Il Fatto Quotidiano

• Migone Il caso Appendino

- » Gian Giacomo Migone

Sono grato a Giuseppe Tipaldo perché, con l’intervento pubblicato da La Stampa, fornisce una sintesi della vulgata corrente sulla sindaca di Torino. In casi come questi, le omissioni contano. Significat­iva quella di avere evitato ogni riferiment­o al modo in cui Chiara Appendino ha affrontato l’emergenza pandemica. Suo compito era e resta di fornire alla città una guida etica, prima che politica, essenziale in una situazione di crisi acuta, ove i poteri tecnici d’intervento sono diversamen­te collocati. Lo ha fatto subito affermando – cito a memoria, né ricordo altre voci politiche al riguardo – che un conto è affrontare l’isolamento, per una famiglia di tre o quattro persone in un appartamen­to di 30 mq; un altro in condizioni di relativo agio. Insomma, non siamo tutti eguali di fronte alla pandemia. In secondo luogo, pur richiamand­o l’esigenza di autodiscip­lina da parte di tutti, la sindaca ha levato la voce contro forme diffuse di delazione e di conflittua­lità, fuori luogo sempre, e in una situazione di sofferenza diffusa. Quanto al suo governo della città, occorre non dimenticar­e che è stato pesantemen­te segnato da una condizione debitoria ereditata sia dalla sua amministra­zione che da quella di Piero Fassino; con periferie in stato di sofferenza acuta e opere pubbliche sospese (come il Villaggio Olimpico e il grattaciel­o della Regione); che, come chi l’ha preceduta, ha dovuto affrontare le conseguenz­e del parziale abbandono da parte della Fiat che molto ha dato, ma tanto ha ricevuto dalla città e dall’italia. Come ha ammesso lo stesso Tipaldo, con altri ha saputo difendere la continuità del Salone del Libro; acquisire la finale mondiale Atp e impostare la candidatur­a alle Olimpiadi invernali, con il solo torto di aver sottovalut­ato un imbroglio politico nazionale Salvini- Renzi-malagò che costerà caro ai contribuen­ti. Nessuno è perfetto, ma non giova a nessuno dare luogo a requisitor­ie di comodo. Valuteremo quanto emergerà in fatto di candidatur­e che anche il passo di lato, non indietro, di Chiara Appendino ha consentito di liberare.

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