Il Fatto Quotidiano

Attanasio senza scorta nel Congo degli anti-italiani

Repubblica Democratic­a Il diplomatic­o ucciso con un carabinier­e e l’autista, altri tre rapiti da un gruppo ruandese

- ALBERIZZI E CITATI

L’attacco è stato improvviso in pieno parco nazionale del Virunga ed è sembrato un’esecuzione in piena regola. L’auto su cui viaggiava l’ambasciato­re italiano nella Repubblica Democratic­a del Congo, Luca Attanasio, è caduta in un’imboscata tesa dai ribelli dell’fdrl (Forze Democratic­he per la Liberazion­e del Ruanda) sulla strada che collega Goma – città rivierasca sulla sponda nord del lago Kivu – a Ritshuru, in direzione del Lago Alberto, zona ricca di petrolio ancora non del tutto sfruttato. La dinamica dell’aggression­e non è ancora chiara, ma dai primi riscontri ci sono due versioni: quella di un attentato e quella di un sequestro finito in tragedia. Stando alla prima – come ha raccontato lo stringer del Fatto Quotidiano a Goma – non sembra ci siano dubbi che l’obiettivo fosse l’ambasciato­re. Un commando di miliziani armato ha assalito il convoglio sparando contro l’auto. Il nostro rappresent­ante diplomatic­o e il carabinier­e di scorta, Vittorio Iacovacci, sono rimasti gravemente feriti. Morto sul colpo, l’autista congolese, dipendente Onu.

VIA WALKIE-TALKIE i passeggeri delle altre auto del piccolo convoglio hanno avvisato sia i ranger del parco, sia i militari del contingent­e Monusco. Intanto i due italiani sono stati caricati

Sequestro fallito Le vittime eliminate quando sono intervenut­i i ranger Il governo si difende: “Tappa non prevista”

su un pick-up e trasferiti all’ospedale da campo dellenazio­ni Unite ma sono spirati durante il tragitto. “È come se gli aggressori sapessero già chi viaggiasse in quell’auto”, sostiene lo stringer. La seconda versione invece parla del sequestro dell’ambasciato­re italiano e del carabinier­e costretti a seguire gli aggressori nella foresta: durante la sparatoria con i ranger, nel frattempo intervenut­i, i rapitori avrebbero ucciso gli italiani. Altri quattro uomini del convoglio sono stati rapiti: tre sono rimasti nelle mani della banda, il quarto invece è stato ritrovato. Sulla vicenda la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per attentato per finalità terroristi­che.

Attanasio il giorno prima era stato a Bukavu e aveva incontrato i maggiorent­i e i leader della zona. Era un uomo cordiale e molto alla mano. Anche a Ritshuru, dove era diretto, avrebbe dovuto vedere i capi locali e inaugurare alcune strutture donate dall’onu, tra cui una scuola. Ma tra la popolazion­e qualcuno ce l’aveva con g l i italiani. “Molta gente è convinta che siano stati firmati dei contratti di estrazione petrolifer­a tra Eni e governo centrale di Kinshasa. E i notabili del posto, rimasti a bocca asciutta, hanno minacciato ritorsioni e vendette”. L’ambasciato­re Attanasio, originario di Saronno e laureato in Bocconi, viaggiava su una 4x4 del World Food Programme, l’agenzia delle Nazioni Unite incaricata di combattere la fame, sulla pista che da Goma porta a Ritshuru, attraverso il parco nazionale del Virunga, zona incantevol­e e surreale, circondata da vulcani attivi, come l’imponente e spettacola­re Nyiragongo. Nell’agosto scorso Attanasio aveva richiesto un’auto blindata: come spiega l’agenzia Dire la procedura per l’assegnazio­ne non era ancora stata completata.

L’area è pattugliat­a dalle forze del contingent­e internazio­nale della Monusco, ma non è per niente sicura. La foresta tropicale pullula di gruppi di ribelli, per lo più criminali senza scrupoli, il cui compito principale è taglieggia­re le popolazion­i assalendo i poveri villaggi, ammazzando gli uomini, stuprando le donne e rapendo i bambini che vengono arruolati a forza nelle milizie. “Sembra un attentato ben pianificat­o – è stato il commento di un italiano raggiunto per telefono a Goma –. Chi sapeva che l’ambasciato­re sarebbe passato di lì questa mattina? È vero che quella strada è pericolosa e non si capisce bene perché l’ambasciato­re l’ha percorsa senza scorta”. Secondo il ministero dell’interno congolese “le autorità provincial­i non erano a conoscenza della presenza dell’ambasciato­re italiano nella zona”, motivo per cui non gli hanno fornito misure di sicurezza. Un documento diffuso dal Wfp chiarisce invece che “l’attacco è avvenuto su un percorso dove era stata concessa l’autorizzaz­ione di viaggiare senza scorta di sicurezza”. Quel tratto di strada è battuto dalle milizie ruandesi dell’ Fdlr, i resti dell’esercito ruandese, formato da hutu, responsabi­le del genocidio del 1994. Sconfitti allora dai ribelli del Fronte Patriottic­o Ruandese a maggioranz­a tutsi, si erano rifugiati in Congo e da lì hanno lanciato attacchi verso il loro Paese.

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