Sport (e Malagò): i duri 5S contro il loro Spadafora
Non è più solo una riforma: un po’ pasticciata, per certi versi deludente. Adesso è un caso politico dentro il M5S. Il nuovo testo sullo Sport preparato dal ministro Vincenzo Spadafora viene fermato dal direttivo 5 Stelle, che punta a rinviare l’approvazione in Consiglio dei ministri. Dicono che anche Luigi Di Maio si sia smarcato da un testo che per una parte del M5S ha tradito il suo spirito, indigeribile dopo i sospetti di ingerenze da parte del Coni. Così rischia di saltare la riforma. E con questa il ministro, che in giornata minaccia le dimissioni. “Ma lo ha già detto tante volte”, ringhiano fonti grilline.
LE STESSECHE indicano la miccia della scontro in una mossa di Spadafora, che nel fine settimana avrebbe mandato un nuovo testo al Dipartimento affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi, senza passare per i partiti. Ma già l’ultimo vertice di maggioranza era stato difficile, con il senatore Emanuele Dessì che aveva lasciato il tavolo. Giorni prima in un’altra riunione era sbottato: “Questa non è una mediazione ma una capitolazione”. La situazione è precipitata dopo che un articolo del Fatto ha rivelato una bozza in cui il gabinetto del ministro ha lasciato traccia di tutti i suggerimenti ricevuti da Malagò. Ieri mattina allora arriva il confronto tra i parlamentari che seguono lo sport, Crimi e Bonafede. E si decide per lo stop. Alla base, innanzitutto il ruolo del Comitato olimpico e del suo capo, che la delega approvata dal governo gialloverde voleva ridimensionare e invece adesso è di nuovo centrale. Niente taglio del limite dei mandati (si sono opposti Pd e renziani), Malagò può ricandidarsi; niente incompatibilità con la Fondazione Milano-cortina. Non è un caso che insieme alla lettera del direttivo, al ministro sia arrivato anche un altro documento con richieste del M5S, quasi tutte in chiave anti Coni e pro Sport e Salute, la partecipata governativa che esce ridimensionata dal nuovo dipartimento del governo. Condizioni inaccettabili per Spadafora: una delega approvata con la Lega e scritta col Pd doveva essere oggetto di compromesso, fanno notare i suoi. E chi oggi la blocca rischia di buttare un anno di lavoro. Sullo sfondo poi c’è sempre il comitato internazionale del Cio, che ha già minacciato di sospendere l’italia e sollecita il testo. Grazie alle proroghe Covid si può arrivare a novembre. Ma il ministro vuole chiudere prima dell’estate, e potrebbe legare il suo destino politico alla riforma. La sua uscita provocherebbe subito quel rimpasto che il premier Conte non vuole: almeno non ora, prima delle Regionali. E Spadafora lo sa.