Agis: “In sala non si è contagiato nessuno spettatore, temiamo però nuove chiusure”
Dopo le riaperture estive, l’intero settore dello spettacolo dal vivo si trova costretto a fare i conti con la seconda ondata. Non esclude più niente: nemmeno l’ipotesi di nuove chiusure, o un giro di vite sugli orari. Benché un eventuale lockdown di ritorno, generale o di categoria, risuonerebbe come un requiem per un’industria così preziosa e che ha già pagato un prezzo altissimo.
“CON LA SITUAZIONE che si sta creando può succedere di tutto, stiamo andando in quella direzione – dice al Fatto Quotidiano Domenico Barbuto, direttore nazionale dell’agis –. Noi confermiamo che i nostri spazi sono sicurissimi: però siamo di fronte a un incremento costante dei contagi, e il governo sembra intenzionato a varare norme ancor più restrittive. Stiamo alla finestra. Sì, temiamo nuovi abbassamenti di sipario e schermi spenti: sarebbe assurdo non paventarli oggi. Ma questi provvedimenti dovrebbero toccarci il più lontano possibile, vista l’efficacia dei nostri protocolli”.
Qualche giorno fa, infatti, l’associazione generale italiana dello spettacolo aveva dimostrato, numeri alla mano, che non c’è pericolo ad assistere a un evento live. Su 347.262 spettatori in 2.782 spettacoli monitorati, con una media di 130 presenze a evento, dal 15 giugno a inizio ottobre si è registrato un solo caso di contagio da Covid-19 accertato dalle Asl. Una percentuale eloquentemente nulla. “I teatri e i cinema sono i luoghi più sicuri e virtuosi: l’accesso è controllato, i posti fissi e quindi il distanziamento non è derogabile, il pubblico indossa sempre la mascherina”, aggiunge Barbuto. E quanto al coprifuoco alle dieci di sera, “si potrebbe mutuare il modello francese, che consente la conclusione di uno spettacolo già iniziato (penso, in particolare, al teatro) dopo le 22”. L’agis nacque alla fine del 1945: la ricostruzione dell’italia dalle sue macerie, belliche in quel frangente, cominciò anche da lì. Dal cibo per l’anima.