“Affaire” camici, il cognato ha gli utili in calo dal 2016
I pm al lavoro sui bilanci di mr. Paul & Shark, il fratello della moglie di Fontana, che cercò di trasformare la vendita in donazione
Non solo camici, ora l’inchiesta della Procura di Milano sul governatore Attilio Fontana e sul cognato Andrea Dini, apre un altro filone di carattere tutto contabile. Salgono così a tre i rami dell’inchiesta in cui risulta indagato anche il presidente della Regione Lombardia, accusato di frode in pubbliche forniture. E così, dopo il filone sulla fornitura mancata di 75 mila camici ad Aria, la centrale acquisiti del Pirellone, e dopo la via dei soldi che da Varese porta in Svizzera passando per due trust alle Bahamas controllati da una fondazione in Liechtenstein, ora i magistrati hanno acceso un faro sui conti di Dama, la società controllata da Dini e nella quale ha una partecipazione del 10% anche la moglie di Fontana. È Dama, e Dini in particolare, che già a partire dal 7 aprile si attiva con la Regione per concludere un contratto di fornitura di camici.
LA FIRMA ARRIVA il 16 aprile. Dama avrebbe dovuto incassare, stando al contratto con Aria, 513 mila euro (denaro della Regione mai arrivato). Tanti o pochi per la società titolare del brand di abbigliamento noto in tutto il mondo Paul&shark? Secondo il ragionamento che viene fatto in Procura, quei soldi non erano affatto pochi per la Dama, che negli anni ha visto i propri utili assottigliarsi. Questo, è l’ipotesi degli inquirenti senza contestazione penale al momento, avrebbe potuto accendere la miccia della trattativa con la Regione per la vendita dei camici anche se vi era il rischio di incappare in un conflitto d’interessi. Gli atti contabili di Dama sono stati acquisiti dalla Procura durante le perquisizioni. Ad avvalorare la tesi investigativa del cognato in difficoltà economica ci sarebbe anche il fulmineo risarcimento tentato da Fontana con il bonifico (poi non fatto) di 250 mila euro a favore di Dama per la fornitura di camici. Denaro che, secondo i pm, Fontana voleva movimentare dal suo conto svizzero scudato nel 2015, il 19 maggio, il giorno in cui chiede al cognato di trasformare la fornitura in donazione. Cosa che avverrà il giorno dopo con la email inviata al direttore generale di Aria, Filippo Bongiovanni, e in cui Dini blocca la fornitura a 49 mila camici e tenta di trasformarla in donazione. Restiamo però sui conti. Bilanci alla mano, l’ultimo disponibile è quello del 2018, si legge una curva discendente del saldo economico, anche se la società chiude sempre con un utile piuttosto elevato. Nel 2016, l’utile chiude in calo rispetto al 2015, passando da 36 milioni di euro a poco più di 20 milioni. Il trend, come confermato anche dalla Procura, non si ferma nemmeno per l’esercizio successivo.
Nella relazione sulla gestione del dicembre 2017 firmata da Andrea Dini si legge: “Il bilancio al 31 dicembre 2017 evidenzia un risultato positivo di Euro 15.886.628; l'esercizio precedente riportava un risultato positivo di euro 20.782.154”. In due anni gli utili appaiono quasi dimezzati. L’anno successivo la musica pare non cambiare. Utili in calo e debiti complessivi per quasi 27 milioni di euro. Scrive sempre Dini nella relazione del 31 dicembre 2018: “In linea con i risultati del settore, la società ha registrato un aumento del fatturato (+2,5% rispetto al periodo precedente). (...) Nonostante la crescita registrata, il risultato netto d’esercizio, pari a Euro 11.308.937, risulta inferiore rispetto al dato dell’esercizio precedente, pari a Euro 15.886.628. Tale flessione è da imputare, tra l’altro, alla rilevazione di una significativa perdita relativa a un credito divenuto inesigibile”. Questo andamento, viene spiegato in Procura, si rileva anche nel 2019 per proseguire identico nel 2020 a causa del Covid-19.
C’È POI IL PIANO FISCALE relativo alla Voluntary disclosure fatta da Fontana nel 2015 per far riemergere i 5,3 milioni da un conto svizzero intestato alla defunta madre e appoggiato a due trust off-shore . Sul denaro scudato, ma mai riportato in Italia, lavora l’agenzia delle entrate, che dopo la segnalazione dell’antiriciclaggio sul tentato bonifico a Dini ha ripreso in mano il fascicolo. L’obiettivo è capire se il denaro sia solo eredità della madre o vi siano transitati anche i soldi del presidente. Ad esempio quelli guadagnati durante la sua attività di avvocato. Nel 2008, quando era sindaco di Varese ha difeso Laura Ferrari, moglie del numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, coinvolta in una truffa alla Regione. Lady Giorgetti, difesa dal futuro governatore, patteggiò davanti al tribunale di Busto Arsizio una pena di due mesi e 10 giorni poi tramutata in sanzione pecuniaria.