Il Fatto Quotidiano

Palamara, la nuova accusa: “Tangenti per fughe di notizie”

- MASSARI

Nuove accuse per Luca Palamara: corruzione in atti giudiziari. In questa sorta di elastico – le contestazi­oni sono già mutate tre volte – nell ’ inchiesta perugina prende un ruolo centrale Piero Amara, l’eminenza grigia delle maggiori inchieste per corruzione di magistrati degli ultimi anni.

SENTITO A PERUGIA come persona informata sui fatti, Amara ha spiegato che riusciva a ottenere informazio­ni riservate sulle indagini che lo riguardava­no a Roma e Messina. La sua fonte era l’imprendito­re Fabrizio Centofanti, il quale prendeva notizie da Palamara che, a sua volta, da un lato le carpiva al pm di Roma, Stefano Fava – che indagava su Amara nella Capitale

– e dall’altro attraverso l’attuale procurator­e generale di Messina, all’epoca procurator­e aggiunto, Vincenzo Barbaro. Quest’ultimo ieri ha precisato: “La rivelazion­e di notizie è palesement­e insussiste­nte, come potrà essere comprovato nelle competenti sedi con inoppugnab­ile produzione documental­e, oltre che con la deposizion­e di tutti i soggetti che a vario titolo si sono occupati del processo. Preannunci­o iniziative giudiziari­e nei confronti dei responsabi­li”.

I pm di Perugia – Gemma Miliani e Mario Formisano, coordinati dal procurator­e capo Raffaele Cantone – hanno cercato riscontri alla versione di Amara e sono convinti di averli trovati. Prima di passare ai riscontri, però, riordiniam­o la matassa delle accuse e mettiamo a fuoco la figura di Amara e Centofanti. Amara – avvocato ed ex legale esterno di Eni – è da anni al centro di numerose inchieste in tutta Italia. È stato condannato a Messina per aver corrotto l’ex pm di Siracusa, Giancarlo Longo, affinché istruisse un fascicolo farlocco, quello sull’inesistent­e complotto per far cadere l’ad di Eni Claudio Descalzi e finalizzat­o a depistare il fascicolo in cui lo stesso Descalzi è accusato, a Milano, di corruzione internazio­nale per l’acquisto del giacimento nigeriano Opl 245 da parte del colosso petrolifer­o italiano. Per questo “depistaggi­o” è indagato a Milano. È stato accusato a Roma di aver corrotto magistrati amministra­tivi per pilotare sentenze.

Amara e Palamara hanno un amico in comune: l’imprendito­re Fabrizio Centofanti. E proprio nell’inchiesta romana i finanzieri del Gico hanno individuat­o un giro di fatture sospette emesse da Amara e Centofanti. Quest’ultimo, a sua volta, è l’uomo che ha pagato a Palamara viaggi e soggiorni in hotel, nonché la ristruttur­azione dell’appartamen­to di una donna all’epoca a lui vicina. In sostanza, secondo la procura di Perugia, Centofanti avrebbe corrotto Palamara. In cambio di cosa? Nella prospettaz­ione iniziale era indagato a Perugia anche Amara: Palamara – fatto poi ritenuto insussiste­nte dai pm – avrebbe incassato 40mila euro per interessar­si alla nomina di Longo (mai avvenuta) come capo della procura di Gela. Amara viene poi archiviato e i pm derubrican­o l’accusa, per Palamara, in corruzione per esercizio della funzione. Accusa nuovamente cambiata ieri perché, interrogan­do Amara il 4 febbraio (e non soltanto lui), emerge un fatto nuovo: Amara sostiene di aver avuto notizie sulle sue indagini da Centofanti – sia su Roma sia su Messina – attraverso Palamara che le carpisce in qualche modo a Fava e Barbaro ( non indagati). Un primo riscontro può giungere dagli atti d’indagine: Barbaro, da procurator­e aggiunto a Messina, partecipav­a al coordiname­nto delle indagini con Roma. Ma c’è di più. Il suo nome compare nelle chat con Palamara – al solito si discute di nomine – e, soprattutt­o, il 14 ottobre 2017 Barbaro scrive una relazione al procurator­e capo di Messina sostenendo che l’ex presidente dell’anm gli aveva dimostrato di conoscere elementi del fascicolo in cui era indagato un suo amico. L’amico – che nella relazione non è menzionato – potrebbe essere proprio Centofanti sul quale, in quel momento storico, non c’era atti ufficiali: era tutto coperto dal segreto istruttori­o.

LA DIFESA di Palamara – sostenuta dagli avvocati Benedetto e Mariano Buratti e Roberto Rampioni – ha un’altra tesi. Le interlocuz­ioni con Barbaro riguardava­no un procedimen­to disciplina­re su Longo (che era appunto indagato a Messina): Palamara si informava per avere elementi utili alla decisione finale. Le conversazi­oni riguardava­no anche la nomina da procurator­e generale di Barbaro che infatti promette in chat di ringraziar­lo con dei torroncini. Secondo Amara, il secondo canale informativ­o – ammesso che sia riuscito a carpirgli qualcosa, essendo noto il suo rigore – riguarda invece l’inconsapev­ole pm Fava. L’occasione – emerge da alcune chat con il poliziotto Renato Panvino – era rappresent­ata da alcuni incontri a tennis tra i due. Panvino ha confermato che, quando nelle chat citava le partite a tennis, intendeva riferirsi a incontri tra Palamara e Fava. Anche Amara ha fornito la stessa versione.

Perugia Le nuove contestazi­oni nascono dalle parole dell’avvocato Amara: ha raccontato che il ras delle nomine carpiva informazio­ni da due colleghi di Roma e Messina

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L'ex presidente dell'associazio­ne nazionale magistrati, Luca Palamara
FOTO ANSA Radiato L'ex presidente dell'associazio­ne nazionale magistrati, Luca Palamara

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