“Volevamo chiudere altri dieci Comuni” Ma la richiesta non c’è
La zona rossa nel Lodigiano non doveva fermarsi a dieci Comuni, ma allargarsi a 20 paesi per un totale di oltre 70mila abitanti. Una cintura molto più ampia che avrebbe comunque escluso la città di Lodi. Questo emerge da un audio del 23 febbraio, pubblicato in esclusiva dal Fatto il 17 giugno scorso, registrato durante una riunione in videoconferenza alla presenza anche del governatore Attilio Fontana, dei vertici della protezione civile e del prefetto di Lodi, Marcello Cardona. L’audio è chiarissimo, ci ritorneremo. Ora ciò che conta è capire se quella decisione arrivò mai sui tavoli romani visto che l’ampliamento non si è mai verificato. Per quanto risulta al Fatto , che ha consultato fonti interne a Palazzo Chigi e al Viminale, al governo non arrivò mai alcuna richiesta di allargamento della zona rossa da parte della Regione. Il che contrasta con la dichiarazione resa dall’assessore Giulio Gallera il 17 giugno dopo la pubblicazione dell’articolo. Allora Gallera disse all’ansa: “La lista veniva comunicata immediatamente al governo. Poco dopo, la risposta del governo evidenziava l'impossibilità di accogliere la richiesta della Lombardia nella sua totalità perché il blocco di un'area così vasta avrebbe comportato l'impiego di un numero troppo elevato di forze dell'ordine”.
DURANTE L’AUDIO
del 23 febbraio, registrato a 48 ore di distanza dalla scoperta del primo malato Covid a Codogno, Fontana snocciola i nomi dei nuovi Comuni: sono dieci in più della provincia di Lodi rispetto a quelli che saranno cinturati. A quel punto il prefetto Cardona dice: “Adesso appena Attilio mi formalizza questi comuni (...) lavoriamo sui nuovi check perché li dobbiamo mettere su carta”. Appare evidente che quell’atto formale non arrivò mai e la prima zona rossa si limitò a dieci comuni. In quel momento la città di Lodi resta esclusa e questo nonostante l’osped ale abbia già ricoverati due pazienti Covid. Altri casi in quelle ore si materializzarono in diversi comuni non compresi nella cintura. Va da sé che il contagio era già tracimato. Era dunque una scelta corretta quella di allargare la zona rossa. Eppure la Regione
Regione Lombardia Gallera disse: “Il governo ha risposto che non ha uomini” A Roma non avevano chiesto nulla. E Lodi è rimasta aperta
non formalizzò mai la richiesta. Non lo fece con la presidenza del Consiglio e neppure, per quanto risulta al Fatto , con i vertici della Protezione Civile. E questo nonostante durante l’audio sempre il prefetto Cardona dica: “Comunico poi al dipartimento della Pubblica sicurezza che è già preavvisato, l’ho già detto e l’ho già comunicato anche al ministro dell’interno che ci sarà un ulteriore allargamento”. Evidentemente il prefetto parlò informalmente con Roma come si comprende dall’audio. Un colloquio al quale la giunta regionale guidata da Fontana non fece seguire una richiesta formale.
ORA BISOGNERÀ
capire per quale motivo quella richiesta non arrivò mai. La Regione decise che l’allargamento non era più necessario? Per quanto risulta al Fatto , la documentazione sulla zona rossa del Lodigiano è stata acquisita dalla Procura di Bergamo che indaga sulla mancata apertura della zona rossa attorno ai Comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Una scelta sciagurata sulla quale governo e Regione si rimpallano le responsabilità. Non meno grave quello che è accaduto in provincia di Lodi. Qui il capoluogo non distante dal focolaio di Codogno e via di comunicazione per Milano è rimasto aperto fino all’8 marzo. E questo nonostante la Regione fosse stata allertata dai membri della sua ta
sk force come Massimo Vajani, presidente dell’ordine dei medici di Lodi. “Più volte – dice al
Fatto – ai tavoli con la Regione ai quali ho partecipato ho sottolineato che la città di Lodi doveva essere considerata zona rossa, nessuno mi ascoltò”.
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