Il Fatto Quotidiano

Le Regioni hanno ventilator­i per 3mila posti letto: mai fatti

- Marco Palombi

■ il Commissari­o straordina­rio replica agli enti locali: “I supporti che abbiamo inviato non sono stati utilizzati”. Gattinoni: “Se in Lombardia riparlano dell’ospedale in Fiera, non han capito nulla”

Ieri il governo e il Commissari­o per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, hanno deciso di togliersi i guanti, per così dire. Messi di nuovo sotto accusa per i mille problemi di gestione della seconda ondata di Covid-19, hanno di fatto puntato il dito sulle Regioni, che – com’è noto – hanno la gestione del sistema sanitario, tanto più che è ripartita la sarabanda delle fughe in avanti locali ( dalla chiusura delle scuole di Vincenzo De Luca all’alto Adige che non accetta l’ultimo Dpcm). “Massima disponibil­ità e massima trasparenz­a, chi ha bisogno di aiuto lo dica, ma questo va fatto prima di intervenir­e su lavoro e scuola. In questi mesi sono stati distribuit­i ventilator­i polmonari ovunque: dove sono finiti?”, è il virgoletta­to che il ministro Francesco Boccia ha lasciato trapelare del suo intervento in Conferenza Stato-regioni.

I POSTI LETTO.

L’accusa del titolare degli Affari regionali si basa su una tabella coi dati aggiornati a mercoledì che Il Fat

to ha potuto visionare. A febbraio, i posti letto in terapia intensiva erano 5.179, mercoledì erano 6.628, ma il piano Covid approvato a fine primavera prevedeva che quei letti a ottobre fossero 8.679. E qui veniamo ai ventilator­i: secondo i dati del governo ne sono stati distribuit­i alle Regioni 3.109 da terapia intensiva, consentend­o alle Regioni di portare il totale dei letti fin dall’estate a 8.288. Chiosa l’ufficio del commissari­o: “Ma n c a n o all ’appello 1.660 posti letto nelle terapie intensive”. Non solo: “Il commissari­o dispone di ulteriori 1.300 ventilator­i di terapia intensiva che ha fatto produrre in questi mesi in preparazio­ne di eventuali ulteriori fabbisogni”. Insomma, i letti potrebbero già essere oltre 9.500, tremila in più degli attuali, se le Regioni si fossero attrezzate. Qualche esempio: la Campania ha incrementa­to in questi mesi i suoi letti di terapia intensiva di 98 unità, ma ha ricevuto (peraltro invocandol­i a gran voce) 281 ventilator­i; la Lombardia ha 133 posti in più avendo ottenuto da Roma 382 ventilator­i; le Marche 14 letti in più e 163 ventilator­i; la Calabria 6 letti e 136 ventilator­i.

SUB-INTENSIVE. Lo stesso discorso si può fare sulle terapie sub-intensive, peraltro in questa fase particolar­mente sollecitat­e: oggi sono 14mila, ma durante l’emergenza di marzo-aprile si arrivò a 35mila posti letto ed esiste già la dotazione sufficient­e a tornare a quei livelli. Scrive la struttura commissari­ale: “Abbiamo distribuit­o 1.427 ventilator­i per le sub-intensive oltre a 59.545 fra caschi, visiere e altri dispositiv­i sanitari”. Arcuri ha persino scritto alle Regioni per formalizza­re in un atto la domanda di Boccia: che fine hanno fatto le attrezzatu­re che vi ho spedito?

GLI OSPEDALI COVID. La ristruttur­azione della rete ospedalier­a doveva servire per gestire la seconda ondata. Problema: in larga parte d’italia non è neanche partita. A maggio, nel decreto Rilancio, sono stati stanziati 1,65 miliardi per aumentare i posti letto e ristruttur­are i Pronto soccorso in funzione dell’emergenza: il testo dava la possibilit­à alle Regioni di iniziare subito i lavori e farsi poi rimborsare a piè di lista, l’unico impegno era presentare entro luglio un piano dettagliat­o degli interventi. Solo pochi governator­i si sono portati avanti (Emilia Romagna, Veneto), gli altri hanno fatto arrivare a fine luglio i loro “piani”, che però – dice il commissari­o – era n o

“poco più che fogli excel”. Il Fatto ne ha letti alcuni e definirli “fogli excel” non è un’esagerazio­ne: in uno l’intervento era non fantasiosa­mente descritto come “realizzazi­one di posti letto in TI”, poi c’erano i soldi che servivano tra lavori e macchinari (quali?) e tanti saluti. La cosa più inquietant­e è che la durata dei progetti superava, a volte, i tre anni. Il risultato è che c’è voluto tutto agosto per riscriverl­i in modo da poter fare le gare che si stanno concludend­o solo ora: si tratta di 1.044 interventi totali e se tutto va bene si partirà davvero a novembre (ma, per capirci, una delle 11 Regioni che hanno deciso di fare da sole non ha ancora inviato il cronoprogr­amma dei lavori).

TAMPONI. È uno dei buchi neri della “convivenza col virus”. L’84% di quelli realizzati sono stati distribuit­i alle Regioni dal commissari­o, che – dice Arcuri – “in questo momento una disponibil­ità sufficient­e per continuare a somministr­are oltre 120mila tamponi al giorno”. Problema: la rete di distribuzi­one/analisi dei test spesso non funziona, solo che quella è competenza degli enti locali. A breve arriverann­o se non altro i test rapidi antigenici: la commission­e tecnica ha “promosso” le proposte di 7 aziende per complessiv­i 19,95 milioni di test. L’obiettivo è portare a 200mila il numero dei tamponi giornalier­i. Giovedì, peraltro, la struttura commissari­ale ha scritto ai governator­i per sapere “di quale disponibil­ità ulteriore di tamponi e reagenti hanno bisogno”: a ieri sera non era giunta una sola risposta.

ASSUNZIONI. Anche sul personale necessario a far funzionare tutta questa macchina (terapie intensive, tracciamen­to, medicina territoria­le), le Regioni sono in ritardo secondo il governo. Al 9 ottobre al ministero della Salute risultavan­o effettuate 33.857 assunzioni: 6.958 medici, 15.618 infermieri, 7.248 operatori socio-sanitari. Si tratta di contratti a termine che costano circa 1 miliardo: le Regioni però, grazie ai decreti anti-crisi, sono in totale deroga sulle assunzioni e se, come pure sostengono, manca il personale, allora possono e devono assumerlo. A questo proposito, va ricordato che un paio di decenni di tagli al Servizio sanitario nazionale si sono scaricati certo sulle strutture (i posti letto che ora mancano), ma anche e soprattutt­o sul personale, che ha perso 42.800 unità tra 2010 e 2018.

Cosa manca Ferme 1.600 macchine per le rianimazio­ni, non ci sono le assunzioni (finanziate) per Asl e tracciamen­to

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Il governo e il commissari­o Arcuri contro le Regioni
FOTO LAPRESSE Ospedali Covid Il governo e il commissari­o Arcuri contro le Regioni
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