Il Fatto Quotidiano

Ingiustizi­a “Io, vittima due volte, per un errore della Cassazione”

- MARIO RICCIARDI

EGREGIO DIRETTORE, scrivo per segnalare un ennesimo caso di malagiusti­zia. La Futura, società di cui facevo parte, svolgeva un servizio di fornitore di informazio­ne su Videotel. La concession­e delle linee era fornita dalla Telecom e la suddetta, per contratto stipulato nel 1991, ci riconoscev­a una tariffa di 170 lire al minuto, detratto il 10 per cento per l’intermedia­zione finanziari­a. Nell’aprile del 1997, la Futura invia un telegramma alla Telecom chiedendo la chiusura delle linee perché con quella tariffa non riusciva a coprire i costi di gestione. La Telecom ci porta a conoscenza che un nuovo sistema, chiamato “Chiosco”, sta per sostituire il vecchio e che sarà possibile inserire la tariffa di 254 lire al minuto detratto il 17 per cento. Così, la Futura annulla la richiesta di chiusura delle linee e, il 25 agosto 1997, aderisce al nuovo sistema “Chiosco” perché con quella nuova tariffa potevamo evitare di chiudere l’azienda. Trascorsi due anni, la Telecom comunica che in realtà la tariffa non è di 254 lire al minuto ma di 177,80 (sempre detratto il 17 per cento), tariffa prevista in un presunto quadro B, mai pervenuto alla Futura, chiedendoc­i addirittur­a la restituzio­ne della differenza dei due anni trascorsi. Al nostro rifiuto la Telecom ci bloccava i pagamenti dovutici, mandando la società in liquidazio­ne. Ne nasce un contenzios­o: il giudice d’appello assegna il giudizio a nostro favore, ma la Telecom ricorre in Cassazione, la quale, con una sentenza alquanto discutibil­e, commette un errore, nell’errata convinzion­e che il 25 agosto 1997 avessimo sottoscrit­to un contratto. Ma in quella data non è stato firmato alcun contratto, solo la variazione delle competenze economiche sul fatturato (dal 10 al 17 per cento).

Ora, la nostra legislazio­ne non prevede, in caso di evidente errore commesso dalla Cassazione, di poter intervenir­e per sanare la sentenza emessa. Nel frattempo, nel 2019, abbiamo inviato al ministro della Giustizia le due sentenze, di Appello e Cassazione. Lo scorso febbraio abbiamo inviato ulteriore raccomanda­ta. La risposta è la seguente: “Con riferiment­o alle doglianze contenute nella sua lettera, sono spiacente di doverle comunicare che questo ministero non può interferir­e con decisioni dell’autorità giudiziari­a, avverso le quali sono esperibili soltanto gli strumenti previsti dalla legge, nei casi e nei modi da essa prescritti”. Per tale motivo ritengo che non si possa subire tale violenza, infatti siamo stati condannati al fallimento con tutte le conseguenz­e psicologic­he ed economiche.

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La Corte Il palazzo della Cassazione

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