovanni Selis, il primo a cercare di far luce ( inascoltat­o, anzi definito “un matto”) sul sistema dei “prestasold­i”.

Adesso le vicende giudiziari­e che riguardano il Casino hanno risvolti meno violenti, ma riportano in campo l’intreccio perverso attorno alla politica. E, come in una mano di poker, l’ultimo azzardo è nelle interpreta­zioni di diritto societario del Tribunale di Aosta.

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Non solo a Saint Vincent, ma in tutte le sale da gioco storiche
FOTO ANSA Scarseggia­no i clienti Non solo a Saint Vincent, ma in tutte le sale da gioco storiche
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