Frode bancaria: Trump indagato per i suoi affari
STATI UNITI L’inchiesta Il procuratore è Cyrus Vance Jr. il pm che arrestò Strauss-kahn
Era il segreto peggio custodito di Manhattan, che il procuratore generale Cyrus R. Vance jr stesse indagando sul presidente Trump e la sua azienda. Ed era scontato che il magnate non si sarebbe arreso neppure al verdetto della Corte Suprema pronunciato un mese fa e avrebbe cercato in ogni modo di continuare a non rendere pubbliche le sue dichiarazioni dei redditi o, almeno, di rinviare l’ora della verità a dopo l’election Day, il 3 novembre. Le due verità sono venute a galla e si sono intrecciate ieri: il procuratore Vance ha inviato alla Corte, cui i legali di Trump hanno presentato l’ennesimo ricorso dilatorio, le motivazioni della richiesta di documentazione fiscale personale e aziendale degli ultimi otto anni.
DALLA NOTA del procuratore, si ricava – scrivono i media Usa che vi hanno avuto accesso – che la magistratura newyorchese sta indagando Trump & C. per frode bancaria e assicurativa. Gli sviluppi giuridici colgono Trump in un momento già difficile su più fronti: è indietro nei sondaggi sul suo rivale Joe Biden, candidato democratico alla Casa Bianca; deve affrontare l'epidemia di coronavirus, che a giorni avrà contagiato cinque milioni di persone negli Stati Uniti e ne ha già uccise ben oltre 150mila; e deve provare a rilanciare l’economia, che vive una crisi peggiore della Grande depressione degli anni Trenta.
Nella sua nota, Vance non precisa quale sia il nucleo della sua indagine, ma scrive che “incontrover tibili” notizie di stampa dello scorso anno indicano che la procura ha una base legale per chiedere quei documenti. Gli articoli in questione ipotizzavano che il magnate abbia illecitamente gonfiato le sue ricchezze e il valore delle sue proprietà agli occhi di banche e assicurazioni. L’alternativa è che Trump abbia mentito al fisco, sottovalutando i suoi beni. O l’una o l’altra, per il presidente sono guai. Fin dalla campagna elettorale 2016, l’allora candidato Donald Trump si rifiutò di rendere pubbliche le sue dichiarazioni fiscali, sostenendo che erano oggetto d’un contenzioso con l’amministrazione: l’avrebbe fatto a contenzioso appianato – il che, a suo dire, non è ancora avvenuto –. I legali di Trump chiedono al tribunale di dichiarare non valida la richiesta della procura, o almeno di ridimensionarne la portata (meno documenti per meno anni). E ciò nonostante la Corte Suprema abbia sostanzialmente avallato il diritto dei magistrati inquirenti di chiedere e ottenere i documenti in oggetto.
Le dichiarazioni fiscali del magnate presidente sono una delle incognite di questa campagna che, giunta a tre mesi esatti dal voto, è ancora potenzialmente ricca di sorprese: Biden deve svelare – questioni di giorni, forse di ore – la scelta della sua vice; Trump può giocare la carta degli stimoli all’economia – il Congresso ne sta discutendo – e può sempre azzardare “distrazioni di massa”, e c'è sempre l’alea della “sorpresa d'ottobre” che cambia le carte in tavola e che quest’anno potrebbe essere il vaccino anti-coronavirus.
Il tempo per una rimonta stringe, perché già fra un mese si aprirà il voto per corrispondenza o anticipato – si comincerà dalla North Carolina, proprio il 4 settembre –. Trump ha già ventilato un rinvio dell’elec
tion Day e vuole citare in giustizia gli Stati che privilegiano il voto per posta – a cominciare dal Nevada –. Potrebbe rispondere alle provocazioni politiche dell ’ opposizione aprendo un’inchiesta su Biden, troppo “morbido” con Cina eucraina. Ma l’iniziativa del procuratore Vance lo costringe sulla difensiva giudiziaria, piuttosto che all’offensiva politica.