• Montanari Sosteniamo Azzolina
Ciò che più colpisce in queste ore in cui l’emergenza pandemica precipita, come era ovvio che facesse, è l’altalena tra gli estremi: poche settimane fa non si è voluto toccare “il diritto di andare in discoteca”, ora si prospetta il coprifuoco con l’esercito nelle strade. Nel mezzo, niente: nessuna traccia di una responsabilità collettiva, di una democrazia solidale. Nulla, tra individualismo sfrenato e autoritarismo altrettanto senza freni. E il capro espiatorio è, ovviamente, la scuola: perché, in questo totale smarrimento di una bussola valoriale condivisa, semplicemente non sappiamo cosa farcene. Negli scorsi mesi, ho espresso giudizi severi sul lavoro della ministra Azzolina, e continuo a pensare che la scuola versi in condizioni di estrema indigenza da ogni punto di vista. Ma in queste ore bisogna dire con forza che Lucia Azzolina ha sacrosanta ragione, e che la sua voce in difesa della possibilità di continuare a fare scuola non deve essere lasciata sola. È un curioso paradosso quello per cui è una esponente dei “barbari populisti” pentastellati a battersi per il diritto all’istruzione, mentre i presidenti di Regione del Pd (da De Luca a Bonaccini) e lo stesso ministro Speranza di LEU decidono di chiuderla, o mostrano di condividere, o almeno di comprendere, questa decisione.
A loro modo, governatori e ministri sono purtroppo coerenti: perché negli scorsi, cruciali, mesi di tregua non hanno fatto nulla di quello che dovevano fare per proteggere la scuola e l’università. Nella mia Toscana in pieno agosto la Regione ha smesso di distribuire gratuitamente le mascherine nelle edicole: segnale eloquente di un funesto rompete le righe. E, quel che è più grave, i trasporti locali (treni e autobus) hanno visto rialzare la loro capienza all’80% dei posti: diventando vivai semoventi della trasmissione del virus. Tanto che, francamente, non si capisce quali benefici porterebbe il coprifuoco notturno, se poi lavoratori e studenti sono costretti l’indomani mattina ad ammassarsi in questi carri bestiame.
Di fronte a chi oggi gli chiede conto del mancato utilizzo dei torpedoni abbandonati dal turismo, Bonaccini risponde che “non sono uguali ai mezzi pubblici delle città. È una soluzione possibile, ma servono risorse per gli enti locali”. Bene, ma la domanda è: perché negli scorsi mesi, quando era già ovvio cosa sarebbe successo, non avete fatto esattamente questo, cioè chiesto e ottenuto risorse per moltiplicare a tamburo battente i mezzi del trasporto pubblico? Così come si dovrebbe chiedere al ministro Speranza perché le scuole non siano state dotate di default di termoscanner automatici. La lista potrebbe prolungarsi, e del resto sono mesi che si chiede solo una cosa: che la politica garantisca alla scuola di funzionare. Se questo non è successo è perché manca, da sempre, una consapevolezza politica della centralità della scuola. Un Paese che chiude le scuole a metà ottobre per aver tenute aperte le discoteche d’agosto, è un Paese che ha perso il senso del futuro. E non si pensi che la soluzione sia tenere aperti solo i gradi inferiori dell’istruzioni (visti esclusivamente come parcheggi sociali), e affidare il resto alla didattica a distanza: un anno scolastico (e un anno accademico) tutto a distanza, è un anno di fatto perduto, che si sommerebbe allo scorso, lasciando una falla incolmabile nel percorso di una generazione. Si dice che, quando chiesero a Churchill di tagliare le spese per la cultura per dare quei soldi alla contraerea, egli rispose: “Ma allora, per che cosa combattiamo?”. Anche se siamo in terribile ritardo, quel che vorrei chiedere al presidente Conte è di ascoltare la sua ministra Azzolina, orientando tutte le decisioni verso un’unica priorità: tenere aperte le scuole e le università fino al limite estremo del possibile. Perché è per questo che resistiamo.
EMERGENZA
LA MINISTRA NON PUÒ ESSERE L’UNICA A DIFENDERE LA SCUOLA “IN PRESENZA”