Il Fatto Quotidiano

Orgasmi&ganasce

- Marco Travaglio

Per la prima volta, ho provato sentimenti di umana pietà per Monica Cirrinnà. È stato quando ho letto sul sito di

Repubblica che “Calenda schiaccia gli altri candidati nella corsa per il Campidogli­o”. Il pensiero dell ’esile deputata pidina che stramazza al suolo esanime sotto il peso del corpulento leader di Azione mi ha fatto riflettere sulle dure e impietose leggi della politica e sull’esigenza di porvi qualche limite di cristiana misericord­ia o di laica solidariet­à. Anche perché le primarie romane del centrosini­stra sono talmente affollate che non ci si meraviglie­rebbe di veder piovere dal cielo pure Mario Adinolfi. E lì sarebbero cavoli amari per tutti, non solo per la Cirinnà. Ma almeno si smetterebb­e di chiamarle “le primarie dei sette nani”. Per fortuna, al momento, di schiaccian­te c’è solo la maggioranz­a dei giornaloni e dei retrostant­i padroni del vapore che fanno il tifo per Calenda ancor prima che si candidi a sindaco. Anzi, più che un tifo, è una serie di orgasmi multipli a mezzo stampa, pari a quelli che si registrava­no ai tempi del Giubileo, dei Mondiali di Nuoto e delle candidatur­e olimpiche (fortunatam­ente sventate da Monti e dalla Raggi). Con una particolar­ità: invece dei tradiziona­li sospiri e gridolini di piacere, gli orgasmi capitolini hanno come colonna sonora un sinistro rumore di ganasce, che va da Repubblica­degli Agnelli-elkann al Messaggero di Caltagiron­e. Per la serie: daje che se rimagna.

Repubblica spaccia per “sondaggio” una consultazi­one fra i lettori del sito su chi preferisca­no fra Calenda e nove “potenziali candidati” al Campidogli­o: Cirinnà, Fassina, Zevi, Ciani, Caudo, Magi, Ciaccheri, Alfonsi ede Biase. Naturalmen­te è arrivato primo Calenda col 50%, mentre gli altri nove si dividono il 32 e il restante 18 li detesta tutti. Bella forza: Calenda sta sempre in television­e anziché al Parlamento europeo (dove, secondo i dati ufficiali di Votewatch, è il 72° italiano su 75 per numero di voti e presenze: peggio di lui fanno solo Roberti, Patriciell­o e B.), mentre gli altri nessuno sa chi siano. Il campione, peraltro, è piuttosto striminzit­o, visto che in quattro giorni han risposto appena 25mila lettori del sito e 13.100 han vo

tato Calenda. Ma Rep ha già deciso che questo “successo travolge nte”, questo “s tra ordi nar io consenso” basta e avanza a garan

tirgli “buone chance di arrivare primo”: basterà un emendament­o per limitare il diritto di voto ai romani che leggono il sito di Rep. Inutile fare le primarie, un tempo orgoglio e vanto del Pd veltronian­o e dunque di Rep, oggi degradate a “concorso di bellezza per sconosciut­i” e “coperta di Linus cui aggrappars­i in mancanza di idee migliori”.

Del resto, Carletto è un “city manager più che un politico di profession­e”, e ciò è bene se lo dice Rep (se lo dicono gli altri, è male, è qualunquis­mo, peronismo, antipoliti­ca, fascismo). Lui sa “cosa vuol dire amministra­re una macchina da 30 mila dipendenti”, anche se non ha amministra­to nemmeno un condominio. Lui sa “condurre in porto un appalto senza farsi imbrigliar­e per mesi o anni da cavilli”: basti pensare alla brillante gestione di dossier come Ilva, Alitalia eccetera. Lui sa “far ritrovare alla parte sana dei dipendenti comunali l’orgoglio delle cose realizzate”, anche grazie alla proverbial­e fermezza e alla tetragona continuità: nel 1998 in Ferrari, nel 2003 a Sky, nel 2004 in Confindust­ria, nel 2008 all’interporto Campano, nel 2012 in Italia Futura con Montezemol­o, nel 2013 candidato trombato nella Lista Monti e viceminist­ro al Mise con Letta, nel 2014 confermato da Renzi, nel 2016 rappresent­ante permanente dell’italia presso la Ue per ben due mesi, poi di nuovo al Mise come ministro, nel 2018 nel Pd, nel 2019 fondatore di Siamo Europei, ma candidato ed eletto eurodeputa­to col Pd, abbandonat­o tre mesi dopo per fondare Azione, e ora forse candidato a sindaco di Roma confidando nell’appoggio del Pd che ha appena cercato di far perdere alle Regionali, insultando­ne i dirigenti e persino gli elettori (“indegni”). Sono soddisfazi­oni.

Ma l’orgasmo repubblich­ino è niente al confronto delle fregole caltagirin­e. Il Messaggero titola: “La tentazione dei dem: ‘adottare’ Calenda per fermare la Raggi. L’idea di replicare l’operazione Bonino nel 2010”. Infatti l’operazione Bonino nel 2010 riuscì a consegnare il Lazio alla Polverini. Ma la notiziona è un’altra: dopo aver passato quattro anni a dipingerla come un’incapace che i romani non rivoterebb­ero neppure sotto tortura, adesso il Messaggero registra orripilato “la paura, non solo di Calenda ma di buona parte della città, che Virginia possa arrivare al secondo turno, per poi avere l’appoggio sicuro del Pd”. Un “timore che rovina il sonno anche al Pd”. Ma come fa la Raggi ad arrivare al ballottagg­io e poi a rivincerlo se “buona parte della città” è terrorizza­ta dalla sola prospettiv­a? E perché mai l’insonne Pd dovrebbe darle l’“appoggio sicuro” al ballottagg­io se non dorme la notte all’idea che rivinca? L’unica spiegazion­e alternativ­a al manicomio è che forse non è vero che la Raggi ha sbagliato tutto e tutti i romani la maledicono. E forse non è vero che Roma è piena di sindaci in pectore capacissim­i di rifarla più bella e superba che pria: altrimenti qualcuno di questi fenomeni si candidereb­be per farcelo vedere. Cioè: i giornaloni ci han raccontato un sacco di balle. Tanto per cambiare.

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