Il Fatto Quotidiano

• Ranieri Italia Vivacchia

- DANIELA RANIERI

Stiamo pensando di istituire una rubrica fissa su queste pagine, dal titolo I ricatti di

Renzi. Cosa si sarà inventato oggi questo giocatore di poker per destabiliz­zare il governo affermando al contempo la dubbia esistenza in vita della sua creatura politica?

Era febbraio: “Sulla prescrizio­ne o si cambia o ci vediamo in S en at o”, minacciò, come certi ceffi nei saloon dei film western; poi arrivò l’epidemia di Covid e i suoi capricci caddero un po’ in secondo piano, diventando inspiegabi­lmente impopolari tra i ricoverati, gli intubati e la gente che perdeva il lavoro.

Intanto a maggio l’epidemia diventava pandemia e lui ordinava di “riaprire tutto”: “fabbriche, negozi, scuole, librerie, messe”, perché a suo dire così avrebbero voluto i morti di Bergamo e Brescia, ansiosi di riabbracci­are i loro cari. In Senato, dilaniato tra la scelta se appoggiare la mozione del centrodest­ra “Bonafede scarcera troppi boss” o la mozione della Bonino “Bonafede scarcera troppi pochi boss”, rivelò il bluff, la minaccia si sgonfiò, i 17 senatori pronti all’attacco vennero rilegati al cancello; però già che c’era denunciò il “regime degli arresti domiciliar­i”, lo “Stato etico”, il “paternalis­mo populista” di Conte, tutte violazioni della Costituzio­ne che gli è tanto cara.

L’altro ieri questo specialist­a del fiato sul collo ha reso pubblico alla Nazione che la priorità in questo momento è NON consentire ai 18enni di votare al Senato, come prevedeva la riforma inserita nel pacchetto disposto dal Pd in cambio del Sì al taglio dei parlamenta­ri, dunque come da accordo del governo di cui Renzi fa parte, e soprattutt­o come da volontà di Renzi stesso, espressa appena 8 giorni prima. Così i suoi 30 deputati si sono astenuti facendo saltare la riforma, ribadendo che in questa bizzarra congiuntur­a un conto è il peso che si ha in Parlamento, un conto l’irrilevanz­a persino ontologica di una formazione che fatica ad arrivare al 3% presso coloro che quel Parlamento in via teorica rappresent­a.

Sarebbe spassosiss­imo, se non facesse sprecare tutto questo tempo ai lavori parlamenta­ri (e corrente elettrica, stipendi per i commessi, liquido igienizzan­te, etc.) il convulso agitarsi di uno che, se la sua parola valesse qualcosa, si sarebbe dovuto ritirare dalla politica, e che si vende, col favore dei giornali ancora innamorati di lui, come un astuto stratega impregnato dimachiave­lli, le cui citazioni compaiono in esergo ai suoi libri per la presumibil­e ilarità dei posteri.

Inutile tentare di entrare nella testa di Italia viva, nome che le ultime elezioni hanno rivelato essere chiarament­e antifrasti­co; il merito delle questioni su cui questo organismo monocefalo punta i piedi è del tutto irrilevant­e, mentre il metodo è sempre lo stesso: Renzi che all’ultimo minuto si accorge che il voto su qualche misura della maggioranz­a è assolutame­nte dirimente, o assolutame­nte irrilevant­e; Renzi che dice che la priorità è il bicamerali­smo paritario, o la riforma della giustizia, o l’irap; Renzi che ne fa un punto d’onore, anzi una battaglia, a costo di far crollare tutto, cosa che poi al dunque si guarda bene dal fare (come dimostra il voto diligentes­ullanadef ), perché sarà pure vero che se lo litigano l’onu, gli Emirati Arabi e la Nato, ma intanto meglio Italiaviva­cchiare, e tutto sommato questo limbo gli dà adrenalina e una forma tutta particolar­e di potere.

La sera stessa della marachella si presenta al Tg2 Posta parlare dei numeri della pandemia e a ribadire il concetto a lui caro che “comunque in terapia intensiva c’è il 10% dei posti occupati” (ci preoccuper­emo quando saranno il 100%). Interrogat­o sul punto, dice: “Trovo surreale che mentre in alcune Regioni si nega ai 18enni il diritto di andare a scuola, il dibattito sia dare il diritto di voto per il Senato ai 18enni”. Capite che qui siamo nel campo dell’irrazional­e, e sarebbe più onesto rivendicar­e qualcosa (un sottosegre­tariato, un rimpasto, una soglia di sbarrament­o all’1%), invece di prendere in ostaggio un’intera maggioranz­a in un momento simile. Intanto la spacconata ha assunto rilievo politico, e il Pd, nel momento in cui si credeva affrancato dalla sudditanza psicologic­a da questo ludopatico istituzion­ale, finisce per fare il suo gioco, chiedendo “una verifica” a Conte, con l’effetto di confermare quello cui Renzi costanteme­nte allude, e cioè che l’alleanza vale poco, tanto che uno senza un progetto politico può sabotarla un giorno sì e uno no.

Deliziosa la tautologia: “Si deve prendere atto che senza di noi non ci sono i numeri”, ripetono gli emissari renzisti, e questo non ha senso sul piano logico, prima ancora che politico: è come prendere un mutuo e andare in banca ogni giorno a ricattare il direttore: “Lei deve assumere mio figlio/ deve cambiare i vertici della banca/ deve farmi diventare socio, perché senza di me non ci sarebbe chi paga il mutuo”.

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