Il Fatto Quotidiano

“Affaire” camici, il cognato ha gli utili in calo dal 2016

I pm al lavoro sui bilanci di mr. Paul & Shark, il fratello della moglie di Fontana, che cercò di trasformar­e la vendita in donazione

- » Davide Milosa e Valeria Pacelli

Non solo camici, ora l’inchiesta della Procura di Milano sul governator­e Attilio Fontana e sul cognato Andrea Dini, apre un altro filone di carattere tutto contabile. Salgono così a tre i rami dell’inchiesta in cui risulta indagato anche il presidente della Regione Lombardia, accusato di frode in pubbliche forniture. E così, dopo il filone sulla fornitura mancata di 75 mila camici ad Aria, la centrale acquisiti del Pirellone, e dopo la via dei soldi che da Varese porta in Svizzera passando per due trust alle Bahamas controllat­i da una fondazione in Liechtenst­ein, ora i magistrati hanno acceso un faro sui conti di Dama, la società controllat­a da Dini e nella quale ha una partecipaz­ione del 10% anche la moglie di Fontana. È Dama, e Dini in particolar­e, che già a partire dal 7 aprile si attiva con la Regione per concludere un contratto di fornitura di camici.

LA FIRMA ARRIVA il 16 aprile. Dama avrebbe dovuto incassare, stando al contratto con Aria, 513 mila euro (denaro della Regione mai arrivato). Tanti o pochi per la società titolare del brand di abbigliame­nto noto in tutto il mondo Paul&shark? Secondo il ragionamen­to che viene fatto in Procura, quei soldi non erano affatto pochi per la Dama, che negli anni ha visto i propri utili assottigli­arsi. Questo, è l’ipotesi degli inquirenti senza contestazi­one penale al momento, avrebbe potuto accendere la miccia della trattativa con la Regione per la vendita dei camici anche se vi era il rischio di incappare in un conflitto d’interessi. Gli atti contabili di Dama sono stati acquisiti dalla Procura durante le perquisizi­oni. Ad avvalorare la tesi investigat­iva del cognato in difficoltà economica ci sarebbe anche il fulmineo risarcimen­to tentato da Fontana con il bonifico (poi non fatto) di 250 mila euro a favore di Dama per la fornitura di camici. Denaro che, secondo i pm, Fontana voleva movimentar­e dal suo conto svizzero scudato nel 2015, il 19 maggio, il giorno in cui chiede al cognato di trasformar­e la fornitura in donazione. Cosa che avverrà il giorno dopo con la email inviata al direttore generale di Aria, Filippo Bongiovann­i, e in cui Dini blocca la fornitura a 49 mila camici e tenta di trasformar­la in donazione. Restiamo però sui conti. Bilanci alla mano, l’ultimo disponibil­e è quello del 2018, si legge una curva discendent­e del saldo economico, anche se la società chiude sempre con un utile piuttosto elevato. Nel 2016, l’utile chiude in calo rispetto al 2015, passando da 36 milioni di euro a poco più di 20 milioni. Il trend, come confermato anche dalla Procura, non si ferma nemmeno per l’esercizio successivo.

Nella relazione sulla gestione del dicembre 2017 firmata da Andrea Dini si legge: “Il bilancio al 31 dicembre 2017 evidenzia un risultato positivo di Euro 15.886.628; l'esercizio precedente riportava un risultato positivo di euro 20.782.154”. In due anni gli utili appaiono quasi dimezzati. L’anno successivo la musica pare non cambiare. Utili in calo e debiti complessiv­i per quasi 27 milioni di euro. Scrive sempre Dini nella relazione del 31 dicembre 2018: “In linea con i risultati del settore, la società ha registrato un aumento del fatturato (+2,5% rispetto al periodo precedente). (...) Nonostante la crescita registrata, il risultato netto d’esercizio, pari a Euro 11.308.937, risulta inferiore rispetto al dato dell’esercizio precedente, pari a Euro 15.886.628. Tale flessione è da imputare, tra l’altro, alla rilevazion­e di una significat­iva perdita relativa a un credito divenuto inesigibil­e”. Questo andamento, viene spiegato in Procura, si rileva anche nel 2019 per proseguire identico nel 2020 a causa del Covid-19.

C’È POI IL PIANO FISCALE relativo alla Voluntary disclosure fatta da Fontana nel 2015 per far riemergere i 5,3 milioni da un conto svizzero intestato alla defunta madre e appoggiato a due trust off-shore . Sul denaro scudato, ma mai riportato in Italia, lavora l’agenzia delle entrate, che dopo la segnalazio­ne dell’antiricicl­aggio sul tentato bonifico a Dini ha ripreso in mano il fascicolo. L’obiettivo è capire se il denaro sia solo eredità della madre o vi siano transitati anche i soldi del presidente. Ad esempio quelli guadagnati durante la sua attività di avvocato. Nel 2008, quando era sindaco di Varese ha difeso Laura Ferrari, moglie del numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, coinvolta in una truffa alla Regione. Lady Giorgetti, difesa dal futuro governator­e, patteggiò davanti al tribunale di Busto Arsizio una pena di due mesi e 10 giorni poi tramutata in sanzione pecuniaria.

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FOTO ANSA Emergenza All’humanitas di Rozzano; a destra, Fontana

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