“La rivoluzione non è finita, la Ue deve svegliarsi”
L’intervista Veronika Tsepkalo “In Bielorussia almeno 200 responsabili per la frode elettorale e la repressione delle proteste”
La dissidente bielorussa Veronika Tsepkalo, una delle tre “fidanzate di Minsk ”, scappata in Europa per sfuggire alla repressione del presidente Lukashenko, è sotto pressione per i numerosi incontri con i leader europei. Ma la sua voce ricomincia a squillare quando le chiedi se la rivoluzione bielorussa è finita in untupik, in un “vicolo cieco”.
“Non è finito niente: tutti continuano a rimanere in strada da oltre due mesi, le donne continuano a protestare, c’è stata perfino una manifestazione degli invalidi contro Lukashenko, e anche i pensionati si sono uniti ai cortei”.
Il governo ha dichiarato che da domani polizia e militari potranno fare ricorso alle armi contro i manifestanti.
Quando si ordina di usare lacrimogeni e gas contro i pensionati si dimostra di essere definitivamente un pristupnik, un criminale, e non c’è altra parola per definire Lukashenko in una società civile. Da tempo il presidente doveva essere arrestato: piega il suo popolo per mantenere il potere. Usare le armi contro i cittadini in strada è la scelta di chi è con le spalle al muro, non ha più supporto nella comunità internazionale, ricorre a metodi sempre più radicali. L’europa ha deciso di imporre sanzioni al regime di Minsk, ma è abbastanza?
Le sanzioni hanno un peso, ma come abbiamo spiegato a tutti i rappresentanti dell ’ Unione europea che abbiamo incontrato finora, non sono sufficienti: colpiscono solo 40 persone ma, per esempio, non i colpevoli delle frodi elettorali e delle violenze commesse contro la popolazione. Nelle liste delle misure restrittive dovrebbero trovarsi non 40, ma almeno 200 persone: tutti quelli che hanno preso parte al processo di falsificazione delle elezioni, come i membri della Commissione elettorale centrale, e quelli che hanno partecipato alla distruzione dei diritti civili del popolo bielorusso, come chi ha ordinato violenza e abusi sui manifestanti. Inoltre, in quelle liste mancano i coniugi dei sanzionati.
Intende quei coniugi a cui l’apparato intesta conti e beni, in caso di congelamento per sanzione?
Non vogliamo che nelle liste rientrino anche i figli, se non sono maggiorenni. Ma è importante che l’europa ci aiuti a rintracciare i conti bancari colmi di soldi sottratti al popolo e intestati a prestanome di Lukashenko, prima che lui possa arrivarci. Siamo un Paese con tre confini europei: con Polonia, Lituania e Lettonia. Vorremmo che l’unione facesse davvero capire a Lukashenko che non c’è più posto per lui in Europa, né per le sue organizzazioni. Chiediamo di tagliare i rapporti anche con i suoi rappresentanti commerciali e avvocati, con gli uomini che lo aiutano a rimanere dove è, che nessuno lo finanzi e che si smetta di fargli credito in ogni modo possibile.
Cosa sta facendo la Russia?
L’aiuto dimosca sembra affievolirsi. Non notiamo più un palese supporto dalla Federazione e anche Lukashenko se ne sta accorgendo: ultimamente si è rivolto ai cittadini russi e al loro governo, chiedendo di dimenticare i debiti di Minsk, e ha chiesto di ricordare come i bielorussi hanno aiutato i russi negli anni difficili dopo la fine dell’urss.
Ma anche questi sono tempi difficili. Maria Kolesnikova, Serghey Tikhanovsky, Valery Babaryka: sono alcuni nomi dei più famosi oppositori del presidente che rimangono da mesi in prigione. Lukashenko ha provato a “dialogare” con alcuni di loro, tenendoli però chiusi in cella.
Il presidente ha distrutto qualsiasi ipotesi di dialogo. Ma oggi oppositore non è solo un leader di movimento in carcere: oppositori sono i cittadini, i personaggi sportivi come la giocatrice di basket Elena Levchenko, che ha chiesto a voce alta elezioni eque, ed è stata arrestata per aver partecipato “a un evento di massa non autorizzato” a Minsk. Anche lei è finita in una di quelle celle che noi chiamiamo stakan, bicchiere: buchi di mezzo metro dove non puoi nemmeno sederti.