Il Fatto Quotidiano

Calenda uomo del non-fare: record di assenze in Europa

Tragli eurodeputa­ti è 661° su 701 per presenze

- ▶ SALVINI

■ Il fondatore del partitino Azione viene definito “uomo del fare”, ma al Parlamento europeo brilla per assenteism­o e da ministro dello Sviluppo ha lasciato molte vertenze irrisolte

L’annuncio arriverà a breve, forse già nel fine settimana. E la strategia è chiara: correre a sindaco di Roma presentand­osi come “l’uomo del fare” come l’ha definito pochi giorni fa Il Messaggero, il giornale di Caltagiron­e che, dopo aver fatto la guerra a Virginia Raggi, ormai tifa apertament­e per la sua discesa in campo nella Capitale. Insomma Carlo Calenda si presenterà nella veste dell’imprendito­re di successo (“Ha lavorato in Ferrari” si vantano i suoi) e del politico che si è sporcato le mani nelle istituzion­i. Un mix tra Adriano Olivetti e Charles de Gaulle de’ noantri. Peccato che la realtà sia ben diversa.

DA QUANDOHA

deciso di lasciare la poltrona di dg dell’interporto Campano per abbracciar­e la politica “come servizio”, Calenda ha cambiato più partiti che mutande accumuland­o una serie infinita di poltrone. Coordinato­re della lista di Montezemol­o “Italia Futura”, candidato (non eletto) con Scelta Civica di Mario Monti, poi renziano ma non iscritto al Pd, quindi anti- renziano iscritto al Pd, infine candidato (eletto) con il Pd al Parlamento Europeo prima di uscire dal Pd per fondare il suo partitino “Azione”. Sicurament­e avrà cambiato molte volte idea – “Per 30 anni ho detto cazzate sul liberismo” ha ammesso – ma certo, le poltrone sono state un bello stimolo: sottosegre­tario allo Sviluppo economico del governo Letta, sottosegre­tario del governo Renzi che a sua volta lo nomina ambasciato­re dell’italia in Ue e poi ministro con Renzi e Gentiloni. Dopo le elezioni del 2018, in cui il Pd renziano crolla, Calenda sta un anno senza poltrona prima di essere eletto come capolista del Pd alle Europee del 2019. Eppure, probabilme­nte scordando il suo passato, lui continua ad accusare gli altri di “trasformis­mo”: “Conte è un trasformis­ta privo di valori. Potrebbe governare con chiunque pur di governare” twittava il 6 ottobre. Chissà cosa avrebbe pensato di se stesso quando saltava da una poltrona all’altra.

Un altro mantra del Calenda “uomo del fare” è quello di dileggiare chiunque non la pensi come lui arrogandos­i il diritto di mandare gli altri “a lavorare”. “Vai a lavorare Anna” twittava Calenda contro la viceminist­ra alla Scuola Ascani il 10 giugno scorso, mentre il 20 agosto se la prendeva con il commissari­o Domenico Arcuri che doveva “andare a lavorare, possibilme­nte in silenzio”. Peccato che lui a lavorare ci vada ben poco. Secondo la piattaform­a Vote Watch Europe che analizza il lavoro del Parlamento europeo, Calenda è il quartultim­o europarlam­entare italiano per presenze nei voti chiave con l’86%: è 72esimo su 75 e peggio di lui fanno solo Aldo Patriciell­o, Franco Roberto e Silvio Berlusconi. Consideran­do tutta l’assemblea Calenda è messo ancora peggio: è 661esimo su 701 europarlam­entari. Non proprio uno stakanovis­ta.

E ANCHE quando lavora, i risultati di Calenda sono tutt’altro che positivi. A Bruxelles diversi colleghi hanno storto la bocca per un ipotetico conflitto d’interessi: Calenda è relatore del Rapporto sulla Politica Industrial­e dell’ue ma allo stesso tempo “Azione” è finanziata dai più grandi gruppi industrial­i italiani: gli Arvedi che controllan­o uno dei più importanti poli siderurgic­i ma anche Gianfelice Rocca di Techint, Luca Garavoglia di Campari e Almberto Bombassei di Brembo. Anche quando si è occupato di crisi industrial­i non è andata benissimo: nei due anni in cui è stato ministro, i tavoli al Mise sono aumentati da 148 a 165 a fine 2017 prima di tornare a 144 nel 2018, quando aveva già lasciato il ministero. Sua è l’eredità della crisi di Embraco (data per risolta) mentre dalla sua scrivania sono passate Mercatone Uno (fallita con 1.600 dipendenti cacciati), Alcoa (in vertenza da 11 anni), Alitalia (sull’orlo del fallimento) e l’ilva di Taranto: Calenda ha aperto la strada ad Arcelor Mittal che non ha mai rispettato gli impegni.

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