Il Fatto Quotidiano

A Milano indice Rt superiore a 2 Al Sacco soltanto malati Sars Cov-2

- » Andrea Sparaciari

Una corsa verso l’alto. È quella dei contagi in Lombardia che ieri hanno toccato quota 2.067 – 1.844 mercoledì e già era stato un record –, 72 le persone in terapia intensiva (+8), 726 in altri reparti (+81). Ventisei morti, tamponi analizzati 32.507. La più colpita, la provincia di Milano, con 1.053 casi, 515 in città.

Numeri che hanno fatto scattare l’allarme, non ancora l’emergenza. Ieri il sindaco Sala, dopo l’incontro col Prefetto, ha escluso “interventi radicali”, sottolinea­ndo come eventuali chiusure ci saranno “solo se la situazione dovesse aggravarsi”. Ma ha evidenziat­o come “da due giorni l’indice Rt nella Città metropolit­ana ha superato 2 e preoccupa la tendenza”.

Ogni decisione è rinviata a oggi, quando si terranno sia l’incontro Comune-regione, sia la riunione del Cts. Intanto però iniziano le difficoltà: l’ospedale Sacco ha chiuso il pronto soccorso ai pazienti non Covid. La struttura è

“invas a”, ha dichiarato il cardiologo Maurizio Viecca, “abbiamo pregato il 118 di non portare urgenze qui, anche se ovviamente chi si autopresen­ta viene curato”.

Stessa scelta per il Fatebenefr­atelli. Comprensib­ile quindi l’appello lanciato da

Vittorio Demicheli, ds dell’ats Città metropolit­ana: “Se siamo veloci possiamo ancora fare provvedime­nti più restrittiv­i senza arrivare a bloccare tutto.

Ma ciascuno deve rinunciare a qualcosa”.

Attilio Fontana ha escluso lockdown (“Non siamo a quel punto”), ma mira a inasprire le misure del Dpcm.

A partire dalla scuola, con la differenzi­azione degli orari di inizio delle lezioni, scelta condivisa dal ministro Azzolina. I passi li ha spiegati il

Dg Welfare, Marco Trivelli:

“Orari differenzi­ati per l’ingresso per poter differenzi­are i percorsi e l’affluenza sui mezzi pubblici; anticipare la chiusura di alcuni esercizi pubblici; incentivar­e lo smart working; dove possibile tornare a lavorare a domicilio; limitare per qualche settimana gli spostament­i”. Senza escludere una nuova stretta alla movi

da. Per il dottor Gianluigi Spata, presidente Omceo Como e membro del Cts, “in questi 2/3 giorni qualcosa è cambiato. A Como l’infettivol­ogia è chiusa, le intensive non sono piene, ma le semi-intensive sì”. Per Spata le armi per fermare i contagi sono aumento dei tamponi e test rapidi. “Noi medici di base siamo pronti a farli in ambulatori­o, ma servono spazi e strutture adeguate. Un’organizzaz­ione che ora manca”. A complicare le cose, l’avvio della campagna vaccinale: “Se faccio arrivare un sospetto Covid in ambulatori­o per il test, devo poi sanificare tutto. Ma, insieme, devo anche organizzar­e la vaccinazio­ne di oltre 500 pazienti, seguendo rigidi protocolli. E siamo già in grande ritardo”. E di una cosa Sparta è sicuro: “I lockdown locali non servono. Le decisioni devono essere omogenee, non ha senso chiudere Seregno, se poi lascio aperta Rovellasca!”.

L’OSPEDALE “IL PRONTO SOCCORSO È INVASO, IL 118 VA ALTROVE”

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